Torino – C’è una mutazione genetica all’origine della pedofilia. La causa dell’attrazione deviata di un adulto verso i bambini è il risultato del difetto di un fattore di crescita (la progranulina) coinvolto in numerosi processi fisiologici, ma anche patologici.
A rivelarlo per la prima volta al mondo è uno studio italiano compiuto dal dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino presso l’ospedale Molinette, in collaborazione con quello di Scienze neurologiche dell’Università di Milano. Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale «Biological Psychiatry» che sarà presentato e discusso in anteprima durante il congresso della Società italiana di Neurologia che si inaugura domani al Lingotto di Torino.
Di fronte a oltre 2500 specialisti di calibro internazionale verrà illustrato dal professor Lorenzo Pinessi, coordinatore dello studio, il caso di un uomo che dall’età di 50 anni ha iniziato ad avere comportamenti pedofili nei confronti della figlia di 9. Analisi a livello neurologico, oltre che psicologico, hanno permesso di scoprire nell’osservazione dei geni la mutazione della progranulina, sostanza fondamentale anche nel processo di differenziazione sessuale del cervello fin dal periodo intrauterino. Mutazione che produce un ridotto controllo degli impulsi e porta inoltre alla demenza frontale, malattia simile all’Alzheimer che l’uomo colpevole delle «attenzioni particolari» verso la figlia pre-adolescente ha poi sviluppato.
Un annuncio clamoroso: dimostra che lo studio di pazienti con malattie neurodegenerative anche rare permette di individuare possibili basi biologiche di alterazioni di comportamenti socialmente inaccettabili. La scoperta che verrà presentata a Torino apre nuove prospettive di ricerca, ma pone forse per la prima volta non solo la Medicina di fronte a un differente approccio alla malattia. Evidenti i potenziali risvolti etici e giuridici di una scoperta del genere.
«Aver dimostrato che la pedofilia è in larga misura legata a basi biologiche – sottolinea il professor Pinessi, che ha condotto lo studio con il collega Innocenzo Rainero, e in collaborazione con il professor Elio Scarpini dell’Università di Milano – significa dire molto non solo dal punto di vista medico, ma anche sociale». La pedofilia, che è un disturbo dell’eccitazione sessuale in cui si manifesta interessa per bambini in età prepuberale, può manifestarsi con esibizionismo, fino a sfociare nel sadismo o nel feticismo.
La ricerca torinese è il punto di partenza. Richiederà nuovi studi per estendere i risultati. Tutti i pedofili presentano la medesima mutazione genetica? «E’ possibile, ma dovrà necessariamente essere l’oggetto di ulteriori approfondimenti e altre dimostrazioni scientifiche», risponde Pinessi. Aver individuato che alla base della pedofilia c’è una causa neurobiologica significa però poter sostenere da subito che «esiste una possibilità di cura», come dimostra lo stesso caso di Torino: «Dopo alcune settimane di trattamento con farmaci neurolettici atipici antipsicotici accanto ad antidepressivi inibitori selettivi della serotonina il paziente ha cessato i suoi comportamenti pedofili», garantiscono gli studiosi del gruppo torinese.
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