MILANO (WSI) – Ciascun prestito inesigibile iscritto nei bilanci delle banche può essere depurato e venduto agli investitori per poter creare i presupposti di una win-win situation.
La banca considera gli NPL come degli attivi non ‘core’. Non è business per i manager degli istituti di credito. Chi si occupa dell’operazione non ha la pressione di dover realizzare un’operazione redditizia. Ma dal punto di vista dell’investitore, l’operazione di acquisto è assolutamente volta a fare reddito in termini di ritorno da investimento.
Perché questo avvenga con successo l’operazione ha bisogno di uno sforzo collettivo. La cessione degli NPL richiede competenze specifiche molto dettagliate per poter impostare la migliore strategia di recupero da mettere in pratica, come hanno spiegato gli esperti del settore a Class CNBC. Ora che il mercato è tornato ad aprirsi, peraltro, la base di investitori interessati è aumentata e con essa le occasioni di guadagno.
Il mercato tende a individuare strutture di recupero in base all’offerta migliore per ogni tipo di asset. Ma integrando in un solo schema tutte le competenze e le possibili operatività si può rendere maggiormente efficiente l’operazione di cessione di NPL, dice Carmine Evangelista di AZ Holding, il cui operato consiste nell’offrire “leve del recupero e leve dell’informazione all’investitore al fine di determinare la migliore strategia in funzione del proprio portafoglio”.
Normalmente il servicer si limita a fornire consigli strategici, ma non si occupa degli aspetti pratici. Non esegue operazioni materiali, come invece nel caso di AZ Holding e Banca IMI.
Banca IMI, ad esempio, si occupa di cartolarizzare gli NPL per poi venderli a investitori specializzati. Il tutto nell’ambito di un piano di sostegno dedicato sopratutto alle piccole banche. Si selezione un portafoglio di sofferenze di piccole dimensioni che sommato a un altro portafoglio del genere permette di aggregare le offerte. La piattforma permette di creare una diversificazione del portafoglio, in modo da concentrare più asset cedenti.
“L’idea è quella di mettere l’esperienza dei gruppi banari, incluso Intesa SanPaolo, al servizio del programma, per poter chiudere operaioni di successo per venditore e investitore”, ha detto Biagio Giacalone, resonsabile credit solutions di Banca IMI specializzato proprio nelle operazioni di cessione dei crediti non-performing.
Giacalone ha spiegato all’emittente di informazione finanziaria che sono 67 le banche che hanno aderito al loro programma di cessione prestiti in sofferenza.
Il totale degli attivi gestiti con questa piattaforma, curata insieme al team di Cassa Centrale Banca, ha raggiunto già un miliardo di euro. Il modello può essere applicato anche alle banche di grandi dimensioni, che peraltro possono dare un contributo agli investitori che volessero comprare crediti inesigibili.
Qual è l’impatto del decreto fallimenti?
I banchieri e il governo sperano che il decreto fallimenti andrà ad avere un impatto positivo sulle compravendite e acquisto di asset immobiliari e crediti in sofferenza. È stata introdotta una norma che prevede vantaggi fiscali per le banche che potrebbero ammortizzare le perdite l’anno stesso della cessione dei non performing loans.
La percentuale di smobilizzi dei crediti inesigibili dovrebbe salire, secondo il governo, dal 5% al 15% del valore dello stock totale di sofferenze. Per avere un’idea della situazione attuale, gli ultimi report hanno evidenziato nel sistema bancario italiano 197 miliardi di euro di NPL e un tasso di copertura del 60% con cessioni per 4 miliardi.