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Capitali in Svizzera

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Oscurata dal (giusto) clamore mediatico per la crisi dei mercati e la stangata di Ferragosto, dalle nostre parti la notizia è passata quasi inosservata. Eccola: Germania e Svizzera hanno firmato un’intesa per tassare e regolarizzare i capitali esportati illegalmente nella Confederazione dai cittadini tedeschi. È una sorta di scudo fiscale, che, in aggiunta, prevede che a partire dal 2013 le banche elvetiche dovranno segnalare i depositi provenienti dalla Germania.

Questi capitali verranno tassati con un’aliquota del 26 per cento. Uno scudo, certo, ma con una grossa differenza rispetto a quello varato per la prima volta nel 2003 fa da Giulio Tremonti, allora come oggi ministro dell’Economia. Già, perché gli evasori fiscali tedeschi per mettersi in regola dovranno pagare una penale compresa tra il 19 e il 34 per cento della somma a suo tempo sottratta al fisco. In Italia, invece, Tremonti garantì ponti d’oro a chi aveva truffato lo Stato. E così, chi ha riportato a casa il malloppo, se l’è cavata con una penale del 2,5 per cento sul totale dei capitali nascosti in Svizzera o in altri paradisi off shore. Nel 2009, quando il governo Berlusconi varò la sua seconda amnistia fiscale, l’aliquota salì al 5 per cento, comunque molto lontana dalla stangata decisa dai tedeschi.

La differenza di trattamento aiuta a capire perché, nonostante la propaganda di Tremonti sull’attacco alle “caverne di Ali Babà” (folcloristica definizione coniata dal ministro), in questi ultimi anni gli italiani non abbiano affatto smesso di fare la fila per parcheggiare i loro soldi a Chiasso e Lugano, oppure, per i più sofisticati, a Ginevra e Zurigo. È vero, in questi ultimi due, tre anni il fisco ha messo a segno alcuni ben pubblicizzati colpi contro qualche milionario di fama: sportivi, cantanti, attori, imprenditori. Tutti sanno, però, che le probabilità di essere scoperti sono molto ridotte. E comunque sono convinti (a ragione, visti i precedenti) che prima o poi arriverà una provvidenziale amnistia per chiudere a poco prezzo i conti con il passato. Allora c’è poco da sorprendersi se in questi giorni di grande confusione moltissimi italiani non possono proprio fare a meno di affidarsi al loro consulente svizzero.

Banchieri, fiduciari, avvocati, tutti pronti a dare buoni consigli a clienti vecchi e nuovi. Molti di loro hanno anche aderito allo scudo negli anni scorsi. E in questo modo si sono messi in regola, in modo anonimo e a poco prezzo. Salvo poi riportare i soldi al sicuro in Svizzera. In queste settimane c’è perfino chi segnala una corsa alle cassette di sicurezza degli istituti elvetici, che di certo sono un nascondiglio a prova di fisco ma anche di ladri, soprattutto quando si parte per un lungo soggiorno estivo e non ci si fida più della cassaforte casalinga. Sta di fatto che dopo due scudi siamo ancora al punto di partenza. Se il gioco si fa duro, e magari si corre il rischio di dover saldare il conto con il fisco, ecco che i soliti noti prendono la via di Lugano. Loro le tasse non le hanno mai pagate. E sono convinti di continuare così.

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