New York – Da Mf Global a Goldman Sachs, da Unicredit a Bnp Paribas: è senza fine l’elenco di banche che hanno deciso di tagliare i loro organici. Tanto che per gli addetti ai lavori è ormai ovvio che stia succedendo qualcosa di nuovo. Ormai lo ammette anche Huw Jenkins, l’ex numero uno dell’investment banking di UBS a Londra. “Quello che sta avvenendo è un cambiamento strutturale – ha detto – L’industria si sta restringendo”.
Wall Street si è risollevata dalla crisi finanziaria del 2008. Lo ha fatto con un sostegno del governo senza precedenti, che ha coinvolto anche i prestiti della Federal Reserve, la banca centrale americana. Goldman Sachs aveva registrato nel 2009 utili record ed era tornata a distribuire bonus generosi ai suoi dipendenti a New York. Quel mondo oggi non esiste più.
Requisiti patrimoniali più insidiosi, voluti dalle Authority di mezzo mondo, e il fallimento della finanza creativa e dei suoi prodotti esotici stanno riscrivendo il settore finanziario d’America. Banche, assicurazioni e società di gestione in Europa hanno subito la carneficina peggiore, annunciando 105 mila licenziamenti solo quest’anno. Si tratta del 66 per cento in più di quanto avvenne nel 2008 durante il momento più buio della crisi, secondo quanto segnalato da Bloomberg News.
In totale quest’anno sono oltre 200 mila i posti eliminati. Le 50 mila posizioni saltate in Nord America quest’anno sono più del doppio di quelli dello scorso anno, ma ancora 175mila in meno rispetto al 2008. Il problema come segnala John Purcell, fondatore della società di investimento Purcell&Co è il senso di smarrimento.
“Chi lavorava nella City a Londra dal 1985 non ha idea di cosa poter fare adesso”. E lo psichiatra Neil Brener conferma: “Di fronte alle prospettive di poche opportunità di lavoro, le persone tendono ad essere maggiormente frustrate, non sanno come reagire e così finiscono per sentirsi in trappola”.