Roma – Lo scivolone del dollaro continua, all’indomani della decisione della Fed di lasciare i tassi invariati al minimo storico e soprattutto di non eliminare dal comunicato la frase secondo cui il costo del denaro verrà mantenuto a tali livelli “per un periodo esteso di tempo”.
L’indice che misura la performance del biglietto verde contro le principali valute si attesta al momentoa quota 73, dopo essere sceso a un nuovo minimo degli ultimi tre anni a 72,8 punti nelle contrattazioni overnight.
A questo punto, gli speculatori scommettono sulla possibilità che presto l’euro, che sopra la soglia dei $1,48 è al massimo degli ultimi 16 mesi contro il biglietto verde, arriverà ben presto a toccare la soglia psicologica a quota $1,50.
Il dollaro non è sceso però solo nei confronti della moneta unica, ma anche verso le altre valute; il dollaro australiano si è attestato per esempio al massimo degli ultimi 29 anni superando la soglia a quota $1,0900 e a questo punto, secondo un articolo di Reuters, potrebbe superare anche quota $1,10.
Oltre al fattore Bernanke, che ha confermato la politica ultra-accomodante della Fed, a pesare sul biglietto verde secondo i trader e gli analisti è comunque anche la diversificazione delle riserve valutarie da parte delle banche centrali asiatiche, che starebbero guardando con interesse all’euro.
“Tutti sembrano scommettere sulla debolezza del dollaro, e la scommessa appare anche abbastanza sicura”, ha commentato a Reuters Niels Christensen, strategist del mercato valutario di Nordea, a Copenhagen. Per l’esperto, non è dunque azzardato ritenere che l’euro arriverà a toccare la soglia a $1,50 la prossima o tra due settimane.
Da segnalare intanto che l’indice che misura il dollaro ha perso quasi il 4% questo mese, avvicinandosi al record minimo di sempre, che corrisponde a quota 70,698, testato nel marzo del 2008.