La giornata si era aperta con uno scivolone ma dopo la prima ora di contrattazione gli indici americani hanno ritrovato quota riuscendo a strappare il segno piu’. A livello settoriale, sono riusciti a recupera quota persino le banche, le piu’ vendute nel corso degli scambi di borsa.
Il Dow ha guadagnato lo 0.09% a 11357.04 (+10.29 punti), su dello 0.62% il Nasdaq a 2578.78 (+15.80 punti). Rialzo dello 0.44% a 1218.75 per l’S&P 500 (+5.35 punti).
La seduta si chiude con i massimi di un mese per il dollaro contro l’euro, top di oltre due anni per il petrolio mentre le materie prime in generale hanno perso terreno. Il rendimento dei Titoli di stato Usa a 30 anni ha toccato il top di cinque mesi.
Alla fine i timori di tenuta dell’ Irlanda, che hanno messo al tappeto i listini europei, non sono riusciti a condizionare negativamente Wall Street, insensibile anche al tonfo del brasiliano Banco Panamericano dovuro a voci di liquidazione.
Le preoccupazioni sulle sorti di Dublino hanno provocato l’allargamento degli spread sui titoli di Stato irlandesi (top storico sia per il rendimento del decennale all’8.7% sia per lo spread sul bund tedesco arrivato a 615 punti base). Situazione simile per i titoli portoghesi (6.8% il rendimento record). A Lisbona e’ avvenuto il collocamento a tassi record di bond per 1.24 miliardi.
Sullo sfondo resta l’imminente G20 in calendario da domani a Seul mentre in Usa sono emerse le prime indiscrezioni la proposta avanzata dalla commissione bipartisan voluta dal presidente Barack Obama per riordinare I conti pubblici statunitensi e ridurre il debito e il deficit. Secondo l’emittente Cnbc la ricetta, non confermata dalla Casa Bianca, passa attraverso circa 200 miliardi di tagli alla spesa.
Dal fronte macro i sussidi di disoccupazione sono calati piu’ delle attese a 435000. Il deficit commerciale si e’ ristretto piu’ del previsto mentre i prezzi all’import sono cresciuti a ottobre dello 0.9%.
Tornando alle commodities, la fotografia della seduta si riassume cosi’: giu’ del 3.4% i metalli preziosi, flessione dell’1.6% per le soft commodities e dello 0.4% per i metalli industriali. Dopo i massimi di 30 anni toccati ieri l’argento (consegna dicembre) ha registrato un -7.1% a $26.89 ($2.011) per oncia. Volumi di scambi record per il “cugino” dell’oro: passati di mano 201216 contratti contro i 127890, il precedente top toccato il 30 dicembre 1976. Questo e’ l’effetto non solo del rafforzamento del dollaro ma soprattutto della stretta sui margini richiesti sui futures dell’argento da parte di CME, che gestisce il Comex. In pratica ai trader viene chiesto di piazzare ordini minimi per contratto da $6500 da $5000. La decisione, gia’ oggi messa in pratica, ha spinto gli operatori a spostare i propri investimenti al contratto con consegna marzo. Altri hanno deciso che era arrivato il momento di prendere profitto invece che scommettere ulteriormente.
L’oro (scadenza dicembre) ha lasciato sul terreno lo 0.7% a $1399.30 (-$10.80) all’oncia ma si era spinto fino a $1383.40. I futures sul petrolio hanno invece guadagnato l’1.3% a $87.81 al barile (massimo intraday a $88.06), con scorte a sorpresa in calo. Flessione del 2.8% per il gas naturale (sempre consegna dicembre) a $4.05 per MMBtu.
Sul fronte valutario l’euro riesce a chiude in rialzo dello 0.05% a quota $1.3780. Quanto ai Treasury, il rendimento del decennale ha chiuso poco mosso a 2.6480% dopo essersi spinto a 2.74%. I titoli a 5 anni hanno archiviato la sessione in calo di 3 punti base al 1.217%, quelli a 7 anni hanno perso 5.5 punti base al 1.834%.