FRANCOFORTE (WSI) – Nessun passo indietro sulle riforme: questo l’appello lanciato dalla Bce nel suo bollettino economico che anzi rincara la dose e chiede all’Italia maggiori interventi specie sulle pensioni, aumentando ancora di più l’età pensionabile.
La Bce di Draghi ricorda che in Italia la crescita della percentuale di over 65 rispetto alla popolazione lavorativa è fra le più alte in Europa insieme a Germania, Grecia, Portogallo e Finlandia e nel 2070 sarà a oltre il 60%. Tutti questi paesi hanno adottato riforme pensionistiche a seguito della crisi del debito sovrano – dice la Bce – ma la rapidità di attuazione di tali riforme sia è recentemente diminuita.
“Le dinamiche demografiche avranno implicazioni macroeconomiche e fiscali fondamentali per l’area dell’euro. In particolare, l’invecchiamento comporterà un calo dell’offerta di lavoro e avrà probabilmente effetti negativi sulla produttività. Ci saranno anche ulteriori pressioni al rialzo sulla spesa pubblica per pensioni, assistenza sanitaria e cure a lungo termine. Ciò renderà problematico per i paesi dell’area ridurre il consistente onere del loro debito e assicurare la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo (…) molti paesi hanno adottato riforme pensionistiche a seguito della crisi del debito sovrano, benché la rapidità di attuazione di tali riforme sia recentemente diminuita”.
Dopo la riforma Fornero del 2011, il governo italiano ha cercato di mettere una pezza ai guai creati – vedi esodati fra tutti – con vari strumenti come l’Ape social, volontaria e Rita ma ora a Bruxelles si teme che il nuovo esecutivo italiano allenti ulteriormente i requisiti per la pensione.
“L’aumento dell’età di pensionamento può ridimensionare gli effetti macroeconomici negativi dell’invecchiamento. Abbassare l’importo delle pensioni, invece, può «ontrastare in misura molto limitata tali effetti macroeconomici. Al contrario, la riduzione del tasso di sostituzione tenderà a contrastare in misura molto limitata tali effetti macroeconomici, mentre l’aumento delle aliquote contributive tenderà di fatto ad esacerbarli”.
Così scrivono gli economisti della Bce che in parole povere significa no a interventi che puntino su una maggiore flessibilità in uscita in cambio di un calcolo meno favorevole dell’assegno previdenziale, sì invece ad aumenti dell’età del ritiro.