Roma – Un pacco bomba e’ esploso nell’agenzia delle entrate Equitalia a Roma intorno alle 12:30. L’ordigno era contenuto in un pacco postale.
Il plico e’ stato recapitato via posta e durante l’esplosione ha ferito alla mano e a un occhio il direttore generale del gruppo. Indaga la Digos. Sul posto sono intervenuti anche gli artificieri.
Ancora non si sa se la deflagrazione, avvenuta in via Andrea Millevoi 10, ha fatto altre vittime.
Ad ora non sono state fatte rivendicazioni. Il procuratore aggiunto di Roma, Pietro Saviotti, ha formulato l’ipotesi di attentato per finalità di terrorismo. Si pensa alla galassia anarco-insurrezionalista italiana, di recente protagonista con l’invio di pacchi bomba ad ambasciate e sedi diplomatiche.
Equitalia si occupa della riscossione delle imposte e si trova in zona Cecchignola.
Appena pochi giorni fa, in via Ajaccio, non lontano dall’Università Luiss, era stato ritrovato nascosto presso una vettura un ordigno confezionato con gelatina da cave.
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(aggiornamento)
Pacco bomba, la rivendicazione della Fai: faremo la guerra alle banche
Nel volantino minacce e appelli. La sigla è apparsa quasi dieci anni fa: colpisce soprattutto nel periodo delle feste.
di Fiorenza Sarzanini
ROMA – Il volantino custodito nel pacco recapitato tre giorni fa al presidente della Deutsche Bank Josef Ackermann parla esplicitamente di «bombe in viaggio in questi giorni» e inneggia alla «nuova guerriglia anarchica». Quello ritrovato nel plico esploso ieri sulla scrivania del direttore generale di Equitalia Marco Cuccagna ha soltanto una frase differente all’inizio, ma per il resto è identico. Tanto basta per confermare un’unica matrice per Roma e Francoforte. E dunque appare più che probabile un nuovo attentato, visto che negli scritti si annunciano «tre esplosioni» e si minaccia «morte alle banche che strangolano i popoli».
Federazione anarchica informale, Fai: ecco la sigla che ormai da quasi dieci anni compare con le sue «campagne scoppiettanti» almeno una volta l’anno e preferibilmente nel periodo che precede le festività natalizie, quando i controlli negli uffici postali sono meno drastici perché l’attività è più intensa e gli involucri sospetti sfuggono con maggiore facilità alle verifiche dei funzionari addetti. Questa volta l’obiettivo sono le «banche, i banchieri, le zecche e le sanguisughe», dunque lo scenario è quello della crisi economica. La «cellula» che sigla la rivendicazione non era mai comparsa prima e si chiama «free Eat e Billy» in onore di due giovani anarchici indonesiani arrestati il 7 ottobre scorso per aver incendiato un bancomat a Yogyakarta e tuttora detenuti.
Dopo aver inneggiato alla «libertà e felicità per il nostro fratello Gabriel Pombo da Silva», rivoluzionario che risulta vivere in Germania, nel volantino si annuncia come «con queste piccole ma determinate azioni noi della cellula italiana Eat e Billy aderiamo alla nuova internazionale anarchica, alla federazione Fai e al Fronte rivoluzionario internazionale». Poi il messaggio che invita altri a condividere attivamente queste campagne: «Non abbiamo bisogno di specialisti dell’azione, chiunque può armare le proprie mani, chiunque può assimilare il proprio pacco regalo». Infine il proclama: «Guerra all’Europa dei banchieri, morte alle sanguisughe che ci governano».
In passato altre cellule che dichiaravano di aver aderito alla Fai avevano protestato contro il Fies, il regime di carcere duro in vigore in Spagna; avevano solidarizzato con i colleghi detenuti in Cile e in Svizzera; avevano appoggiato le campagne ecoterroriste di chi aveva fatto saltare tralicci e spedito esplosivi ai funzionari di laboratori per l’energia nucleare. E ancora: avevano chiesto «la chiusura dei nuovi campi di concentramento nel civilissimo Occidente», facendo recapitare un pacco bomba al direttore del Cie, il centro di identificazione ed espulsione per gli immigrati che si trova a Gradisca; avevano provocato un’esplosione nell’università Bocconi di Milano. Si erano mostrati capaci di organizzare spedizioni multiple in diversi Paesi europei con una sincronia che aveva consentito loro di colpire istituzioni diverse, sia pur collegate, come in occasione delle spedizioni di pacchi bomba contro gli obiettivi della Ue, che coinvolse anche l’allora presidente della Commissione Romano Prodi. E soprattutto avevano sempre dedicato le loro azioni a «compagni detenuti».
Il mittente dei due pacchi arrivati finora è «Via Giuseppe Mazzini, Milano», indirizzo che serve solo a richiamare la figura del rivoluzionario diventato un simbolo per gli anarchici. Lo scritto era custodito in un piccolo cilindro di plastica, protetto per avere la garanzia che fosse recuperato anche in caso di esplosione. Lo scopo appare evidente: dare il massimo risalto alla «campagna» e soprattutto ai bersagli scelti. E, dunque, se non appare casuale a scelta di chiedere la libertà per «Eat e Billy», ugualmente indicativo secondo gli specialisti dell’Ucigos della polizia e del Ros dei carabinieri è il riferimento finale alle «Ccf, cospirazione delle cellule di fuoco» formazione greca che da tempo è un riferimento per gli anarchici di tutto il mondo.
Il 22 novembre scorso su diversi siti internet antagonisti è stato diffuso un lungo volantino in cui alcuni detenuti spiegano come «la Ccf non è un’organizzazione o semplicemente un gruppo. Al contrario, è l’espressione antagonista della rabbia e del disprezzo di fronte al Potere ed alle sue strutture» e incitano a colpire perché «per ampliare la Ccf, le uniche cose di cui hai bisogno sono benzina, fiammiferi e il desiderio di lottare per la libertà totale». Il timore degli analisti è che anche il terzo pacco possa essere recapitato nel nostro Paese, ma l’ipotesi non appare affatto scontata proprio perché l’intenzione dichiarata nel volantino di rivendicazione dei due pacchi esplosi nelle ultime ore appare quella di dar vita a una campagna internazionale. E infatti la scelta dei responsabili della sicurezza è stata quella di potenziare la sorveglianza in tutti i luoghi simbolo della gestione del credito in Europa, ma anche negli Stati Uniti con una segnalazione particolare alle autorità indonesiane.
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