Dopo l’allarme di Claudio Borghi che ha lanciato un appello alla Bce per uno scudo anti spread, è il turno di un altro esponente di governo, Paolo Savona. Il ministro degli Affari Europei ha detto che se Mario Draghi non intraprenderà le misure necessarie per impedire che l’Italia finisca sotto l’attacco degli investitori e degli speculatori internazionali, il governo potrebbe fare ricorso agli aiuti esterni della Russia.
Senza la Bce è possibile l’aiuto russo, ha fatto capire il professore, ex banchiere ed economista euro scettico. Su La Stampa si legge infatti che il ministro delle Politiche Ue è fra quanti immaginano “un’alternativa esterna”, magari sotto forma di una garanzia russa, ipotesi che “stiamo esaminando”.
“Savona ha suggerito che in caso di tempesta dovrebbe essere la Bce ad aprire il portafoglio, acquistando titoli italiani. Lo ha detto a Draghi, nel faccia a faccia a Francoforte, cercando di convincerlo che l’eventualità costituirebbe un attentato alla stabilità monetaria dell’Eurozona e giustificherebbe la mossa. Sennò? Il ministro delle Politiche Ue è fra quanti immaginano «un’alternativa esterna», magari sotto forma di una garanzia russa, ipotesi che «stiamo esaminando». Se fossimo attaccati, se ne deduce, potrebbe essere un fondo sovrano di Mosca a tutelarci”.
Nell’articolo che porta la firma di Marco Zatterin si legge che un ricorso ai finanziamenti del fondo sovrano russo creerebbe “seri problemi di politica estera”. In effetti, se l’Italia, tra i paesi fondatori dell’Europa unita, dovesse chiedere aiuti a Vladimir Putin, presidente il cui obiettivo dichiarato è quello di provocare spaccature in seno all’UE, sicuramente la terza economia dell’area euro problemi diplomatici.
Spread: il ruolo della Bce e quello della Russia
L’avvicinamento alla Russia ricorda quello di Cipro e della Grecia all’apice della crisi del debito sovrano. Putin, da parte sua, non ha mai nascosto le sue simpatie per i partiti euro scettici, sebbene abbia sempre smentito di aver aiutato Lega o MoVimento 5 Stelle in campagna elettorale.
La tesi del governo, osserva La Stampa,” è che la nostra economia non sia in disequilibrio strutturale, anche se i numeri dicono il contrario. Pertanto si argomenta che l’offensiva dei mercati creerebbe uno sbilanciamento di liquidità che potrebbe essere serenamente rintuzzato dalla Bce. Oppure, alla peggio, dai russi. O dalla «fantasia al potere». Solo Tria e (il più delle volte) Conte pensano che sarebbe meglio seguire le regole e risanare tenendo la barra dei conti diritta. Ma è una linea, per ora, che fatica a trovare una maggioranza in un governo fatalmente attratto più da Mosca che da Bruxelles“.
In queste ore, complice la decisione di Moody’s di rinviare il giudizio sulla qualità creditizia dell’Italia, l’allarme Spread sta in realtà parzialmente rientrando, con il differenziale di rendimento che si allontana dai 300 punti base e con il tasso decennale che scivola sotto il 3%. La paura di un’impennata dello Spread, e quindi degli interessi da sborsare per rifinanziare il debito, rimane presente.
In caso in cui l’Italia finisca nei guai, Savona dice che una delle possibilità è quella di “trovare un meccanismo per cui anche il debito non sia esposto ad attacchi speculativi”. Come? “Lo spread non scende perché gli operatori attendono di conoscere come il governo intenda realizzare i provvedimenti promessi all’elettorato. La loro preoccupazione è che la spesa causi un aumento del disavanzo e del rapporto fra debito e pil: il governo deve tenerne conto”.