Con i loro bazooka monetari per uscire dalla crisi, le banche centrali hanno creato un mostro di Frankenstein, una bolla di asset da cui non riescono a uscire e questo i mercati obbligazionari sembrano averlo incominciato a capire. Quanto all’effetto che le droghe monetarie avranno sull’azionario, è facile aspettarsi dalle Borse un’accelerazione verso nuovi record assoluti.
Prima è stato Mario Draghi a riconoscere il parziale fallimento delle proprie politiche ed escludere de facto la possibilità di staccare la spina al suo arsenale monetario già a settembre. Il governatore della Bce ha osservato che il tasso di crescita dell’economia europea potrebbe aver raggiunto il picco. La Bce aspetterà probabilmente fino a luglio per stabilire se e quando mettere fine al programma di Quantitative Easing, a con questi numeri macro potrebbe dover rimandare l’appuntamento.
Nel meeting di giugno, qualunque decisione presa dipenderà da quelle che saranno le stime aggiornate su crescita e inflazione. Il problema è che stando a quanto riportato dalle agenzie stampa, i membri del Board della Bce vogliono prendersi tutto il tempo necessario a disposizione per giudicare se l’economia sarà in grado di uscire dal momento difficile attuale. Nel primo trimestre la crescita ha tirato il freno dopo un secondo e terzo trimestre eccezionalmente solidi nel 2017.
La Bce è terrorizzata all’idea che i mercati finanziari non siano capaci di reggere alla fine del bazooka monetario. Quello che potrebbero fare, come soluzione alternativa, i funzionari di politica monetaria è quindi continuare a lasciare aperta la porta a un prolungamento del QE, potendo posticipare teoricamente anche nel 2019 e oltre i loro piani di sostegno eterodossi.
Un discorso simile può essere fatto per la Banca del Giappone, che come la Bce sembra aver di fatto abbandonato la speranza di poter far rientrare alla normalità le proprie strategie di politica monetaria. Anche nella terza economia al mondo una stretta dovrà aspettare.
Le banche centrali non sanno come fare. Per la terza volta, quindi, la Bce non riuscirà a rispettare la deadline fissata per mettere fine al QE. Nel frattempo la Banca centrale nipponica non ha neanche più la pretesa di imporre una scadenza ai suoi piani di stimolo monetario straordinari. Continuerà a stampare denaro e comprare asset finanziari finché non raggiungerà i target prefissati e rivitalizzato l’inflazione.
Bce potrebbe stampare all’infinito, Borse verso nuovi record
I mercati sembrano averlo capito, come mostrano i rapporti tra inflazione e deflazione nell’obbligazionario. Il tasso tra TIP e TLT ha violato al rialzo un canale di deflazione al cui interno resisteva da quasi 10 anni. Si tratta di uno “smottamento tettonico”, come lo definisce Graham Summers, chief market strategist di Phoenix Capital Research.
“È il segnale del fatto che le banche centrali abbiano rinunciato al tapering e che stamperanno denaro all’infinito. Qualsiasi pretesa di responsabilità fiscale o monetaria è stata abbandonata” in maniera definitiva.
Legg Mason ricorda che la Bce possiede circa il 20% dei Btp emessi, ossia 341 miliardi di bond italiani, con la possibilità di acquistarne ancora di più se le condizioni di mercato dovessero peggiorare. In concreto, Draghi “potrebbe aumentare di 3,5 miliardi i suoi acquisti mensili se fosse necessario, fornendo un cuscinetto per la liquidità”.
Questi fattori, uniti al fatto che stiamo assistendo a uno dei migliori trimestri per i conti fiscali societari nella storia moderna, aiuterà senza dubbio i mercati azionari, che sono destinati secondo l’analista ad “aggiornare i massimi storici”.