Quando i rendimenti obbligazionari Usa hanno fatto un netto salto in avanti in aprile, la spiegazione che in molti esperti e commentatori si sono dati era una: Vladimir Putin stava liquidando una grossa fetta dei titoli di Stato americani in portafoglio.
Difatti, quel mese la quota in possesso della Russia è scesa di 47,4 miliardi di dollari, in area $48,7 miliardi totali, il livello più basso dal 2008. In marzo la cifra delle riserve di Bond statunitensi era di $96 miliardi.
Mentre Donald Trump è impegnato a negoziare, Putin passa all’azione. Il presidente americano continua a fare il doppio gioco con la Russia, minacciando ulteriori sanzioni da una parte mentre cerca di ricucire i rapporti con il Cremlino dall’altra, incontrando anche di persona Putin.
Cosa fa la Russia nel frattempo? Non smette di liberarsi di Treasuries. Sembra insomma che quando il presidente russo ha avvertito che avrebbe diversificato le riserve statali del paese, diceva sul serio.
A maggio Putin ha deciso di liquidare ancora le sue posizioni, con il valore in mano al Cremlino che è crollato di altri 40 miliardi (82%) attestandosi a 9 miliardi da 48,7 miliardi di dollari. All’inizio dell’anno la cifra toccava i 100 miliardi.
Una liquidazione massiccia del genere da parte di Putin non può che avere delle ragioni politiche e ha l’effetto di mettere ulteriori pressioni sul suo “avversario” alla Casa Bianca.