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Ve lo dico io come andrà. L’outlook economico del guru

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Per leggere l’intervista in originale, cliccate qui. Intervista a David Carbon

David Carbon è chief economist and managing director per la divisione economica e di ricerca sul valutario presso DBS Bank a Singapore. David lavora per DBS dal 2005 e ha 20 anni di esperienza nei mercati e nelle economie dell’Asia e del G10. In precedenza ha lavorato per JPMorgan e WestLB A.G. a Singapore, Londra e Hong Kong.

In un intervista concessa a Wall Street Italia, Carbon illustra il suo outlook generale su azionario, commodities e sulle economie asiatiche.

WSI L’outlook negativo e il possibile downgrade del rating sul debito sovrano degli Stati Uniti annunciato da S&P, influenzerà l’acquisto di Treasuries da parte della Cina nei prossimi due anni? Ci può dare i numeri?

Carbon L’acquisto di Treasury da parte della Cina dovrebbe (continuare a) ridursi nei prossimi due anni. Questo sarà dovuto soprattutto al calo del surplus commerciale, piuttosto che ai timori di un downgrade del debito sovrano degli Stati Uniti. Nel 2008, l’avanzo commerciale della Cina era di circa $300 miliardi, la maggior parte dei quali è stata investita in titoli del Tesoro degli Stati Uniti. Nel 2010 invece, l’avanzo è calato a $185 miliardi e l’11 marzo è sceso a zero. Sicuramente il dato annuale non resterà a zero, ma è probabile che sia meno di $80 miliardi e potrebbe addirittura essere inferiore ai $50 miliardi. Un surplus minore indica che la Cina avrà molti meno dollari da spendere in assets e riserve come i Treasury degli Stati Uniti.

Inoltre, la Cina è ora molto preoccupata dall’aumento dell’inflazione e sembra pronta a lasciar apprezzare lo yuan in misura maggiore rispetto a quanto fatto fino ad ora. Anche questo comporta un minore accumulo di riserve straniere e dunque minori acquisti di Treasury.

Nel 2010 la Cina ha ridotto gli acquisti netti di Treasury a $51 miliardi, da $123 miliardi nel 2009. Nel 2011 i nuovi acquisti netti potrebbero calare a $10 – $20 miliardi. Per la maggior parte, se non per la totalità, questa riduzione deriverà da un minore surplus commerciale e non dalle preoccupazioni circa il merito di credito degli Stati Uniti. (Anche se la Cina avrà prima o poi la possibilità di puntare il dito contro i ‘dissoluti’ Stati Uniti. Tuttavia, queste è teatralità politica, non una preoccupazione reale).

WSI In un sondaggio di Bloomberg, il 45% di investitori internazionali afferma che la Cina avrà una grave crisi finanziaria e / o politica entro pochi anni. Alcune banche stimano che la crescita del PIL cinese sarà circa la metà dei valori attuali, cioè circa del 5% all’anno. Qual è il vostro outlook su Pechino?

Carbon Il tasso di crescita potenziale del Pil della Cina è destinato a ridursi con il tempo – questo è un fatto che colpisce tutti i paesi in via di sviluppo. Al crescere dei salari e della capacità tecnologica, le economie emergenti si avvicinano a un punto “limite”, dove la crescita rallenta con tassi simili a quelli nelle economie sviluppate. Secondo le nostre stime, il tasso di crescita potenziale della Cina scenderà al 5%, probabilmente tra il 2025 e il 2030. Molto dipenderà dagli investimenti e da quanto impegno la Cina metterà per sviluppare le sue province interne e aumentare i linkaggi tra le aree interne e le zone costiere/paesi stranieri. Maggiore sarà lo sforzo dedicato allo sviluppo interno, più tempo ci vorrà prima che il tasso di crescita della Cina inizi a calare.

WSI Ci dica quali sono le migliori opportunità per investitori e gestori di fondi globali in Europa e in Italia, che stanno pensando di aumentare i loro investimenti nei mercati Asia-Pacifico? Quali attività suggerisce? Ci indichi anche i migliori ETF, obbligazioni, titoli, in termini di potenziale di apprezzamento futuro. Inoltre, quali sono le stime della sua banca sull’economia in generale, sull’azionario, sulle obbligazioni, sull’inflazione, sui tassi di interesse, sulle valute e sugli immobili nei principali mercati asiatici (Cina, Giappone e sud-est asiatico)?

Carbon Anche se alcuni mercati a reddito fisso come l’India e la Thailandia restano interessanti, il 2011 in generale non sarà un buon anno per i bond asiatici. La crescita rimane forte, l’inflazione è sopra la media e continua a crescere, dando alle banche centrali un’ulteriore spinta per continuare ad alzare i tassi di interesse. Si aggiunga a questo la ripresa in atto negli Stati Uniti e la probabile fine del QE2 (programma di espansione monetaria) a giugno e le prospettive sono per un aumento dei tassi a medio e lungo termine anche negli Stati Uniti. Questo metterà ulteriore pressione sul rialzo dei tassi asiatici a più lungo termine. Crediamo che quest’anno le azioni dei mercati asiatici faranno molto meglio dei bond e continuiamo a stimare un apprezzamento del 5% – 6% per la maggior parte delle valute asiatiche nei confronti del dollaro, quest’anno.

WSI Come crede che la crisi nucleare in Giappone impatterà su Tokyo e sull’economia mondiale? Stimate un rallentamento del Pil asiatico, degli Usa e/o dell’Europa a causa del terremoto e dell’allarme nucleare?

Carbon Secondo le nostre stime il terremoto in Giappone avrà solo un impatto di breve periodo (1-2 mesi) sulla crescita e sul commercio in Asia, compreso il Giappone. Anche se la crisi ha portato a una distruzione della ricchezza nell’ordine del 4% – 5% del Pil del Giappone, gli sforzi di ricostruzione dovrebbero portare ad una maggiore crescita del Pil in futuro, piuttosto che a diminuirlo. Il terremoto di Kobe è un buon esempio. Nei 4 anni precedenti al terremoto del gennaio 1995, la crescita del PIL era in media dell’1%. Nei 5 trimestri successivi al terremoto (dal 2trim ’95 al 2trim ‘96) la crescita è stata 4 volte più veloce, circa del 4%.

WSI La crisi in Libia e le tensioni geopolitiche in Nord Africa e nei paesi arabi stanno spingendo il prezzo del petrolio ben al di sopra $100 (Wti). Con il prezzo a questi livelli, ci sarà un impatto negativo per l’economia mondiale? E in che modo verrà influenzato il Pil dell’Asia, degli Usa e dell’Europa? Quali sono le vostre stime per il Wti alla fine del 2011?

Carbon Prima di poter parlare dell’impatto che l’aumento del prezzo del petrolio avrà sulla crescita, ogni analista deve prima considerare se l’aumento del prezzo è causato da una maggiore domanda guidata dalla crescita del Pil o da contrazioni nel lato dell’offerta. Una contrazione dell’offerta danneggerebbe significativamente le economie dei vari paesi. Tuttavia, se l’aumento dei prezzi è guidato da un aumento della domanda, poco o nessun impatto economico sarà visto o sentito. Ecco perchè, tra il 2003 e il 2008, quando i prezzi del petrolio sono aumentati di un fattore pari a 5, raggiungendo i massimi storici, la crescita dei pil asiatici correva tranquillamente a un tasso del 7% annuo, almeno fino al crollo di Lehman Brothers nel settembre 2008. In questo caso era stata la crescita a spingere i prezzi, non viceversa.

La ripresa dei mercati asiatici a forma di V, a seguito alla crisi finanziaria globale, corrisponde perfettamente con il movimento dei prezzi del petrolio. Tra gennaio 2009 (quando l’Asia e i prezzi del petrolio hanno toccato i minimi) e febbraio 2011, il prezzo del Brent è salito a $100 il barile da $40. Crediamo che questa crescita di $60, sia motivata unicamente da una forte crescita della domanda, soprattutto dai mercati asiatici. Dal febbraio 2011 poi, il prezzo del Brent è aumentato di altri $20 a circa $120 al barile. Quest’ultimo aumento può essere attribuito ad una contrazione dell’offerta o alla paura di una contrazione. Pertanto, dell’aumento totale di $80 al barile dal gennaio 2009, solo il 75% è basato sulla domanda e quindi, da una prospettiva asiatica, c’è da temere più di quanti credano. Ovviamente, anche dal punto di vista degli Stati Uniti, l’aumento dei prezzi del petrolio fa male. Infatti, non è stato l’aumento della domanda dagli Stati Uniti a spingere i prezzi al rialzo, ma una forte domanda asiatica e i consumatori americani si troveranno a pagare prezzi più elevati alla pompa di benzina.

Infine, qualora nei paesi MENA (Medio Oriente e Nord Africa) dovesse tornare la stabilità, l’ultimo aumento di $20 potrebbe facilmente scomparire, portando il Brent attorno i $100 al barile. Tuttavia, nel corso dei prossimi 3-5 anni e oltre, secondo le nostre stime, è ragionevole prevedere un aumento di $10 – $15 all’anno del prezzo del greggio. Le nostre stime si basano sulle aspettative di una forte crescita economica in Asia e su un aumento della classe media, che aggiungerebbe un ulteriore pressione nel consumo pro-capite di petrolio. Al momento, il consumo di petrolio pro-capite in Cina è solo 1/10 di quello degli Stati Uniti, mentre in India è solo 1/20. Pertanto, il Brent dovrebbe attestarsi attorno i $110 al barile alla fine del 2011, anche qualora la stabilità dovesse tornare nei paesi MENA. Entro la fine del 2013, stimiamo che il Brent costerà circa $30 in più, ovvero $140 al barile.