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Tutti gli affari italiani con la Libia. Unicredit congela voto libico al 5%

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(in aggiornamento)

ROMA – Il quotidiano finanziario MF ha riportato oggi che “le fondazioni azioniste di Unicredit sono pronte a congelare al 5% le partecipazioni del governo libico dentro la banca di Piazza Cordusio, nonostante Tripoli abbia formalmente il 7,5% attraverso la Banca centrale libica e il fondo sovrano Lia e sia dunque principale azionista dell’istituto”.

Oggi si riunirà il cda di Piazza Cordusiio e sia Rampl che Ghizzoni valuteranno l’impatto di quanto sta accadendo in Libia sulla banca italiana.

Eni, Unicredit e Impregilo, ma anche Astaldi, Finmeccanica, Fiat, e perfino la Juventus. In tutti questi anni la Libia ha acquisito diverse partecipazioni nella Corporate Italia; e senza alcuna ombra di dubbio l’interesse reciproco agli investimenti si è intensificato grazie all’amicizia profonda nata – e sempre ben coltivata – tra il colonnello Gheddafi e il premier italiano Silvio Berlusconi.

I rapporti Libia-Italia sono cresciuti così in modo esponenziale negli ultimi anni: con i suoi petrodollari, il fondo sovrano libico ha fatto shopping acquistando molte partecipazioni in società italiane attive in diversi settori mentre, dal canto loro, le aziende italiane hanno ricevuto da Tripoli commesse per la costruzione di infrastrutture e per la produzione di petrolio.

Di conseguenza, ora che la Libia è sull’orlo della guerra civile, cosa accadrà a tutte queste società? La guerra civile diventa sempre di più una ipotesi concreta, tanto che di essa ha parlato nelle ultime lo stesso Saif al Islam, il figlio del leader libico Muammar Gheddafi (che secondo alcuni rumor sarebbe fuggito in Venezuela, anche se la notizia è stata smentita dallo stesso figlio).

Vista la situazione, la compagnia britannica petrolifera BP starebbe già preparando l’evacuazione del suo personale non essenziale in Libia e delle famiglie dei dipendenti. Con le ore che passano, il quadro non solo non accenna a migliorare, ma appare sempre di più a quello di un paese sull’orlo del collasso.

E in tutto questo, a dispetto delle rassicurazioni che sono stare rilasciate nelle ultime ore da alcune aziende italiane operanti nel paese, l’Italia trema e trema più di altri paesi europei, visto il forte legame di business che ha con Tripoli.

Di questo legame parlano diversi esperti, tra cui Alessandro Frigerio, di Rmj Sgr, che fa notare -intervistato da Class Cnbc -come tra i peggiori titoli del Ftse Mib nella seduta di oggi ci siano soprattutto Eni e Impregilo. Le preoccupazioni sono in particolare su Eni, che ha stilato anche contratti a scadenza decennale in Libia. “Di conseguenza, in questo clima di incertezza, almeno nel breve termine si preferisce passare all’incasso”. Frigerio avverte però di tenere d’occhio anche Finmeccanica, Unicredit e Juventus.

Patrizio Pazzaglia, di Banca Insinger di Beaufort, afferma poi che bisogna fare una differenza tra le diverse situazioni in cui versano le aziende italiane che hanno rapporti con la Libia. Ci sono infatti quelle, come Unicredit, che non fanno affari che impattano direttamente sulle loro “revenues”, ovvero sul loro fatturato. Diverso è il caso di quelle società, come appunto Eni, Ansaldo e Impregilo, che si sono aggiudicate commesse dal paese per la realizzazione di alcuni progetti e che potrebbero vedere ora queste stesse commesse cancellate.

Detto questo, Unicredit non è certo esentata dalla minaccia libica: a fronte a sé si trova infatti un fondo sovrano che detiene partecipazioni nel suo capitale e che in precedenza era visto come investitore di medio-lungo periodo; ma che ora opera in un contesto di instabilità così forte da poter eventualmente decidere anche di liquidare le sue quote.

Vediamo ora, caso per caso, i dettagli dei legami delle aziende con la Libia, descritti in un articolo di Reuters.

ENI: la compagnia petrolifera numero uno in Italia ha diverse attività in Libia tra cui contratti a lungo termine take or pay. Il cane a sei zampe aveva illustrato un piano di investimenti fino a 25 miliardi di dollari nel paese. Tripoli aveva anche manifestato l’intenzione di acquistare una partecipazione nell’azienda.

IMPREGILO, ASTALDI: Impregilo, la società di costruzioni numero uno in Italia, dovrebbe beneficiare dei rapporti amichevoli tra Berlusconi e Gheddafi, in quanto pre-qualificata per la realizzazione di un progetto autostradale in Libia finanziato da Roma e del valore di 5 miliardi di euro. La società di costruzioni numero due in Italia, Astaldi, ha anche manifestato un interesse a partecipare al progetto. Impregilo era stata citata inoltre come possibile target di investimento da parte dei libici.

FINMECCANICA: la società aerospaziale italiana ha siglato nel 2009 un accordo con la Libia per la cooperazione nel settore aerospaziale e di altri progetti in Medio oriente e Africa. L’accordo prevede la creazione di una joint venture 50-50 di cui faranno parte Finmeccanica e il Libia Africa Investment Portfolio. Finmeccanica ha anche vinto diversi contratti dalla Libia, tra cui uno, l’anno scorso, per la costruzione di ferrovie del valore di 247 milioni di euro. D’altro canto, la Lybian Investment Authority detiene una quota del 2,01% in Finmeccanica.

UNICREDIT. La partecipazione libica nel gruppo bancario è pari al 7,5%, dopo l’acquisizione da parte del Lybian Investment Authority (LIA) del 2,59% del capitale. La banca centrale della Libia è altro azionista di Unicredit, con una quota pari al 4,988%.

FIAT. La Libia corse in soccorso della Fiat nel 1977, sotto invito di Giovanni Agnelli, con l’acquisizione di una partecipazione del 15% circa da parte del Lybian Arab Foreign Investment Company (Lafico). L’investimento alimentò una forte ondata di critiche. Lafico vendette così la sua partecipazione nel 1986, ma nel 2002 riacquistò una quota appena superiore al 2%. Al momento la sua partecipazione è inferiore al 2%.

La Libia, infine, è attiva anche nel calcio. Lafico detiene infatti una partecipazione di ben il 7,5% nel capitale della Juventus. Al-Saadi Gheddafi, figlio del colonnello, un tempo f giocatore per il Perugia e l’Udinese – sedette anche nel board della Juventus. La Libia a un certo punto pensò anche di investire sulla Lazio e iniettò fondi sulla Triestina.

Lafico è attiva anche nel settore tessile, detenendo una partecipazione del 21,7% in Olcese, stando a quanto scritto nel sito Internet dell’azienda.