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Tassi: il prossimo rialzo della Bce costera’ miliardi alle imprese

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Roma – L’appuntamento cruciale è fissato per il 7 aprile. In quell’occasione la Banca Centrale Europea potrebbe annunciare il primo rialzo dei tassi dal giugno 2008 e porre così fine a un periodo di saggi estremamente bassi che dura ormai da quasi due anni. Al termine dell’ultima riunione del board dell’Eurotower, infatti, il presidente Jean-Claude Trichet disse che «è possibile, seppure non certo, che già in aprile ci sia un rialzo dei tassi».

Dopo quell’annuncio ci sono stati il terremoto in Giappone e l’inizio delle ostilità in Libia, due eventi che a giudizio di alcuni potrebbero avere un impatto negativo sulla congiuntura europea, ma la maggior parte degli economisti rimane convinta che la Bce varerà un ritocco dello 0,25 per cento per prevenire i rischi di un surriscaldamento dell’inflazione. Una conferma di ciò è già arrivata dal rialzo dei tassi di medio e lungo periodo, due fattori su cui l’istituto guidato da Trichet ha solo un limitato controllo. Le imprese, inoltre, hanno già iniziato a fare i conti sul potenziale impatto che avrà la stretta monetaria sul loro conto economico.

Uno studio approfondito sulla questione è stato realizzato dalla Cgia di Mestre che ha stimato che un rialzo del tasso ufficiale di sconto dello 0,25 per cento provocherà un incremento dei costi al sistema delle imprese italiane pari a 2,4 miliardi di euro. La notizia più allarmante però è che il presidente dalla Bundesbank, Axel Weber, ha pronosticato un aumento dello 0,75 per cento entro la fine dell’anno.

Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, le regioni più penalizzate saranno la Lombardia e il Nordest, ovvero quelle tradizionalmente più forti. L’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre è giunta a queste conclusioni partendo dal livello di indebitamento delle aziende nei confronti del sistema bancario italiano, che alla fine dell’anno scorso era pari a 961,4 miliardi di euro. A livello di singola impresa, questo aumento del costo del denaro comporterà una spesa annua aggiuntiva di 455 euro. «Intendiamoci — ha spiegato Bortolussi — la decisione della Bce di aumentare i tassi di interesse determinerà un incremento del costo del denaro a livello locale sicuramente superiore allo 0,25 per cento. Pertanto, possiamo dire con certezza che il costo aggiuntivo di 2,4miliardi di euro è sottostimato».

Infine «non è nemmeno da escludere che questa operazione penalizzerà in maniera più pesante le piccole imprese delle grandi. Infatti, per un piccolo imprenditore il potere contrattuale nei confronti del sistema bancario è spesso molto modesto. Cosa diversa è quando al tavolo della trattativa con un istituto bancario si siede una grande impresa: questa può contare su un peso politico molto diverso da quello esercitabile, ad esempio, da un artigiano o da un piccolo commerciante», ha concluso Bortolussi.

Secondo l’elaborazione della Cgia, gli imprenditori della Lombardia, a fronte di un indebitamento complessivo pari a 266,6 miliardi di euro, subiranno un aumento medio dei costi pari a 809 euro l’anno. Per il Nordest gli incrementi di spesa saranno altrettanto importanti. Per le aziende del Trentino Alto Adige (debito complessivo pari a 29,2 miliardi di euro), l’incremento medio annuo dei costi per impresa sarà di 715 euro; per gli emiliano-romagnoli (con una esposizione bancaria di 106,2 miliardi), l’aumento di spesa pro-azienda sarà di 620 euro; i veneti, infine, a fronte di un debito complessivo con il sistema bancario pari a 104,2 miliardi, pagheranno 570 euro pro-azienda in più all’anno.

Gli impatti minori si verificheranno invece in Calabria, Molise e Basilicata, dove l’esposizione verso il sistema bancario è molto più limitata. Questi aumenti si verificheranno in una situazione economica tutt’altro che rosea. La ripresa italiana è più fiacca che nella maggior parte dei Paesi della zona euro. La differenza rispetto alla Germania è abissale ma anche rispetto alla Francia si registra una maggiore debolezza. La domanda privata stenta, anche a causa del fatto che la disoccupazione rimane a livelli alti.

Il peso dei maggiori costi del debito potrebbe avere dunque un effetto rilevante, anche se la stretta monetaria sarà di modesta entità e i tassi rimarranno comunque ancora a livelli storicamente molto bassi.

Un’altra variabile da tenere presente nell’analisi del caso italiano è la recente approvazione del federalismo fiscale che comporterà maggiori oneri per le imprese anche se esistono opinioni molto contrastanti sull’entità dell’impatto. In ogni caso per le imprese italiane si prospettano tempi piuttosto duri, che solo una decisa accelerazione della congiuntura potrà consentire di superare senza troppi danni.

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