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Hard Brexit, a Londra non conviene chiudere la porta a banche Ue

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Londra non può permettersi di chiudere la porta alle banche Ue nemmeno in caso di Brexit dura, o comunque qualora vedesse venir meno la reciprocità in termini di permessi per le attività bancarie retail.

Non c’è modo per il Regno Unito di perseguire azioni ritorsive [contro l’Ue]: ciò che non può fare è mantenere la sua apertura per gli americani e imporre restrizioni agli europei. L’unica leva che abbiamo è puntare sul fatto che se chiudi l’accesso a noi danneggi anche te stesso”, ha dichiarato a Reuters un avvocato finanziario della Clifford Chance.

“La reciprocità”, per la quale ogni trattamento di apertura o chiusura verrebbe adottato in egual modo da ambo le parti, “renderebbe la City molto nervosa”, ha commentato un senior banker anonimo. “La City è cresciuta come il terreno di gioco di tutti e deve continuare ad essere così”, ha aggiunto un funzionario pubblico del settore finanziario all’agenzia di stampa.

 

L’ambiente finanziario londinese, dunque, sarebbe favorevole a mettere da parte il principio della reciprocità pur di non impedire alle banche Ue continuare il proprio business retail nel Regno Unito post-Brexit. Su questo punto specifico il potere contrattuale di Londra, che potrebbe non ottenere da parte dell’Ue la stessa apertura nei confronti dei suoi istituti, sembra assai risicato. In gioco c’è la centralità finanziaria della City of London.
Il ministero delle finanze britannico, infatti, lo scorso giugno aveva già previsto di addolcire gli esiti di una eventuale Brexit senza accordo sostenendo che l’Ue, da questo punto di vista, non dovrebbe venir trattata come un normale Paese terzo. Si potrebbe optare, come ipotizzato dallo stesso Regno Unito, per un “regime di permesso temporaneo” per le divisioni londinesi, che consentirebbe a quest’ultime di operare come sempre per altri tre anni a partire dal marzo 2019 – mese nel quale la Brexit diverrà esecutiva.