La fuga di capitali da Italia, Spagna, Francia e Grecia si sta intensificando a inizio 2017. E dove stanno confluendo tutti quei capitali in uscita? In Germania, naturalmente. Dall’Italia sono fuoriusciti 8,1 miliardi di euro da dicembre a gennaio. Se poi Draghi dovesse essere costretto a mettere fine al programma di allentamento straordinario in vigore fino a dicembre, la domanda per i bond italiani sarebbe destinata a scendere ulteriormente.
Lo si vede chiaramente analizzando gli ultimi dati pubblicati sulle posizioni tra i vari partecipanti al sistema dei pagamenti Target 2 in area euro. Si tratta del sistema che le banche dell’Eurozona usano per gestire i pagamenti in entrata e uscita effettuati nei confronti di altre banche, degli altri governi e dell’Eurosistema nel suo complesso Dai dati è possibile capire l’entità delle passività che hanno i singoli paesi nei con fronti della Bce e delle altre banche centrali degli altri stati membri.
Per Mario Draghi è un bel dilemma, visto anche che l’inflazione dell’area euro ha appena toccato, a febbraio, il livello desiderato dalle autorità di politica monetaria, quel 2% che rappresenta il sacro graal per la Bce e soprattutto che costituisce la soglia assolutamente da non valicare per i falchi della Germania.
Anche se per Draghi gli squilibri nei sistemi di pagamento interbancari Target 2 dell’Eurozona e nella fattispecie in Germania sono effetti collaterali del piano di acquisto di bond della Bce, rimane il fatto che questo divario tra area periferica e area virtuosa ha raggiunto livelli che non si vedevano dalla crisi del 2012, per lo meno guardando ai dati della Germania (vedi grafico sotto). In Italia le passività hanno raggiunto i -356,6 miliardi di euro a fine 2016: in pratica Bankitalia deve una somma pari a più del 20% del Pil all’Eurosistema. E quella cifra è destinata a salire.
Di fatto gli investitori privati vendono i titoli di Stato italiani portoghesi, spagnoli e greci alla Bce per ottenere un guadagno e poi girano i profitti così ottenuti nei fondi comuni di Germania e Lussemburgo. Secondo quanto riferito al Telegraph da un ex membro del board della Bce questa è “la dimostrazione che l’unione monetaria si sta lentamente disgregando” sotto gli occhi di un impotente Mario Draghi, che le sta provando tutte per scongiurare un fallimento del progetto della moneta unica.
Fuga di capitali arginata da Target 2
Le cose sui mercati del debito sovrano, tradizionalmente considerati il barometro delle tensioni sui mercati, sono indubbiamente migliorate da quando a luglio del 2012 il presidente della Bce ha dichiarato che avrebbe fatto tutto il possibile, pur nel rispetto del suo mandato, per salvare l’euro. “E credetemi, sarà sufficiente”, proclamò. A fine 2011 i tassi di interesse dei BTP italiani erano saliti su livelli insostenibili che non avrebbero permesso alla terza economia dell’area di finanziarsi sui mercati. Qualche mese dopo la Grecia ha rischiato seriamente di uscire dall’euro. Ma sono i Target 2 ad aver impedito un collasso dell’eurosistema e ad aver sopperito alla fuoriuscita di capitali dal Club Med dell’area.
Come osservano gli analisti della Banca dei Regolamenti Internazionali, la banca delle banche centrali, nell’ultimo report trimestrale “nel periodo che ha portato alla crisi di metà 2012, gli squilibri del sistema Target si sono ampliati in maniera consistente a causa di una fuga di capitali interna in Eurozona, da alcuni paesi ad altri. Allora, le pressioni sul mercato del credito sovrano si sono intensificate, e gli Spread si sono allargati in alcune aree. I capitali privati sono usciti da Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna e Grecia (i cosiddetti Piigs) per parcheggiarsi in posti più sicuri come Germania, Lussemburgo e Olanda”.
Di fatto, l’ampliamento degli squilibri del sistema Target 2, legato alle paure di un rischio di default di alcuni Stati dell’Eurozona, dimostra che se non fosse stato per i finanziamenti arrivati grazie a questa piattaforma ai paesi che stavano subendo una fuga di capitali, l’area euro sarebbe implosa all’apice della crisi del debito sovrano.