Economia

Energia: Censis, da industria italiana 230 mln di euro

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(Teleborsa) – Il settore energetico produce un fatturato annuo che supera i 230 miliardi di euro, assorbe un’occupazione diretta di circa 118 mila addetti, alimenta alcuni importanti settori collegati sia industriali (dall’impiantistica alle costruzioni, dalla siderurgia all’industria elettromeccanica) sia nei servizi (dalla progettazione ai trasporti, dalla ricerca alla formazione), realizza investimenti sul territorio per almeno 16 miliardi di euro l’anno, sperimenta continuamente nuove soluzioni tecnologiche per limitare le esternalità negative, produce un gettito fiscale considerevole per lo Stato, anche in termini di imposte indirette, come le accise, che nel 2008 ammontavano a oltre 23 miliardi di euro solo per l’autotrasporto. Questi sono i principali temi trattati nel Rapporto Censis-Confindustria Energia su “Il valore sociale dell’industria energetica italiana”, che è stato presentato oggi a Roma da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discusso dal Presidente del Censis Giuseppe De Rita, il Presidente di Confindustria Energia Pasquale De Vita, il Segretario Generale della Uil Luigi Angeletti e il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Stefano Saglia. L’industria energetica, nelle sue differenti declinazioni, è quindi un settore di punta nel panorama produttivo nazionale. Il settore si evolve verso un mix energetico sempre più articolato e vede attivarsi i suoi protagonisti (anche quelli un tempo impegnati solo sulle fonti tradizionali) per produrre energia attraverso nuove fonti, nuovi impianti di generazione e nuovi investimenti in ricerca. Tra il 2000 e il 2008 il contributo del petrolio al mix energetico nazionale si è ridotto dal 49,5% al 41,4%, il peso del gas è aumentato dal 31,4% al 36,3%, i combustibili solidi sono passati dal 6,9% all’8,8%, le fonti rinnovabili dal 6,9% all’8,9%, le importazioni nette di energia elettrica dal 5,3% al 4,6%. La stessa nascita di Confindustria Energia rappresenta un tentativo di superare i vecchi steccati tra i diversi segmenti produttivi, per adottare un approccio che pone al centro l’energia stessa e la capacità di generarla con il minore impatto possibile. Ma l’analisi del Censis mette in luce due rischi potenziali. La farraginosità delle procedure autorizzative a livello nazionale e territoriale, insieme alla forte conflittualità locale innescata dalla realizzazione di nuove infrastrutture, possono determinare il blocco degli investimenti, sia nell’ambito dello sfruttamento delle risorse energetiche nazionali, sia in quello delle fonti rinnovabili. La carenza di adeguate politiche energetiche di medio-lungo termine può determinare un impoverimento tecnologico e delle competenze che storicamente in Italia ci sono state e continuano ad esserci, riducendo il Paese a mero importatore di prodotti e tecnologie.