A dieci anni della peggior crisi dopo la Grande Depressione, l’economia globale rischia una nuova crisi nuova a cui non sembra essere preparata. L’avvertimento arriva dal World Economic Forum che, in occasione della presentazione della consueta ricerca annuale sulla competitività, sottolinea il fallimento delle politiche economiche nel favorire la produttività dopo la crisi del 2007-08. Questa situazione di fatto ha compromesso le possibilità di una ripresa sostenuta.
Per le economie industrializzate, i maggiori rischi – evidenziati dal WEF – risiedono nell’impreparazione di fronte “alla prossima ondata di innovazione e automazione“. La sfida della Quarta rivoluzione industriale “sarà definita sempre più dalla capacità innovativa dei Paesi” con un’importanza sempre maggiore della capacità di attrarre talenti, spiega Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Wef.
Uno dei problemi individuati dall’organizzazione elvetica è la capacità di trasformare l’innovazione in aumenti di produttività, fra crescenti investimenti in tecnologia e difficoltà nel diffonderli nell’intera economia. Con molti posti di lavoro a rischio, “sarà vitale” creare condizioni in grado di resistere a shock e sostenere il lavoro nei periodi di transizione”.
Su scala globale, il Wef punta poi il dito anche sul sistema finanziario, dove “nuove fonti di vulnerabilità sono evidenti”, e le banche, “meno solide rispetto a prima della crisi” a fronte della Quarta rivoluzione industriale che richiederà invece maggiori investimenti.
Ma veniamo alla classifica sulla competitività globale pubblicata dal World Economic Forum. Anche quest’anno, tra i 137 Paesi considerati, spicca al primo posto la Svizzera, seguita da Usa e Singapore. Nella top ten, c’è spazio anche per Olanda, Germania, Svezia, Regno Unito e Finlandia.
L’Italia sale di un gradino al 43esimo posto, migliorando grazie al suo punteggio migliore di sempre ma ancora nelle retrovie.
Una posizione su cui avanza dei dubbi il ministero dell’Economia, che critica la base metodologica della classifica: il peso delle opinioni sull’indice – è l’interpretazione che dà Via xx settembre – sarebbe del 60% e tre dei quattro ‘pilastri’ dell’analisi nei quali l’Italia si posiziona peggio si baserebbero prevalentemente su indagini d’opinione.
Secondo l’organizzazione elvetica che coordina ogni anno il Forum di Davos, in Italia migliorano comunque l’efficienza del mercato dei beni (60mo posto) e l’educazione superiore e la formazione (41). Restano i punti forti italiani delle capacità innovative (32), della sofisticatezza delle imprese (25) e delle infrastrutture (27). Al contrario, “nonostante le recenti riforme il mercato del lavoro (punteggio 116) e i mercati finanziari (126) rimangono punti deboli” che il Wef definisce “difficoltà croniche” per l’Italia.