Il 6 maggio scorso sembrava destinato a restare nella storia come evento piu’ unico che raro. Invece lo spettro di un altro flash crash, quello che in quel giorno vide il Dow Jones perdere in pochi minuti circa 1000 punti (-9.2%) senza alcuna ragione evidente, potrebbe essere dietro l’angolo. E’ questo il timore che aleggia tra trader e autorita’ competenti.
E infatti due giorni fa, stessa storia. Come ha scritto gia’ WSI: “Un altro “flash crash”, stavolta sui titoli Citigroup, crollata -20%. I soliti HFT (high frequency trading, cioe’ gli ordini gestiti dai computer delle banche) hanno immesso un maxi-ordine sell sulle azioni Citi (C) provocando l’innesco dei sistemi automatici di frenata del ribasso (circuitbreaker) al New York Stock Exchange, quando il calo ha superato -20%” (vedi articolo Un altro “flash crash”, stavolta su Citigroup, il titolo -20%
L’idea e’ semplice: pollici grossi a parte (che, come si era inizialmente pensato, potrebbero pigiare un tasto invece di un altro innescando ordini di vendita sbagliati) i problemi di fondo sono invariati rispetto a quella data (e al recentissimo caso di Citi) nonostante la Sec abbia tentato di mettervi delle pezze.
E’ vero. L’autorita’ di borsa Usa ha messo a punto i “circuit breakers”, sistemi che fermano le contrattazioni di titoli soggetti a movimenti repentini (rialzi o ribassi del 10% in 5 minuti o meno). E la mossa ha dato prova di funzionare qualche giorno fa, quando il titolo Washington Post e’ raddoppiato da $460 a $929.18 nel giro di un batter d’occhio. Frenata, stop e annullamento degli ordini.
Ma il mistero come nei migliori gialli resta: perche’ simili sbalzi accadono? Proprio prima che le nuove regole entrassero in funzione, il 2 giugno scorso la societa’ che offre servizi al settore tecnologico Diebold e’ precipitata del 35% per poi recuperare la perdita nel giro di pochi minuti.
Sono in molti a credere che il cuore della questione continui a risiedere nei sistemi di trading ad alta frequenza, quegli algoritmi che consentono compravendite automatizzate e superveloci che, come spiega Cnbc, si stima rappresentino il 70% di tutte le attivita’ sul mercato. Se poi si aggiunge una carenza di visibilita’ sui mercati, il gioco e’ fatto.
“Ci troviamo nel mezzo di un’economia globale con sistemi di trading globali ma non abbiamo ancora una comune struttura con affrontare il tema”, ha spiegato Doug Roberts, capo delle strategie di investimento a Channel Capital Research. Tutto cio’ non fa che mettere a repentaglio la fiducia degli investitori. “Perche’ non dovrebbero essere preoccupati? Stiamo giocando con la dinamite”, ha sostenuto il senatore democratico Ted Kaufman.
“Prima di entrare nel cuore della questione riguardante la struttura del mercato, bisogna sapere o comunque avere una minima idea di cosa stia accadendo dentro la ‘scatola nera’. I sistemi ad alta frequenza hanno avuto grosso successo…ma nel rallentare le indagini su cosa stia veramente accadendo”, ha continuato Kaufman.
I difensori dei cosiddetti HTF, high frequency trading, non mancano e si dicono convinti che servano a iniettare liquidita’ sul mercato. Ma i cali che lo scorso 6 maggio hanno colpito alcuni noti titoli spingendoli fino a un penny (per esempio Accenture, che oggi vale sui $40) dimostrano anche il contrario.
C’e’ anche chi crede che l’integrita’ del mercato sia intatta e che gli investitori abbiano poco di cui temere. “Quando si utilizzano computer ci sono dei malfunzionamenti. E’ inevitabile; ma la protezione dell’investitore e’ cio’ su cui si sta lavorando. Non credo che in media si debba essere eccessivamente preoccupati”, ha aggiunto Todd Horwitz.
Una possibile soluzione, ha riferito Roberts, potrebbe essere un sistema centralizzato di scambio di derivati, che al momento sono “over the counter”, cioe’ senza quotazioni formali elettroniche, e quindi meno tracciabili rispetto alle titoli tradizionali.
A riportare l’attenzione sulle reali cause del flash crash e’ ancora Kaufman, trader poi passato al Senato come rappresentante del Delaware dopo che Joe Biden e’ diventato vicepresidente Usa. In generale “non c’e’ il senso dell’urgenza. Il mercato e’ in pericolo e questo non e’ certo un problema di poco conto”.