Società

Federalismo per decreto. E se Napolitano firma anche stavolta…

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Il governo ha trovato una soluzione per sbloccare l’impasse del federalismo fiscale determinata dalla bocciatura in Bicamerale del parere sul fisco comunale in una riunione del Consiglio dei ministri d’emergenza al termine dei lavori dell’Aula di Montecitorio.

Per ovviare allo stop subito dalla bicamerale il cdm straordinario ha dato l’ok a un decreto che altri non e’ che la versione approvata al Senato sulle modifiche frutto dell’intesa con i Comuni. Il decreto per entrare in vigore deve però essere firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Erano almeno tre le ipotesi sul tappeto: emanare il decreto legislativo sul fisco comunale tenendo conto delle modifiche concordate anche con l’Anci durante il confronto in Bicamerale; emanarlo così come licenziato dal Cdm il 4 agosto scorso, e in questo caso approvare anche un altro provvedimento legislativo (disegno di legge o decreto legge) per far viaggiare su un altro binario le modifiche; approvare un nuovo decreto attuativo che recepisca tutte le modifiche, e far ripartire l’iter (intesa in conferenza unificata, poi il passaggio in Bicamerale). In quest’ultimo caso procedendo alla ricomposizione della Bicamerale stessa per ristabilire rapporti di forza favorevoli alla maggioranza. Se il Cdm dovesse tenersi davvero, solo in quella sede – spiegano fonti di governo – si sceglierà la strada da seguire.

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Nel pomeriggio il voto alla bicamerale aveva inflitto un brutto colpo alla Lega e al governo, imponendo un altola’ alla riforma del Federalismo. L’esito del voto e’ stato un pareggio: 15 a 15, ma in sostanza il risultato finale ha sancito che il parere formulato dal relatore e’ respinto.

Ciononostante, alle dichiarazioni di belligeranza della Lega non sono seguiti i fatti. Per il leader del Carroccio Umberto Bossi: “Niente elezioni”. L’Opposizione, compatta, ha chiesto al governo di trarne le conseguenze e si dice esterrefatta per la gravissima spaccatura che si e’ formata tra Parlamento e governo. Per il presidente della Camera Fini e’ una “situazione senza precedenti”.

Il federalismo municipale non ha ottenuto in bicameralina la maggioranza e ancora ieri sera Umberto Bossi prometteva che il risultato non sarebbe bastato a scongiurare l’interruzione anticipata della legislatura e il ricorso alle urne.

Stamane il ministro delle riforme si era trincerato dietro ad un “Vediamo, vediamo”, in attesa di vedere gli effetti pratici del suo incontro di qualche ora prima con Gianfranco Fini. La vittoria a maggioranza, infatti, era legata all’atteggiamento di un senatore di Fli, Mario Baldassarri. Il quale, iniziata la riunione, ha gelato i presenti, sillabando: “La mia valutazione del provvedimento non puo’ essere positiva”.

Eppure la giornata si era aperta con una buona notizia per la coalizione di governo: al Senato la Commissione Bilancio aveva approvato con 14 voti favorevoli e 11 contrari un parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto legislativo per il federalismo municipale. La senatrice Thaler Ausserhofer (Svp)aveva votato a favore con la maggioranza, il senatore Candido De Angelis (Fli) contro.

Il voto di oggi ha un significato molto chiaro. Secondo l’articolo 7 del regolamento della Commissione, il decreto si intende respinto, almeno in commissione: “Le deliberazioni della commissioni sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parita’ di voti, la proposta si intende respinta”.

Subito l’Idv chiede che si tenga conto della bocciatura. Il Pdl, per bocca di Antonio Leone, precisa: “Si tratta di un parere consultivo e sicuramente ci sono i presupposti perche’ il governo vada avanti”. Si avra’ maggiore chiarezza nelle prossime ore.

Dopo il voto in ‘bicameralina’ sul federalismo e’ stato convocato d’urgenza un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli. Hanno raggiunto Silvio Berlusconi, lo stato maggiore della Lega e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Nella residenza romana del premier era gia’ in corso da stamane un summit del Pdl.

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(WSI) – Due ore di colloquio a Palazzo Grazioli tra i vertici della Lega Nord ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alla vigilia del voto sul federalismo municipale della Bicamerale (in programma alle 12.45), hanno permesso di fare il punto della situazione, dopo le ultime due estenuanti giornate di trattative condotte dal ministro Roberto Calderoli. E soprattutto di stabilire cosa fare se in Commissione si dovesse arrivare «al voto di parità» tra maggioranza e opposizione.

Il rischio di un pareggio esiste e un esito di questo tipo renderebbe di fatto nulli gli sforzi della Lega di arrivare ad una approvazione condivisa della riforma federale. Umberto Bossi, a riguardo, è stato chiaro: se non ci sarà «una maggioranza politica il rischio delle elezioni è concreto». Berlusconi dal canto suo ha spiegato che «in caso di pareggio il governo procederà lo stesso visto che la legge lo consente».

IL SUMMIT – I vertici della Lega hanno prima cenato al Senato e poi si sono recati a Palazzo Grazioli. Alcuni senatori del Pdl riferiscono che Bossi è stato categorico: dobbiamo portare a casa il federalismo, altrimenti «c’è il rischio che salta tutto». Alla cena era presente anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Le stesse fonti riferiscono di continui contatti con Mario Baldassarri di Fli. Tra le ipotesi anche quella di deduzioni per le famiglie numerose da inserire nel provvedimento, ma per ora resta il no dei rappresentanti delle opposizioni. Sul rischio pareggio il Pdl prova a mettere le mani avanti, ma il Pd va all’attacco. «Se in Commissione finisce 15 a 15 – ha spiegato Pier Luigi Bersani – diremo che non ci sono le condizioni né politiche né giuridiche per andare avanti. Diremo a Pdl e Lega fermatevi!».

NOVITÀ – Quanto al decreto, l’ultima versione approvata mercoledì, prevede alcune novità: il bonus per gli inquilini è stato bocciato, ma sono stati introdotti il fondo di perequazione e la compartecipazione all’Iva, votata all’unanimità.

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(TMNews) – L’Italia deve tornare a crescere e per fare questo ha bisogno di una scossa, “una delle più forti” della sua storia, con l’obiettivo di far crescere il Pil di “3-4 punti in cinque anni”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio, Berlusconi, in un’intervista al Tg1. Il primo commento a caldo negli ambienti bancari ed economici: sono le solite dichiarazioni a effetto del premier, mai seguite dai fatti (come quando nell’ultima campagna elettorale promise la creazione di “2 milioni di nuovi posti di lavoro”. Invece, la disoccupazione in Italia e’ ai massimi storici).

“Per tornare a crescere, l’economia ha bisogno di una scossa, e per questo abbiamo predisposto un piano della crescita, che secondo noi dovrebbe dare una grande scossa, forse una delle più forti della storia italiana. L’obiettivo è l’incremento del Pil del 3-4% in 5 anni. Tutte le banche e gli organismi internazionali (Fmi e Ocse) danno il Pil Italia intorno all’1 (o sotto) nel 2011 e 2012. Il che moltiplicato per 5 anni corrisponde appunto a un crescita anemica.

In Consiglio dei ministri faremo la modifica dell’art.41 della Costituzione: sarà lecito intraprendere e fare tutto quello che non è vietato espressamente dalla legge senza chiedere un’infinità di autorizzazioni, come accade adesso”.

Il Presidente del Consiglio prendera’ parte, com’era previsto, al Consiglio europeo di Bruxelles venerdi’ 4 febbraio. Per questo motivo, il Consiglio dei Ministri dedicato alle misure per la crescita economica, annunciate dallo stesso Presidente Berlusconi, si svolgera’ martedi’ 8 febbraio alle ore 12,30 in seduta straordinaria.

Nel frattempo si torna a parlare (male) della conduzione faziosa del telegiornale diretto da Enzo Minzolini. “Il Tg1, nelle sue varie edizioni, ha ridotto a una ‘brevissima’ la notizia sull’impoverimento delle famiglie rilevato dall’Istat. Perche’ si vuole nascondere questa notizia? Perche’ si vuole dare l’immagine di un’Italia che pensa solo alle ‘settimane bianche’ o a cenare in costosi ristoranti?”. Lo afferma Luca Borgomeo, presidente dell’associazione dei telespettatori cattolici Aiart.

“Alla notizia e’ stata data ampia risonanza dal tg2, dal tg3 e da molti siti internet. Il tg1 invece l’ha in sostanza ignorata, quasi volesse nascondere un segnale inequivocabile della crisi e la scarsa attenzione della politica nei confronti delle famiglie – continua Borgomeo – Questo non e’ servizio pubblico”.

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«Il governo condivide pienamente l’appello del capo dello Stato a interrompere “una spirale insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti, prove di forza da cui può soltanto uscire ostacolato ogni processo di riforma”, con un riferimento esplicito al federalismo e al carattere “decisivo di un clima corretto e costruttivo confronto in sede istituzionale”. La nostra condivisione non è di parte ed è esente da ogni strumentalismo». Lo ha detto in una nota Silvio Berlusconi replicando all’intervento da Bergamo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

In serata, poi, in un’intervista al Tg1 il capo del governo ha parlato di una «nuova scossa per l’economia», ha rilanciato il piano casa e ha ribadito di non voler imporre patrimoniali o nuovi prelievi.

Sulle misure annunciate dal presidente del Consiglio ha minimizzato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Una scossa all’economia potrà essere data solo dopo che Silvio Berlusconi avrà lasciato palazzo Chigi», ha commentato al Tg2. «Noi – ha spiegato illustrando i contenuti dell’assemblea nazionale del Pd di venerdì e sabato prossimi – vogliamo parlare di Italia, di cose concrete, di lavoro e precarietà, di riforma fiscale, di misure per la legalità».

Non possiamo piu’ scherzare, rischiamo una crisi di Governo e le elezioni anticipate. Silvio Berlusconi e alcuni senatori del Pdl che da tempo esercitano il ruolo di pontieri con Fli questa mattina hanno incontrato Mario Baldassarri. E’ proprio lui l’ago della bilancia nella Commissione La Loggia che domani dovra’ dare il parere sul federalismo. Il premier, racconta chi era presente all’incontro, ha fatto capire al senatore finiano che se la situazione dovesse precipitare la Lega non avrebbe piu’ freni: non credere – questo il ragionamento che viene riferito – che non ci sarebbero conseguenze, al Governo potreste ritrovare una persona che non gradireste affatto…quindi lavoriamo insieme per la riforma, conviene a tutti.

L’incontro, sostengono le stesse fonti, sarebbe andato anche bene con il cavaliere convinto di raggiungere un’intesa. Per questo motivo ha chiamato Roberto Calderoli concordando l’apertura del Carroccio sugli emendamenti cari a Fli.

Ma la battaglia sul federalismo e’ ormai diventata ‘politica’ e’ il 15 a 15 nella Bicameralina domani appare scontato. Il presidente del Consiglio in ogni caso vuole andare avanti e medita di far passare i decreti in Cdm anche se i big del Pdl avrebbero sottolineato al premier il rischio che il Quirinale non approvi una scelta simile.

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(WSI) –”Follow the money”, segui i soldi e troverai anche quello che non ti saresti mai aspettato. Il nome che sorprende. Ed è: Noemi Letizia. I soldi di Silvio Berlusconi, per la verità, arrivano attraverso bonifici, per varie decine di migliaia di euro, a sua mamma, Anna Palumbo, la donna che della bionda Noemi diceva: “È cresciuta nei valori del Vangelo e del mito di Silvio Berlusconi”.

Era la primavera del 2009 quando – si ricorderà – un premier versione dandy compare, con clamore, alla festa dei diciott’anni di questa bionda di Portici. Viene festeggiato come una rock star, Repubblica lo sa e lo scrive, scoppia un delirio: Noemi, intervistata, parla con ardore di “papi-Silvio, tutte lo chiamiamo così”. Veronica Lario va su tutte le furie, Berlusconi ha “saltato” più volte i compleanni dei figli, che c’entra con la bionda, con le “vergini che si offrono al drago”? Passano i giorni, allora, e da una parte il divorzio di Silvio diventa concreto, dall’altra si va scoprendo che Noemi un fidanzato coetaneo l’aveva. E lui racconta di aver visto cambiare la “luce dei suoi occhi” mese dopo mese. Da quando Emilio Fede aveva mandato un book di foto della ragazzina a Berlusconi e il premier l’aveva chiamata direttamente al telefono: “Sai chi sono? Non mi riconosci? Hai un volto stupendo”.

Dopo di che, Noemi era andata a Roma, da sola, dall’ultrasettantenne miliardario, e poi era volata in Sardegna, per il capodanno, con un’amica, e non aveva 18 anni compiuti. Berlusconi aveva evitato di rispondere alle dieci domande che Repubblica gli aveva rivolto, non aveva trovato scappatoie alle menzogne che aveva raccontato per giustificare la sua “amicizia” con Noemi. Come la circostanza, del tutto inventata, che il papà di Noemi fosse l’autista di Bettino Craxi.

Bugie del 2009 a parte, questi soldi, alla mamma di Noemi, arrivano in questo 2010, dove altre bugie non mancano: le feste “commendevoli” (parole del premier) si rivelano “un puttanaio” (parole di tante testimoni). Ruby Rubacuori, marocchina, accusata di furto, diventa egiziana, e nipote di Mubarak. Il premier, assicura ai promotori della Libertà, non ha mai pagato una donna, se no ne risentirebbe la sua “dignità”, e poi emerge una montagna di quattrini per escort, show girl, papi-girl, “disperate”, donne “delle favelas”, con uno stillicidio di richieste, promesse, ricatti, conteggi.

Come mai proprio quest’anno viene foraggiata la famiglia di Noemi, si chiedevano ieri a Roma, alleati e avversari del premier? Difficile trovare oggi una risposta, ma un fatto è certo. C’è una domanda: da quale conto bancario partono? Risposta: dal solito, quello di cui Repubblica parlava ieri.

Quel conto acceso presso “lo sportello 20600, centro direzionale Va”. Vale a dire, la filiale “presso il Centro Direzionale Palazzo Vasari – Milano 2 – Segrate (cab 206003)”: è il conto del “bunga bunga”. E la notizia dei bonifici alla famiglia Letizia comincia a circolare insistentemente intorno alle 18, i politici chiedono notizie ai giornalisti, i giornalisti ai politici.

Solletica l’immaginazione – e non è solo un argomento dell’inchiesta dei pm – questo copioso, fluido, generoso conto bancario del premier nella filiale di Milano due. È il conto dal quale partono 21 mila euro in due tranche per Nicole Minetti, consigliere regionale e igienista dentale.

Partono di qua anche un bel po’ dei soldi per la bella cagliaritana Alessandra Sorcinelli, una show girl che ha ricevuto in tutto 160mila euro dal premier, sotto la voce (che sfiora il patetico) di “aiuto per gli studi”, degni di Einstein, evidentemente. Sempre da questa banca, non lontana dalla società Dolcedrago (guarda che combinazione, a volte, i nomi) che i deputati hanno vietato alla procura di perquisire, erano volati a suo tempo – aprile 2008 – euro per un milione e mezzo a favore di Marcello Dell’Utri, sui suoi conti nella banca di Denis Verdini.

E un milione e 450 mila euro in assegni circolari viene emesso da questo conto proprio nei giorni in cui Emilio Fede e Lele Mora – siamo alla fine della scorsa estate – parlano di una somma da parte del premier di “uno e mezzo”. Ora, sempre attraverso questo conto, si scopre che il destino di Noemi e della sua famiglia continua ad essere intrecciato con le risorse finanziarie del premier. È ragionevole credere che questi bonifici, più che alla signora, siano destinati alla prima delle tre minorenni che il Cavaliere abitualmente ha frequentato negli ultimi anni (le altre due sono Iris Berardi e Karima El Marough, Ruby, la marocchina diventata egiziana e nipote di Mubarak).

“Spino”, “Spin”, “Spinaus”, come le decine e decine di ragazze invitate alle “serate rilassanti” del premier è il gestore di questo conto, che sembra destinato a fornire altre sorprese. Ed è il conto di Silvio Berlusconi: del premier accusato a Milano di concussione e prostituzione minorile. Per aver agito non come ministro, ma come privato cittadino: che abusa della sua qualità, del suo potere, anzi dei suoi super-poteri, secondo la procura. E oggi, come nell’antichità, pecunia olet: e la puzza (o il profumo) del denaro si sente intorno a queste ragazze del “bunga bunga”. Tracce delle buste, con sopra scritto un numero 5 (sta per 5mila euro) sono state trovate nella residenza di via Olgettina 65. Buste da 2, 5, 9 mila euro cash girano a Villa San Martino, ad Arcore. Adesso ci sono anche questi e altri bonifici – i numeri crudi dei bonifici, i cosiddetti “Cro” che identificano le operazioni, gli Abi e i Cab – a iniettare cemento nei pilastri del castello accusatorio. Che parole potrà trovare il premier per smentire la matematica del suo stesso conto corrente?

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(WSI) – Il consigliere del Csm Matteo Brigandi’ e’ indagato per abuso d’ufficio. Per i pm e’ lui la fonte utilizzata il 27 gennaio da Il Giornale per infangare il magistrato milanese Ilda Boccassini. Due giorni prima era a Palazzo Grazioli.

Brigandì, membro laico in quota Lega, è indagato dalla procura di Roma per abuso d’ufficio in relazione all’inchiesta per la quale è stata eseguita oggi una perquisizione nell’abitazione della cronista de Il Giornale, Anna Maria Greco.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Pierfilipo Laviani, è partita da una segnalazione ufficiale fatta dal Consiglio superiore della magistratura. Brigandì, secondo l’accusa, avrebbe passato documenti interni al Csm alla giornalista che ha poi redatto un articolo sul procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, dal titolo “La doppia morale di Boccassini”.

A disporre le perquisizioni è stato il pubblico ministero Silvia Sereni. Il provvedimento è stato disposto per la presunta violazione dell’articolo 323 del codice penale, quello relativo all’abuso d’ufficio.

Brigandì non è nuovo agli onori delle cronache. Ex democristiano, ex socialista poi leghista. Ex avvocato di Umberto Bossi, “procuratore della Padania”, nel 2006 viene condannato in primo grado per truffa aggravata alla regione Piemonte. Memorabile, nell’occasione, la difesa d’ufficio di Bossi: “Se non è una questione di donne, Matteo è innocente”. E difatti Brigandì sarà poi definitivamente assolto nel 2009.

Tornando a oggi, secondo la procura di Roma e’ il leghista Matteo Brigandì la talpa che ha permesso al quotidiano di Paolo Berlusconi di attaccare il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, titolare dell’indagine sul giro di prostitute legate al premier. Brigandì ha consultato un fascicolo sulla Boccassini vecchio di trent’anni. La sera del 25 gennaio, come risulta dalla foto che abbiamo pubblicato, partecipa al vertice del Pdl nell’abitazione romana di Silvio Berlusconi.

Due giorni dopo, il Giornale (perquisita questa mattina la sede) pubblica un pezzo intitolato “La doppia morale di Ilda Boccassini”. All’incontro di Palazzo Grazioli, quel giorno ci sarà anche Valter Lavitola, l’editore dell’Avanti che a Santa Lucia ha investigato sulle società offshore che gestiscono l’appartamento di Montecarlo del cognato di Gianfranco Fini. E sempre 48 ore dopo dopo il ministro degli Esteri Franco Frattini interviene in Parlamento per parlare del caso Tulliani.

Il consigliere del Csm Brigandì nei giorni scorsi aveva ammesso di aver visionato il fascicolo sul procedimento disciplinare di Ilda Boccassini e aveva anche aggiunto di averlo restituito agli uffici di Palazzo dei Marescialli dopo pochi minuti escludendo di aver mai passato le carte ai giornalisti de Il Giornale. Lo stesso Brigandì, aveva chieste la settimana scorsa al vice presidente del Csm, Michele Vietti, di far luce sull’episodio. Come sia andata veramente cercheranno di capire i magistrati, che hanno anche fatto sigillare dai carabinieri i suoi uffici al Csm.

Immediata invece la replica di difesa del quotidiano: “Per l’ennesima volta la casta dei magistrati mostra il suo volto violento e illiberale”, è il primo commento del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. “La perquisizione nell’abitazione privata della collega Anna Maria Greco, autrice dell’articolo che conteneva sentenze pubbliche del Csm, non solo è un atto intimidatorio ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa. Stupisce che soltanto le notizie non gradite ai magistrati inneschino una simile repressione quando i magistrati stessi diffondono a giornalisti amici e complici atti giudiziari coperti da segreto al solo scopo di infangare politici non graditi”.

E sulle perquisizioni è intervenuto anche Franco Siddi, segretario generale della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). “Oggettivamente, non se ne può più” ha detto. “Nello scontro politica-magistratura non possono essere chiamati a pagare i giornalisti se danno notizie, ancorché su di esse e sulla loro valenza in termini di interesse pubblico, ciascuno possa avere opinioni diverse”. La perquisizione di oggi, ha aggiunto, “a carico della collega appare, allo stato, assolutamente incomprensibile, oltreché, nei fatti, pesantemente invasiva. Le notizie ‘riservate’ non escono mai con le proprie gambe”.

Ma, “se si volesse prendere a prestito una espressione del moderno linguaggio politico-giudiziario, si potrebbe dire che si va a cercare presunte colpe, neanche meglio precisate, nell’utilizzatore finale. Cosi non si può andare avanti”. E, conclude, “ai giornalisti è chiesto, tanto più in questa fase di scontro politico e istituzionale dai toni esasperati, di alzare l’asticella della responsabilità, per non fare la fine dei vasi di coccio. Ma occorre misura e rispetto, da parte di tutti”. Come che sia, Matteo Brigandì rischia ora di essere sospeso dalla carica di consigliere del Csm.

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(TMNews) – La riforma per il ‘processo breve’, che risponde fra l’altro a ripeutei rilievi della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, non è mai stata tolta dall’agenda politica della coalizione del governo Berlusconi, e le sue controverse norme transitorie, relative ai processi in corso, saranno ricalendarizzate in sede di commissione parlamentare competente. Lo ha confermato oggi a Bruxelles il ministro della Giustizia Angelino Alfano, rispondendo a una domanda dei cronisti sulla ‘rimessa in marcia’ del processo breve che prevederebbe una ‘limatura’ dei tempi di prescrizione per gli incensurati.

“Il tema – ha detto il ministro durante una conferenza stampa al Parlamento europeo, a margine di un convegno del Ppe sulla ‘dimensione europea del crimine organizzato alla luce del Trattato di Lisbona’ – non è mai stato cancellato dall’agenda politica della nostra coalizione, e recenti pronunciamenti recenti della Corte di Strasburgo richiamano l’Italia a una accelerazione dei processi.

A determinare veementi polemiche nella politica italiana – ha puntualizzato il ministro – non è il tema della conclusione certa in tempi ragionevoli dei processi, ma l’impatto delle norme transitorie, ovvero l’applicazione (della rifroma, ndr) ai processi in corso”. Quanto “al senso e alla pregnanza di queste norme transitorie”, ha concluso Alfano, vi sarà “una ricalendarizzazione (del dibattito parlamentare, ndr) in commissione, e in quella sede entreranno nell’argomento”.

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Altri eventi importanti della giornata odierna sono stati il caso Barbareschi (ieri le indiscrezioni davano il deputato di Futuro e Libertà, sostenitore finiano della prima ora, in procinto di tornare nel Popolo delle Libertà) e l’annuncio di una manifestazione organizzata da Daniela Santanché e Michela Vittoria Brambilla per mobilitarsi a sostegno dell’attivita’ di governo e a difesa del premier dalle aggressioni mediatico-giudiziarie, poi pero’ ritirato dallo stesso partito.

Bonaiuti ha cosi’ smentito tutto: «Per un banale equivoco è stata attribuita al presidente Berlusconi la decisione di incaricare alcuni dirigenti del PdL per un piano di iniziative e di mobilitazione. Non c’è stata invece nessuna decisione in merito, anzi di questo tema non si e’ parlato neanche per un minuto nel corso del vertice del PdL». Per quanto riguarda Barbareschi, alle 15 di oggi si e’ incontrato con Fini e ancora non si sa quale decisione abbia preso.

Sempre oggi il Corriere ha pubblicato il verbale dell’interrogatorio di Nicole Minetti di due giorni fa dai pm. Il consigliere regionale della Lombardia e’ indagata a Milano per sfruttamento della prostituzione minorile. Minetti si è avvalsa per tre volte della facoltà di non rispondere: quando le hanno chiesto di confermare la veridicità della ricostruzione delle serate di una testimone; quando le hanno chiesto di chiarire la sua gestione dei contratti d’affitto del residence in via Olgettina; quando le hanno chiesto di chiarire il contenuto della sua conversazione con Barbara Faggioli sui presunti consigli ricevuti dal premier riguardo l’auto con la cocaina. Minetti ha ricostruito i suoi rapporti con Berlusconi, dicendo di avere avuto con lui una relazione sentimentale.

Infine il ministro degli Esteri Franco Frattini e’ stato iscritto al registro degli indagati dalla procura di Roma per abuso d’ufficio, in conseguenza alla denuncia presentata da un cittadino. L’acusa fa riferimento all’iniziativa di Frattini di chiedere al governo di Santa Lucia i documenti sulla casa di Montecarlo. Nei prossimi giorni la procura provvederà a inviare le carte al tribunale dei ministri, che è competente sui presunti reati compiuti da Frattini nell’ambito delle sue funzioni di ministro degli esteri.

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(TMNews) – Il presidente del Consiglio bolla come “irresponsabili e insolenti” le reazioni delle opposizioni alla sua proposta di un patto bipartisan per la crescita, lanciato in una lettera al Corriere della Sera. “Prendo atto – commenta in una nota il premier Silvio Berlusconi – delle risposte propagandistiche e degli atteggiamenti irresponsabili e insolenti di una parte delle opposizioni di fronte all’unica proposta seria in campo per rilanciare l’economia e la società italiana e per curare nel solo modo possibile, e cioè con un grande piano nazionale per la crescita, il debito pubblico”. “Ma il Governo e la maggioranza faranno comunque la loro parte nel Parlamento e nel Paese con il rigore istituzionale necessario e auspicato da tutti, a partire dal Presidente della Repubblica”, sottolinea il Cavaliere.

(TMNews) – Il Pd controreplica alla lunga nota con cui il premier ha reagito ai no alla sua proposta di un patto bipartisan per la crescita, lanciata in una lettera al Corriere della Sera. “La reazione di Berlusconi – commenta Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria del Pd – è la triste risposta di una persona che sta cercando tutti gli appigli per rimanere incollato alla sua poltrona. La violenta replica del premier alle parole pacate di Bersani, dimostra che la mano che ha scritto la lettera al Corriere è diversa dalla sua”. “La vera faccia del premier è questo ringhio rabbioso che non vuole prendere atto del suo fallimento, anche a costo di farne pagare il prezzo agli italiani”, conclude Migliavacca.

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Mentre la Lega è radunata in via Bellerio a Milano per decidere cosa fare, il premier è sempre più in stato confusionale. Ieri in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera aveva proposto a Bersani un patto per rilanciare l’economia e aveva definito il leader del Pd un “uomo con la cultura pragmatica di un emiliano”, un interlocutore con cui lavorare in Parlamento.

Poi, quando il Partito democratico e l’intera opposizione gli hanno fatto presente che la proposta era arrivata fuori tempo massimo, ecco lo scatto d’ira. Con Bersani che diventa “irresponsabile e insolente”. Al di là della rabbia il premier sta testando il suo argomento elettorale prediletto, le tasche degli italiani: se davvero si andrà alle urne il Berlusconi vuole battere su un solo tasto, le tasse. Per questo, lancia l’allarme sulla patrimoniale, un’imposta di cui da tempo parlano gli economisti ma che in realtà nessuno ha mai proposto ufficialmente. E nasconde il fatto che, con il centrodestra al governo la pressione fiscale in Italia è arrivata alla percentuale record del 43,5 per cento. (da Il Fatto Quotidiano)

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Sara’ formalizzata in settimana la richiesta di processo con rito immediato per Silvio Berlusconi. I pm sono arrivati a questa decisione dopo aver interrogato Nicole Minetti, coinvolta nell’inchiesta che vede indagato il premier per prostituzione minorile e concussione. Intanto per la consigliera del PdL della regione Lombardia spunta la pista dei bonifici.

Giovedi’ la Camera votera’ l’autorizzazione alla richiesta di perquisizione nei confronti degli uffici del ragionier Giuseppe Spinelli, l’uomo dei conti di Silvio Berlusconi, nell’ambito dell’inchiesta per prostituzione minorile e concussione. Per la prima volta si parla di contributi del premier oltre al denaro per la gestione dell’Olgettina.

L’interrogatorio di Nicole Minetti, avvenuto ieri, ha rappresentato dunque l’ultimo atto di indagine prima della richiesta di giudizio per il premier. La richiesta dei pm comprende sia le 600 pagine di atti inviati in due successive tranche alla Camera ma anche altre imprecisate ‘carte’.

L’ultima parola sul destino processuale del premier spettera’ proprio al Gip: sara’ Cristina Di Censo a decidere se accogliere la richiesta della Procura o se predisporre un processo a rito ordinario nei confronti del presidente del Consiglio. Avrà cinque giorni di tempo per decidere ma il termine non è perentorio.

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Berlusconi “ha capito che è cambiato qualcosa e si è barricato nel Palazzo”. Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, esprime chiaramente quella che ormai è opinione condivisa da tutti. Compresi gli uomini del Pdl, che per la prima volta hanno stoppato il premier sulla manifestazione contro la magistratura.

Quelle che fino a pochi giorni fa erano indiscrezioni delle stanze politiche, oggi sono dichiarazioni pubbliche: l’obiettivo condiviso è liberarsi del Cavaliere. Come? O accetta di farsi da parte e lascia il passo a un esecutivo tecnico o, se decide di resistere a ogni costo, presentarsi a elezioni anticipate uniti in una grande alleanza. La proposta la riformula Massimo D’Alema, che incassa subito la disponibilità di Casini e di Sel. Idv e Fli prendono tempo ma non bocciano l’idea lanciata dal presidente del Copasir per ridare al Paese un governo, anche ricorrendo alle urne.

Ipotesi che B. non invoca più: i sondaggi che lo danno in forte calo. Persino quelli di Renato Mannheimer: 28 italiani su 100 hanno fiducia nel presidente del Consiglio, 70 ne hanno poca o pochissima. Lo stesso sondaggio rivela che gli italiani sono pronti a un gesto forte del Colle, tanto che ben l’84% dice di avere “molta o moltissima fiducia” in Giorgio Napolitano. Il Quirinale è deciso a sbloccare la situazione. Anche sciogliendo le Camere (da Il Fatto Quotidiano)

(ANSA) – Agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere ”senza pregiudizi ed esclusivismi” un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana. E’ questa la proposta che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lancia al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in una lettera che il premier ha scritto oggi al Corriere della Sera. Un piano del governo, spiega Berlusconi, il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, ”annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani”.

Lo scopo ”indiretto ma importantissimo” di una ”frustata al cavallo di un’economia finalmente libera”, aggiunge il presidente del Consiglio, ”e’ di portare all’ emersione della ricchezza privata nascosta”. Azione che sara’ la ”piu’ grande frustata che la storia italiana ricordi”, per portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni” per fare capire ”ai mercati che quella e’ la strada imboccata dall’Italia. Paese ancora assai forte. Paese esportatore” con ”grandi riserve di energia, di capitali, di intelligenze e di lavoro”. Per farlo ”occorre un’economia decisamente piu’ libera, questa e’ la frustata di cui parlo, in un Paese piu’ stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di se’ e del proprio futuro”.

Mentre una ”botta secca” che ”impaurisce e paralizza il ceto medio” come un’imposta patrimoniale, alla quale Berlusconi ribadisce il suo ”no”, e’ ”una rinuncia statalista, reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale”. E l’Italia, ”dopo il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori” puo’ fare invece come la Germania, dove ”la locomotiva e’ ripartita” con ”un balzo liberalizzatore e riformatore” dato dalle riforme di Schroder, passando per ”il governo di unita’ nazionale” e per ”la guida sicura e illuminata di Angela Merkel”. Il premier si dice ”preoccupato come e piu’ del presidente Napolitano” per la ”particolare aggressivita’ che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico”. E per questo si rivolge a Bersani, ”in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni” e uomo dalla ”cultura pragmatica dell’emiliano” nonostante ”qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo”

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Paralisi istituzionale, Napolitano pronto a pilotare la crisi

Il capo dello Stato sta seriamente pensando di convocare i presidenti delle Camere per imprimere una svolta significativa alla situazione: se possibile non verso le urne, ma se non se ne può fare a meno allora anche quelle.

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Alta preoccupazione istituzionale. Il Quirinale s’interroga su come uscire da uno scontro in atto che promette di raggiungere livelli sempre più alti e dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Pressato anche a livello internazionale e da un’immagine dell’Italia in crescente declino, Giorgio Napolitano da giorni ha attivato i suoi “ambasciatori” per sollecitare il governo, via Gianni Letta, a prendere iniziative che scongiurino le elezioni anticipate e mettano mano con forza alla soluzione dei problemi del Paese.

Messaggi rimasti, al momento, per lo più inascoltati, al punto che ieri dopo l’ultima sfuriata berlusconiana a sole 48 ore dall’annuncio del ricorso alla piazza “contro i giudici politicizzati”, Napolitano ha seriamente pensato di prendere un’iniziativa istituzionale straordinaria, ovvero di convocare al più presto (ma non martedì prossimo come scriveva ieri mattina il “Foglio”, smentito nella data direttamente dal Colle) i presidenti delle Camere per imprimere un svolta significativa alla crisi; se possibile non verso le urne, ma se proprio non se ne può più fare a meno allora anche quelle.

Non sarà martedì, si diceva, questo incontro tra le più alte cariche dello Stato, ma potrebbe avvenire, invece, nella cornice di un prossimo evento di caratura internazionale con tutte e tre le alte cariche presenti. La data, dunque, non c’è, ma di sicuro Napolitano è deciso a farsi parte attiva al più presto per imprimere una svolta politica che porti il Paese fuori dal pantano della bufera hard che ha travolto il Cavaliere. Già più di dieci giorni fa il capo dello Stato si era detto “ben consapevole del turbamento dell’opinione pubblica” auspicando “che nelle previste sedi giudiziarie si proceda al più presto a una compiuta verifica delle risultanze investigative”. Appelli caduti nel vuoto.

E quello che oggi il Colle fotografa con nitidezza è una situazione d’empasse istituzionale che renderebbe il Parlamento, già da ora, incapace di svolgere le sue funzioni prioritarie. E questo perché, come sotto gli occhi di tutti, Fini è assediato dall’aggressione della maggioranza che vuole le sue dimissioni per vendetta del tradimento subito, Renato Schifani è contestato pesantemente dall’opposizione per i suoi presunti rapporto con la mafia, il ministro degli Esteri Franco Frattini è accusato di abuso d’ufficio per la questione dei documenti sulla casa di Montecarlo ex di An e Berlusconi, nelle prossime settimane, potrebbe ricevere nuove e ben peggiori notizie da parte della Procura di Milano. “Sappiate che, in questa situazione, prima o poi dovrò fare qualcosa…” avrebbe commentato qualche sera fa il Presidente della Repubblica con alcuni collaboratori.

Non stupisce, dunque, che l’altro giorno abbia mandato messaggi chiari ai ministri chiedendo al più presto visibili segnali di cambiamento. Anche perché – e questa sarebbe l’effettiva preoccupazione del Capo dello Stato – senza un robusto cambio di passo, la paralisi istituzionale è nelle cose, ma visto che Berlusconi non farà mai un passo indietro, perché conscio di finire immediatamente sotto la tutela della magistratura, l’unico modo di non far affondare il Paese insieme alla sua attuale classe politica di maggioranza sembrerebbe quella di “pilotare” in qualche modo la crisi. Già, ma come?

Ieri Berlusconi, avvisato dell’attivismo del Colle, ha voluto alzare ancora di più il tiro, sottolineando che “chi vuole le elezioni oggi lo fa solo per interessi personali” e che “c’è un’opposizione che sa dire solo di no, che alza muri mentre noi siamo sereni, continuiamo a governare, abbiamo vinto 7 a 0 e non c’è alternativa al nostro governo”.

Parole che hanno creato ulteriore inquietudine al Quirinale; la degenerazione dei toni, l’invocazione alla piazza per il 13 febbraio (che, comunque, i più stretti collaboratori di Berlusconi hanno cancellato ufficialmente) e il cul de sac rappresentato dal voto sul federalismo in commissione (previsto per il 2 febbraio) ha convinto, nei giorni scorsi, Napolitano ad un avvicinamento con Umberto Bossi che avrebbe prodotto un’immediata retromarcia del Senatùr riguardo la questione Montecarlo e le dimissioni di Gianfranco Fini, prima richieste a gran voce: “Su questa storia – ha infatti commentato il leader del Carroccio – bisogna fare meno casini”. Un segnale che anche in futuro Napolitano potrà contare, in qualche modo, sulla sponda della Lega. Ma in futuro. Ora non c’è nulla che da solo possa far pensare ad una soluzione non solo momentanea dei gravi problemi sul tappeto.

Così si attende, da un giorno all’altro, un passo deciso della più alta carica dello Stato, probabilmente dopo che la questione del federalismo comunale si sarà chiarita con il voto della commissione Bicamerale sul Fedralismo; sotto la lente d’ingrandimento del Colle il comportamento delle opposizioni e il loro, possibile, uscire allo scoperto per prendersi la responsabilità politica di riportare il Paese alle elezioni. Se questo non dovesse avvenire, diventerebbe sempre più urgente un suo intervento diretto per sbloccare uno status a quel punto davvero cristallizzato.

“Il Paese vuole risposte – ha detto chiaro il Capo dello Stato a Gianni Letta – abbiamo bisogno di persone che invece dello scontro politico reggano con forza le regole e le procedure”. Così non è, tanto che al Quirinale si è rispolverata l’interpretazione autentica dell’articolo 88 della Costituzione (il Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti dei due rami del Parlamento, può sciogliere le Camere o solo una di essere) solo per far capire che, se proprio non ci saranno altre strade, se proprio si continueranno ad alzare i toni oltre l’accettabile, si potrà fare anche a meno di una crisi formale per mandare a casa in governo. E non pare proprio che si tratti solo di una semplice minaccia.

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Se il Senatur secede da Arcore

di Peppino Caldarola

Analisi. Il Senatur, forte di una sintonia sempre più evidente col Colle, invita ad «abbassare i toni». Il capogruppo alla Camera Reguzzoni avverte: «Non è scontata in futuro l’alleanza elettorale col Pdl». E nella base, tra molti mugugni per il caso Ruby, impazza il video antiberlusconiano “Pota Pota”. Gli indizi sono chiari: il Carroccio non è disposto a sacrificare il federalismo sull’altare del Cavaliere.

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(WSI) – La Lega è l’osservato speciale di questi giorni. Il partito di Bossi scalpita di fronte alle contorsioni della fase finale del berlusconismo. La lealtà verso il premier è ribadita in modo insistente e formale ma numerosi sono i segnali di malumore e diversi gli accenni ad una crescente voglia di separare i destini.

Marco Reguzzoni, capogruppo alla Camera, ha dichiarato ieri a “Libero” che «non sa se in futuro la Lega starà con il Cavaliere». Intanto Bossi si sta sbracciando per impedire che lo scontro con Fini, al quale spesso contribuiscono le dichiarazioni dei suoi seguaci, degeneri in modo incontrollato. E’ evidente che la Lega sente e teme la solitudine e ha paura di essere travolta dalle crisi di nervi di palazzo Chigi. L’asse con il Quirinale viene custodito con mano ferma al punto che il segretario provinciale di Bergamo, Christian Invernizzi, ha dovuto smentire in modo solenne le voci sulle intenzioni dei leghisti di quella città di boicottare la visita del Capo dello Stato martedì prossimo. “Noi ci saremo”, ha detto elogiando il Presidente.

La base del partito intanto vive con irritazione il fiume di notizie sulle serate di Arcore al punto che “Telepadania”, per esorcizzare lo spettacolo, si è inventata un video che, sull’onda del Waka Waka che ha trionfato nei mondiali del Sudafrica, ha lanciato il “Pota Pota” in cui un coro femminile parla di «padane, belle e nostrane» che «mangiamo pane e salame» e con «il maschio ci divertiamo», «senza piscine e ville a Cortina», per concludere brutalmente: «ma chi è ‘sta Ruby che va a ballar sui cubi».

Le parole di Reguzzoni, la presa di posizione di Invernizzi e il video del Pota Pota illustrano bene i dilemmi della Lega. Il più vecchio partito della Seconda Repubblica comincia a temere il futuro. Nel momento della sua massima espansione elettorale, peraltro non ancora sanzionata da un voto politico, vede profilarsi all’orizzonte un cataclisma che potrebbe scompaginare tutti i piani della sua inarrestabile marcia all’interno delle istituzioni.

Non solo perché l’obiettivo principale di questa stagione politica, il federalismo, rischia di essere travolto dallo scontro fra di due schieramenti e soprattutto di perdere quell’aura di riforma condivisa che sta tanto a cuore a Umberto Bossi, ma soprattutto perché rischia di cadere l’impianto politico su cui il leader dei lumbard ha costruito la sua marcia di avvicinamento al potere.

C’è in primo luogo un dato di sistema che affligge in queste ore la Lega. Bossi aveva immaginato una transizione morbida al post-berlusconismo che l’avrebbe portato, quasi senza sforzi, ad ereditare il capitale di consenso immobilizzato dal carisma del premier. Il rifluire senza scosse della vita politica verso una nuova stagione avrebbe potuto consegnare alla Lega sia il controllo pressocchè totalitario del voto al Nord sia la prospettiva di una nuova guida del governo assunta in prima persona o affidata al fedele Tremonti.

La Lega ha scommesso tutte le sue carte su uno scenario politico che non prevedeva la messa in discussione rapida e ingovernabile dell’asse con Berlusconi. Negli ultimi mesi questo scenario si è rivelato fragilissimo. La Lega, in un primo momento, ha cercato la prova di forza invitando Berlusconi al redde rationem elettorale poi si è accorta della quantità di insidie che lo scioglimento anticipato accumulava.

La prima insidia è la messa in mora del federalismo, la seconda è l’incertezza del risultato, la terza una crisi istituzionale che avrebbe potuto, anzi potrebbe, modificare la stessa percezione della crisi da parte del suo elettorato. Quest’ultimo, tenuto assieme con i criteri rigidi di una comunità difensiva territoriale, si trova a fare i conti con le manchevolezze del governo e con il degrado della sua classe politica.

L’elettorato leghista è un elettorato identitario pragmatico che in nome degli obiettivi di fondo è disposto a digerire molti bocconi mari ma si trova ormai sottoposto a messaggi che alimentano quelle tensioni che lo spinsero a radunarsi sotto i vessilli della lega per reazione alle malefatte dei partiti della Prima Repubblica.

Il video sul “Pota Pota” è il segnale di una ironica ma severa presa di distanza dai vizi di questo Palazzo ai cui fasti la Lega partecipa. In questo stesso periodo si sono acutizzati i problemi interni con l’emergere di dissensi nel gruppo dirigente nordista e l’allargamento del blocco elettorale leghista ha rivelato la possibilità di una sua contaminazione persino dalle forze dell’Anti-stato. Avrà pure un significato che l’attacco più duro sulla moralità della Lega sia venuto da un bravissimo giornalista di “Libero”, Gianluigi Nuzzi.

Sul piano immediato Bossi sembra aver trovato, come direbbe lui, la “quadra”. La Lega alterna prese di posizione anti-sistema e anti-unitarie a dichiarazioni di lealtà, soprattutto mostrando di condividere gli appelli del Capo dello Stato a contenere i miasmi della battaglia politica e tentando di avviare con il mondo delle opposizioni un dialogo autonomo dalle logiche dell’inner circle berlusconiano.

Questa strada, tuttavia, non è facilmente praticabile proprio perché i suoi probabili interlocutori, che guardano con ansia alle mosse leghiste, vorrebbero spingerla alla dissociazione con il premier dando in cambio una corsia veloce e preferenziale sul federalismo. Siamo passati dalle reciproca “damnatio” fra Casini e Bossi all’odienro alternarsi di dichiarazioni distensive e di nuovi proclami di guerra. E’ una partita tuttora in corso in cui ciascuno, come sul tavolo del poker, nasconde le proprie carte.
Tuttavia i leghisti si rendono conto che non tutto ciò che può accadere nelle prossime ore può funzionare come una polizza d’assicurazione per il futuro.

La battaglia di Berlusconi per la propria sopravvivenza politica è in pieno svolgimento ma è noto che nel mondo nordista molti si stanno interrogando sul dopo. Berlusconiani e leghisti sentono avvicinarsi il momento decisivo, quello che può concludere sedici anni di vita politica. Se i primi sentono incombere la tragedia e la paura della ritirata, i secondi cercano di proiettarsi in avanti. Il rovello sulla Lega di domani affligge la Lega di oggi. Quando il capogruppo alla camera, Marco Reguzzoni, dice di non sapere se nel prossimo futuro il suo partito sarà alleato di Berlusconi avverte il suo mondo che sta iniziando un’altra fase e che la Lega, gonfia di voti e di potere locale, dovrà cercare nuovi alleati e nuovi progetti. Se non avvertisse questo incombere di nuovi tempi Bossi avrebbe già chiesto lo scioglimento delle Camere.

Se oggi si mostra prudente, se gli piace mostrarsi in sintonia con il Capo dello stato, se minaccia e blandisce altre forze di opposizione è perché anche per lui la gara incontra la salita e la Lega non è più quel corridore di una volta, veloce e sornione ma sente il peso di una sfibrante carriera e soprattutto di questa ultima terribile tappa. Le forze dell’opposizione stanno provando in questi giorni a sfiancarla nella battaglia sul federalismo. In altri tempi l’hanno aiutata a restare in gara. Tutti sanno, però, che in questo momento è decisiva. L’abilità di Bossi è sempre stata quella di aver dato appuntamento alla storia cogliendo le opportunità della politica. Oggi anche lui appare confuso e irresoluto.

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