Mitt Romney vola in New Hampshire e col 39-40% dei voti si aggiudica le primarie del ‘Granite State’. Dietro tiene solo Ron Paul, che col 23% raddoppia le preferenze ottenute quattro anni fa. Emerge anche Jon Huntsman, che piazzandosi al terzo posto esce dall’ombra e continua a sperare in una rimonta.
Forte delusione invece per l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, finito quarto, e per l’eroe dell’Iowa Rick Santorum, solo quinto. La netta vittoria di Romney rispetta ampiamente le previsioni della vigilia. “We believe”, “Noi ci crediamo”: “Stasera abbiamo fatto la storia” e “col nostro messaggio vinceremo”, ha esultato l’ex governatore del Massachusetts, rivolgendosi ai fan in delirio per un risultato che lo incorona sempre più come il superfavorito in vista della sfida a Barack Obama.
Anche se il momento della verità sarà quello del prossimo 21 gennaio in South Carolina, dove Romney dovrà lottare molto di più per imporsi, e dove i suoi avversari si giocheranno le ultime chance per restare in corsa. A cominciare da Ron Paul, il candidato settantaseienne che in New Hampshire è stato protagonista di un vero e proprio exploit, per il quale deve ringraziare soprattutto gli elettori più giovani e gran parte degli elettori che sono dichiarati ‘indipendenti’.
Nel 2008 nello stesso Stato Paul aveva ottenuto l’8% delle preferenze, con circa 18.000 voti: oggi ha più che raddoppiato tale risultato. Un vero e proprio boom che autorizza l’ottimismo dello ‘zio picchiatello’, come viene chiamato nell’ambiente. Questo per le sue posizioni spesso estreme e un po’ bizzarre, come quella di abolire la Nato e l’Onu.
Ma anche per la sua feroce critica di molti dei poteri forti: vedi la Federal Reserve, le cui prerogative – secondo Paul – andrebbero fortemente ridimensionate. “Ci considerano pericolosi perché siamo contro lo status quo”, ha detto tra l’entusiasmo dei sostenitori che scandivano “Rivoluzione, Rivoluzione”. Poi rivolto al vincitore: “Ti stiamo alle calcagna”.
Un vero e proprio avvertimento in vista del prossimo appuntamento. Anche Romney rispetto alle primarie del 2008 ha migliorato il suo risultato in New Hampshire. Allora, infatti, si era fermato al 35% con 75.000 voti circa. Ma stavolta ha battuto anche alcuni record, come essere il primo repubblicano dal 1976 a vincere i primi due appuntamenti delle primarie. Ed il primo in assoluto a vincerli non da presidente uscente.
“Il nostro futuro ora è più luminoso”, ha detto il miliardario mormone, festeggiando la vittoria e parlando ormai da vero e proprio sfidante di Obama. Il suo attacco all’attuale inquilino della Casa Bianca è stato infatti uno dei più duri di questa sua campagna elettorale: “Il presidente Obama oramai non ha più idee né scuse”. “We believe”, “Noi ci crediamo. Crediamo di poter ridare degli ideali all’America, di restituirle quei principi che ne hanno fatto un grande Paese”, ha assicurato Romney, promettendo di abolire sia i provvedimenti del presidente “che uccidono i posti di lavoro”, sia l’ ‘Obamacare’, la riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente democratico. Una vittoria di Romney in South Carolina potrebbe a questo punto rivelarsi decisiva.
E’ chiaro che il prossimo sarà l’appuntamento in cui la rosa dei candidati repubblicani si sfoltirà decisamente, lasciando in gara solo chi ha realmente i numeri. Alcune voci parlano già di un possibile ritiro di Gingrich, che alla fine potrebbe decidere di appoggiare Santorum.
Sempre più vicino all’addio, invece, l’ex governatore del Texas Rick Perry, arrivato ultimo in New Hampshire dopo il pessimo risultato ottenuto anche in Iowa. E’ l’unico candidato che non ha atteso la fine dello scrutinio nel Granite State: è già volato in South Carolina dove punta tutte le sue ultime carte e spera in una disperata rimonta.
ROMNEY ANNUSA NOMINATION, SERA STORICA
dell’inviato Marcello Campo
”Questa sera facciamo la storia”. Mitt Romney sente di aver ormai la nomination in tasca. Una settimana fa, seppur di misura, aveva vinto nel lontano Iowa. E ora, malgrado gli attacchi furibondi delle ultime ore, si aggiudica anche il New Hampshire con un dato che sfiora il 40%, ben oltre quella soglia psicologica del 30% che lo avrebbe messo in grossa difficolta’ tra gli strateghi del Grand Old Party.
Una doppietta che lo lancia spedito verso la prossima tappa, a questo punto forse decisiva, del 21 gennaio in South Carolina. Accompagnato dalla famiglia onnipresente, si presenta sul palco di un padiglione della lussuosa Southern New Hampshire University di Manchester pochi minuti dopo che le maggiori catene tv hanno sancito il suo trionfo.
Di fronte a lui, una folla selezionatissima di fan, ma anche di grandi finanziatori. Tra loro manager di successo, signore con tacchi vertiginosi e gioielli da far girare la testa, ragazzi in blazer e cravatte regimental, usciti dalle migliori universita’ dell’Ivy League. Un pezzo di quel 1% di supericchi, formato da finanzieri e banchieri, contro cui un il movimento di Ocupy Wall Street manifesta da mesi in tutti gli States.
Alcuni di loro sono qui, fuori dalla sala, a chiedere che i ”soldi stiano fuori dalla politica”. E basta vedere la lunga fila di Escalade, Jaguar e Mercedes parcheggiate accanto a loro per capire qual e’ il suo mondo il riferimento.
Selezionata anche la stampa: nel grande salone in cui parla Romney entrano solo i giornalisti accreditati da tempo. Per il restante popolo itinerante dei media e’ allestita una comoda sala dove Mitt e’ visibile solo in tv. In trenta minuti lancia alcuni messaggi molto chiari. Il primo ai suoi concorrenti. Senza mai citarne uno per nome. invita pero’ tutti a smetterla di screditarlo: ”Non giocate a favore di Obama. Negli ultimi giorni ho visto alcuni repubblicani disperati unirsi a lui. Un errore per il nostro partito e per la nostra nazione. Questo Paese ha gia’ un leader che tenta di dividerci con una politica piena d’odio e d’invidia”.
Quindi rivolge un appello agli elettori del South Carolina: ”Da qui chiediamo alla brava gente del sud di unirsi ai cittadini del New Hampshire per fare del 2012 l’anno del fallimento di Barack Obama”.
Un discorso forte, in cui ha ripreso un tema a lui caro, la polemica contro il Vecchio Continente incapace di superare la crisi, riecheggiando una sorta di isolazionismo made in Usa un po’ anacronistico. ”Obama vuole farci diventare un Paese europeo”, attacca Romney. Dentro la sala scoppia l’applauso. E ritma ‘Mitt’, Mitt’.
In sala stampa, tanti cronisti europei, si guardano sbigottiti. E poi la loro protesta vola su Twitter. Katty Kelly della Bbc: ”Mi piacerebbe vedere come Romney si presentera’ al suo primo tour tra i paesi socialisti che secondo lui costituiscono l’Ue, una realta’ in cui evidentemente non crede”. Un altro cronista: ”Continua a denigrare ‘cosa l’Europa e’ diventata’, ma lo sa che la Germania ha una disoccupazione al 5,5%?”.
Ma sono polemiche che non lo sfiorano. Ormai sembra il predestinato, piaccia o non piaccia a sfidare Obama. Del presidente forse non ha il carisma, ma certamente il look. Tempo fa, Clint Eastwood, repubblicano ma fan di Ron Paul disse di lui: ”Se dovessi fare un film sull’inquilino della Casa Bianca sceglierei lui come attore principale”.