Il generale statunitense John F. Campbell è stato indicato fra gli artefici occulti del tentato colpo di stato in Turchia dal giornale Yeni Safak, considerato vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan. La testata turca, citando fonti militari anonime, ritiene che la Cia abbia finanziato il golpe attraverso una banca con sede in Nigeria. In un contesto altamente incerto su quella che è stata la genesi di un putch poi sfruttato da Erdogan per l’avanzata della svolta semi-autoritaria da tempo nelle sue mire, è difficile interpretare questa accusa diretta agli Stati Uniti; anche in seguito al riavvicinamento di Ankara a Mosca. Agli americani viene rimproverato, inoltre, l’asilo politico offerto all’imam e magnate Fethullah Gulen, accusato di essere la mente del fallito colpo di mano e del quale il governo ha richiesto l’estradizione. E’ notizia delle ultime ore che ben 42 giornalisti, sospettati di aver sostenuto proprio la rete di Gulen, sono finiti in manette, alimentando nuovamente i sospetti che quella dell’anziano predicatore autoesiliato negli Usa, possa essere solo il pretesto per rimuovere penne scomode. Ad esempio, quella di Nazli Ilicak, veterana della Cnn Turk. Vicina a Gulen sarebbe stata anche la Bank Asya, che si è vista revocare la licenza dall’organismo turco per la supervisione degli istituti bancari (Bddk).
Il bilancio degli arresti successivi al tentato golpe è salito a 13.165: secondo quanto comunicato dallo stesso Erdogan fra questi 8.838 sono militari (di cui 123 generali e ammiragli), 2.101 magistrati, 1.485 poliziotti, 52 autorità amministrative e 689 civili.