Dice Angela Merkel che non si possono avere una valuta comune e vacanze diverse. E, dal punto di vista economico, ha in apparenza ragioni solide. Ci sono Paesi, nell’Eurozona, che lavorano di più, che hanno una produttività generale più alta di altri e ciò crea tensioni nella capacità competitiva delle diverse economie e sbilanciamenti interni alla zona euro.
Così come l’età pensionabile andrebbe alzata in tutta Europa verso i 67 anni, il limite intorno al quale si sta muovendo la Germania, secondo lei anche la quantità di vacanze andrebbe resa più «tedesca» ovunque. «Non possiamo avere una valuta — ha detto ad alcuni membri del suo partito la cancelliera — e allo stesso tempo alcuni che hanno molte vacanze e altri che ne hanno meno». La sua intenzione era quella di segnalare ancora una volta le differenze che ci sono tra il Nord e il Sud dell’Europa.
Calcolare esattamente i «diritti» alla vacanza in ogni Paese è complicato: variano, c’è un minimo ma poi i giorni di ferie maturano in base all’anzianità di lavoro, in molti casi si considerano gli impieghi logoranti e li si compensano con più ferie. In effetti, però, se si considera il diritto minimo di legge, in Germania i lavoratori usufruiscono di 30 giorni tra ferie e feste nazionali e religiose. Mentre i greci di 37, gli spagnoli di 36, i portoghesi di 35. I mediterranei sono insomma più festaioli, anche se l’Italia, con 31 giorni, è già un’eccezione.
Tutto si complica, però, quando si scopre che i finlandesi — nordici, efficienti e solidissimi nell’euro — si godono come minimo 40 giorni di riposo all’anno, come i francesi e — per dire — i brasiliani (41). Anche agli austriaci e agli svedesi non va male: rispettivamente 38 e 34 giorni tra ferie minime e feste comandate. Il problema è che la cartolina dei mediterranei distesi sulla spiaggia con il bicchiere di vino e il fritto di pesce funziona sui giornali tabloid. Ma stimola una domanda crede davvero Frau Merkel che, nel nome dell’euro, i greci e gli spagnoli, ma anche i finlandesi e i francesi, vogliano diventare tedeschi anche quando pensano alle vacanze? È davvero, questo, un indice di competitività?
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