Brancher: il peggior ministro d’Europa. Inquisito (oggi) e gia’ condannato, il Quirinale autorizza
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato su proposta del Presidente del Consiglio Berlusconi il decreto di nomina di Aldo Brancher a ministro senza portafoglio. Il neo ministro, che sarà titolare dell’Attuazione del Federalismo, ha già giurato al Quirinale.
Quella di Brancher e’ una delle peggiori nomine governative di sempre a livello europeo ed avvicina l’Italia al Terzo Mondo in balia di establishment corrotti e senza scrupoli. Prima di avere ulteriori precisazioni dal Quirinale – a cui Wall Street Italia chiede delucidazioni sul rispetto delle formalita’ – al momento risulta scandaloso che Giorgio Napolitano sia stato cosi’ mal consigliato dallo staff del Colle: il presidente della Repubblica avrebbe dovuto fare “fuoco e fiamme” respingendo la nomina di un ministro inquisito dai pm per “ricettazione e appropriazione indebita”.
Brancher, ex prete ed ex dirigente Fininvest (vedi sotto) e’ coinvolto in losche vicende di corruzione, con la complicita’ di Giampiero Fiorani e dell’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. E’ un uomo chiave di Berlusconi ed essendo un personaggio cosi’ squalificato cio’ e’ emblematico del poco capitale politico ancora a disposizione del governo.
Nominare Aldo Brancher ministro, pur senza portafoglio, ma titolare di un ministero INUTILE come l'”Attuazione del Federalismo” (quando c’e’ gia’ Umberto Bossi, super-inutile ministro del Federalismo e l’ex DC Gianfranco Rotondi, inutilissimo ministro per la “L’attuazione del Programma di Governo”) significa per il premier due cose: o che subisce supinamente candidature “squalificate” imposte da un partner della maggioranza come la Lega scalpitante per l’attuazione dell’unico disegno e strategia a cui Bossi ha messo la faccia (il Federalismo appunto); oppure che il presidente del consiglio si circonda sempre piu’ dei fedelissimi “yes men”, individui con la peggior “fedina” politica disponibili oggi sul mercato (perche’ di “mercato” e non di politica si tratta). Mandando cosi’ un chiaro messaggio ad elettori, soci e partner sull’assalto finale alla diligenza della cosa pubblica. Brancher (leggere sotto) e’ attualmente inquisito dalla magistratura per “ricettazione e appropriazione indebita” ed ha una fedina/curriculum di quelli che in America, Francia, UK e in ciascuno dei nostri partner del G8, farebbe venire i brividi. Qua da noi, no problem, nessuno fiata. E il Quirinale avalla i peggiori obbrobri mai visti in una democrazia europea.
«C’è da rimanere sconcertati davanti alla nomina di un nuovo ministro per il Federalismo – afferma, in una nota, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa – quando già esistono tre dicasteri come quelli di Calderoli, Bossi e Fitto. Se di fronte ai drammatici problemi degli italiani, la risposta del governo è un ministero in più per Brancher, c’è da mettersi le mani nei capelli…».
Il Partito democratico, invece, punta il dito contro i problemi giudiziari del neo-ministro (il prossimo 26 giugno è fissata la ripresa del processo a suo carico: Brancher deve rispondere dell’accusa di appropriazione indebita in relazione a soldi incassati da Giampiero Fiorani nell’ambito di uno stralcio dell’indagine sulla scalata di Bpl alla Banca Antonveneta).
«La sua nomina – dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti – aumenta il numero degli uomini di governo che possono avvalersi della norma privilegio sul legittimo impedimento che consente di sottrarsi ‘agevolmente’ dalle convocazioni in sede giudiziaria».
«Se è vero che vogliono promuovere a ministro un tale Aldo Brancher, che io ricordo molto bene essere persona coinvolta in tangentopoli per fatti molto gravi – aveva invece dichiarato in precedenza il leader Idv, Antonio Di Pietro – a me pare che il messaggio che si manda ai cittadini sia uno solo: il delitto paga e che conviene fare il delinquente perchè magari si diventa anche ministro».
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RICICLAGGIO: BRANCHER (PDL) DIETRO A MOKBEL?
di Dario Ferri, pubblicato il 7 marzo 2010 su Giornalettismo
In un’intercettazione il faccendiere neo-fascista fa il nome del parlamentare vicino a Berlusconi e Tremonti come “dominus” del movimento politico da lui guidato.
(WSI) – “Noi siamo un partito, il Partito federalista italiano… (Questa) è una richiesta fatta da Brancher e Brancher è il braccio destro di Berlusconi e Tremonti, praticamente l’uomo operativo che screma qualsiasi iniziativa e poi la porta avanti”: È il 18 marzo 2008, un mese prima delle elezioni politiche del 13 e del 14 aprile 2008, quando Gennaro Mokbel parla al telefono dei suoi intenti politici e degli appoggi sui quali conta. E fa il nome di Aldo Brancher, poco conosciuto dal pubblico ma fondamentale canale di comunicazione di Silvio Berlusconi e “pontiere” storico tra Forza Italia e Lega Nord prima e dopo la nascita del Popolo delle Libertà, tanto da essere anche nominato sottosegretario nella legislatura 2001-2006.
CHI E’ BRANCHER – Ex prete, e soprattutto primo responsabile della pubblicità in Famiglia Cristiana, che sotto la direzione di Don Emilio Mammana ha aperto per la prima volta il giornale delle parrocchie alla vendita degli spazi, è dirigente del gruppo Fininvest dal 1982 al 1999, anno in cui decide di entrare a far parte di Forza Italia; l’elezione in parlamento arriva nel 2001, e per lui c’è anche un incarico istituzionale: diventa sottosegretario al ministero per le riforme e la devoluzione, ricoprendo anche formalmente il ruolo di cinghia di trasmissione tra il partito di Berlusconi e quello di Bossi, e arrivando anche a polemizzare duramente con il governatore del Veneto Giancarlo Galan in più occasioni.
Anche lui, come molti, ha conosciuto il carcere: è rimasto per tre mesi a San Vittore durante Tangentopoli, e nell’occasione, ha raccontato Berlusconi, lui e Confalonieri pattugliavano il carcere per mettersi in comunicazione con lui. Brancher viene condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti: in Cassazione arriva la prescrizione per il secondo reato, mentre il primo viene depenalizzato dal governo Berlusconi, del quale faceva parte all’epoca. Rieletto nelle legislature successive, viene indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani all’Antonveneta: la Procura trova un conto alla Banca Popolare di Lodi intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro in due anni.
FIORANI E GALAN – Disse Fiorani all’epoca: “Per Aldo Brancher, allora sottosegretario alle Riforme istituzionali e “pontiere” storico tra Forza Italia (il suo partito) e la Lega, avevo quantificato «una somma nel 2003 sul conto della moglie»; «100mila euro nel 2004 che ho consegnato in ufficio a Lodi per ringraziarlo per l’ attività in Parlamento per aiutare Fazio»; e «100mila euro nel 2005», curiosamente proprio gli stessi restituiti a Fiorani da Giorgetti.
Più un incrocio complicato con Calderoli, allora ministro delle Riforme istituzionali: «200mila euro a Lodi quando ho consegnato la busta a Brancher che la doveva dividere con Calderoli”. Sempre secondo Fiorani, infatti, “Brancher mi disse che doveva dividere con Calderoli perché il ministro aveva bisogno di soldi per la sua attività politica”. Da segnalare anche la polemica che l’ha visto coinvolto qualche tempo fa insieme all’ormai ex governatore del Veneto Giancarlo Galan: “Purtroppo alleviamo avvoltoi nel cortile di casa, dalle parti di Bardolino. Ma abbiamo già dimostrato di avere ottima mira con la doppietta”, disse Galan su di lui, reo di aver rilasciato al Corriere del Veneto un’intervista critica sul Pdl locale. Accuse accolte con sconcerto da Brancher: «È vergognoso che si debba assistere a questo livello di insulti».
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Da Fiorani soldi ai politici: Brancher e compagna a giudizio, archiviazione per Calderoli
da La Repubblica — 03 ottobre 2009
(WSI) – Le casse della Banca popolare di Lodi, sotto la gestione di Gianpiero Fiorani, erano a disposizione degli amici potenti di turno. Duecento mila euro in nero, per fare solo un esempio, sono stati utilizzati per finanziare la campagna elettorale del 2005 dell’ aspirante senatore, all’ epoca ancora di Forza Italia, Aldo Brancher. E sarebbero stati ugualmente ampi e perfino ingiustificabili i fidi assegnati senza garanzie alla compagna del politico.
Queste le prove che hanno spinto il pm di Milano Eugenio Fusco, a disporre la «citazione diretta a giudizio» nei confronti dell’ attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Aldo Brancher (PdL) e della compagna Luana Maniezzo. Le accuse parlano di ricettazione e appropriazione indebita. Nel filone è finito anche il ministro leghista per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Per lui, l’ ipotesi era solo di ricettazione.
A tirare in mezzo i due esponenti dell’ attuale maggioranza, erano state proprio le dichiarazioni rese dall’ ex numero uno della Bpi, Fiorani, poco dopo il suo arresto del dicembre 2005. «Giampi» ha raccontato di aver chiesto l’ intervento della Lega già nel 2000 per il sostegno al candidato sindaco di Lodi. Per ottenerlo, serviva un fido da 150 milioni di lire. Il tramite tra il banchiere e l’ attuale ministro, sempre Brancher, che pochi giorni dopo avrebbe comunicato a Fiorani che anziché il fido, «Calderoli preferiva contanti».
Ed ecco che Fiorani incarica un suo funzionario, Silvano Spinelli, con tanto di autista Bpi, che «verso marzo, aprile 2000», ha spiegato questa volta Spinelli, lontano da occhi indiscreti incontra «Brancher, che mi attendeva all’ autogrill di San Donato Milanese. In quell’ occasione consegnai la busta al Brancher il quale senza scendere dalla sua autovettura la prese salutandomi». La scena si sarebbe ripetuta nel marzo 2005. Questa volta è Fiorani a ricordare a verbale che «Brancher nel corso di un incontro a Roma, mi fece presente che lui e Calderoli avevano bisogno della somma di 200 mila euro per la campagna elettorale».
Denaro puntualmente consegnato, «durante un convegno a Lodi» nelle mani dell’ attuale sottosegretario. Se poi, metà di quella somma sia effettivamente arrivata nelle mani di Calderoli, non c’ è conferma. Ascoltato a verbale a fine maggio, il ministro leghista ha respinto ogni accusa, circostanziando quell’ incontro avvenuto a Lodi, ormai 4 anni fa. Una tesi, quest’ ultima, che ha spinto il pm Fusco a chiedere al gip l’ archiviazione del ministro. Brancher, dopo la chiusura delle indagini a suo carico, non si è invece sottoposto all’ interrogatorio. Appena il Tribunale fisserà l’ inizio del processo, insieme alla compagna, avrà modo di fornire la sua versione in aula. (Emilio Randacio).
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Fiorani: «Versai 100 mila euro a Dell Utri»
da Messaggero Veneto — 25 febbraio 2010
(WSI) – Gianpiero Fiorani conferma di aver versato 100 mila euro al senatore Grillo (Pdl) perchè li consegnasse a Marcello Dell’Utri. L’ex amministratore delegato di Bpi – interrogato a Milano nel corso del processo per il tentativo di scalata ad Antonveneta da parte dell’ex Banca popolare italiana – ha ribadito di aver versato a Grillo «in più tranche, 100-200 mila euro quando faceva la campagna elettorale». Una parte di quei soldi fu consegnata a Dell’Utri che lo ringraziò.
Altro beneficiato dalle “donazioni” di Fiorani è stato un altro deputato del Pdl, Aldo Brancher: «Mi chiese un contributo perchè aveva perso un investimento in un’azienda». Fiorani diede «100mila euro a lui e altri 100 mila che, mi disse, che doveva dare a Calderoli».
A proposito della Lega, Fiorani rievoca il salvataggio della banca “padana” Crediteuronord, operato dall’ex governatore di bankitalia, Antonio Fazio. Al termine di un colloquio avvenuto nella sede di Palazzo Koch, ricorda che Fazio gli disse: «Adesso questi signori della Lega Nord devono ricordarsi di quello che abbiamo fatto per loro, li abbiamo salvati». Fazio era sosteggiato da alcuni settori della politica che, ad esempio, volevano introdurre il mandato a termine per il governatore. «Tra i nemici di Fazio – ricorda Fiorani – c’erano Tremonti e i parlamentari La Malfa e Tabacci e anche la Lega Nord, acerrima nemica del governatore».
Per salvare la Crediteuronord dal fallimento ebbe dei contatti con l’allora sottosegretario leghista Brambilla. Quindi parlò del salvataggio a Fazio e all’esponente della lega Giorgetti. L’ex ad della Bpi aveva ricordato le cene a casa di Fazio. «Ricordo che c’era molto allarme per i telefoni intercettati, e ricordo che la moglie del governatore Fazio, la signora Cristina, una sera a cena mi rivelò che il suo telefono era sotto controllo, una circostanza che, a suo dire, le era stata riferita dall’onorevole Paolo Cirino Pomicino che diceva essere in contatto con i servizi segreti a Roma».
Spazio anche per la famosa cena dello “Sciacchetrà” (dal nome del vino ligure portato dal senatore Luigi Grillo) durante la quale Silvio Berlusconi avrebbe garantito il suo appoggio all’allora governatore della Banca d’Italia. Dopo quel momento conviviale nel gennaio 2005 venne votato in commissione un emendamento sul mandato a termine del governatore della Banca d’Italia. «L’allarme fu colto in pieno dallo staff del governatore – ha detto Fiorani –, così venne organizzata una cena la sera stessa, il 20 gennaio 2005, a casa di Fazio con Grillo nella quale mi fu chiesto di sondare l’umore di una cinquantina di parlamentari e l’orientamento che avrebbero avuto nel caso l’emendamento fosse arrivato in parlamento» Fiorani, dopo aver risposto alle domande del pm Eugenio Fusco, ricorda che ha tentato per due volte di farla finita.
«Non so dire se per fortuna o per sfortuna, questo poi lo vedremo. Sì, è vero, ho cercato di uccidermi per due volte, e adesso posso dire che mi è andata bene». La prima volta, nell’ottobre 2005, si sparò con il fucile a pallini ma l’arma scivolò. La seconda volta nel carcere di San Vittore fu salvato da una guardia.
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La testimonianza dell’ex ad di Bpi Giampiero Fiorani: diedi al senatore Grillo 100mila euro per Dell’Utri e 100mila a Brancher.
(WSI) – MILANO (24 febbraio) – «Adesso questi signori della Lega Nord devono ricordarsi di quello che abbiamo fatto per loro, li abbiamo salvati». Con queste parole, secondo Gianpiero Fiorani l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, commentò il salvataggio della banca Crediteuronord, congedando l’ex ad della Banca Popolare di Lodi al termine di un colloquio avvenuto nella sede di palazzo Koch.
Le vicende dell’istituto di credito che aveva nel consiglio di amministrazione alcuni esponenti della Lega, sono state ricordate da Fiorani, ex ad di Bpi, durante la testimonianza davanti alla seconda sezione del tribunale penale di Milano dove si celebra il processo per il tentativo di scalata ad Antonveneta da parte dell’ex Banca Popolare Italiana, che vede imputati, tra gli altri, oltre a Fiorani, l’ex numero uno della Banca d’Italia.
Fiorani, interrogato dal pm Eugenio Fusco, ha ripercorso in particolare le vicende legate al ddl sul risparmio che prevedeva l’esame di alcuni emendamenti, approvati in commissione e che sarebbero poi passati all’esame del Parlamento, ostili allo stesso Fazio e in particolare prevedevano l’introduzione del mandato a termine per il governatore della Banca d’Italia.
«Tra i nemici di Fazio – ha ricordato Fiorani – c’erano Tremonti e i parlamentari La Malfa e Tabacci, e anche la Lega Nord acerrima nemica del governatore». Fiorani ha quindi parlato della vicenda del salvataggio di Crediteuronord, «una banca che era sull’orlo del fallimento» e dei contatti che l’allora sottosegretario della Lega Brambilla ebbe con lo stesso Fiorani finalizzati a salvare l’istituto di credito. Fiorani ha quindi riferito di aver parlato del salvataggio al governatore Fazio e in particola dei contatti con l’esponente della Lega Giorgetti. «C’era la necessità – ha detto Fiorani – di fare l’attività di lobbing in parlamento proprio in vista della discussione del ddl sul risparmio». E in questo contesto Fiorani ha spiegato di aver preso contatti con lo stesso Giorgetti dopo il salvataggio di Crediteuronord.
Bpi, Fiorani: moglie Fazio saputo intercettazioni da Pomicino. «Ricordo – ha aggiunto Fiorani – che c’era molto allarme per i telefoni intercettati, e ricordo che la moglie del governatore Fazio, la signora Cristina, mi rivelò che il suo telefono era sotto controllo, una circostanza che, a suo dire, le era stata riferita dall’on. Paolo Cirino Pomicino». «La signora Cristina – ha aggiunto Fiorani sollecitato dalle domande del Pm Eugenio Fusco – mi disse che Cirino Pomicino aveva appreso dei telefoni intercettati perchè era in contatto in ambienti romani con esponenti dei servizi segreti». Fiorani, sempre a proposito delle rivelazioni sui telefoni intercettati, ha ricordato un incontro che ebbe con l’avvocato Sinibaldi, un collaboratore di Stefano Ricucci che gli avrebbe parlato di questa circostanza. Fiorani ha citato in proposito l’ex sottosegretario alla giustizia Giuseppe Valentino che sarebbe stato, a dire dello stesso Fiorani, l’informatore sulla vicenda dei telefoni intercettati.
«Il senatore Grillo, 100 mila euro me li chiese per Dell’Utri. E Dell’Utri mi ha ringraziato» ha aggiunto Fiorani, nell’affrontare il capitolo che riguarda la sua attività di lobbysmo, i suoi rapporti col mondo politico e i versamenti di denaro fatti ad alcuni parlamentari (vicende peraltro già emerse nel corso dell’inchiesta). Ha ribadito tra l’altro di aver versato allo stesso senatore Grillo, con cui aveva rapporti frequenti, «in più tranche, 100-200 mila euro, quando faceva la campagna elettorale». Dopodiché l’ex banchiere di Lodi ha anche spiegato che il senatore del Pdl aveva aperto un conto corrente presso l’ex Bpl, sul quale venivano effettuate operazioni con i derivati su Autostrade. Rispondendo alla domanda del pm Fusco, e cioè se tutti i soldi erano andati a Grillo, Fiorani ha risposto: «Un importo, mi disse, era destinato a Dell’Utri. Cento mila euro me li chiese per Dell’Utri». E il pm: «Ma poi arrivarono a destinazione?». «Certo, perché Dell’Utri mi ha ringraziato» ha risposto l’ex amministratore delegato.
Fiorani ha anche ricordato di aver «aiutato» l’onorevole Aldo Brancher: «Mi chiese un contributo perchè aveva perso in un investimento in una azienda. Era uscito male. Diedi 100 mila euro per lui e altri 100 mila euro, che mi disse che doveva dare a Calderoli». Inoltre, l’ex banchiere ha spiegato che a Brancher la banca aprì un conto corrente, ‘affidatò a nome della moglie, e sul quale anche lì vennero fatte operazioni con i derivati.
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