Washington – L’Iran impiegherebbe “circa un anno” a produrre sufficiente uranio arricchito per una bomba atomica se decidesse di acquisire l’arma nucleare, ha detto ieri sera il capo del Pentagono Leon Panetta, secondo il quale gli Stati Uniti faranno “tutto il necessario” per impedirlo.
“Se decidessero di farlo, gli iraniani impiegherebbero circa un anno per essere in grado di produrre una bomba, ed altri uno o due anni per montarla su un vettore” come un missile, ha affermato il segretario americano alla Difesa durante il programma tv della Cbs ’60 Minutes’.
“Gli Stati Uniti, ed il presidente Obama è stato chiaro su questo, non vogliono che l’Iran sviluppi un’arma atomica”, ha sottolineato Panetta. Su un eventuale intervento militare il capo del Pentagono si è limitato ad affermare che “tutte le opzioni sono sul tavolo”.
TEHERAN MINACCIA, STOP PETROLIO VERSO UE – La minaccia, attesa, l’ha pronunciata il ministro del petrolio iraniano: “Presto taglieremo le esportazioni di greggio verso alcuni paesi”, e che si tratti di paesi Ue non è nemmeno tanto sottinteso.
Teheran ha atteso qualche giorno prima di reagire con questa formula così precisa alla decisione presa a Bruxelles la scorsa settimana che sancisce l’embargo petrolifero europeo contro l’Iran, e lo ha fatto nel giorno in cui sono giunti nel Paese gli osservatori dell’Aiea (Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica), per la cui missione, invece, il ministro degli Esteri Ali Akbar Salehi si è detto “ottimista”.
Da Addis Abeba, al summit dei capi di stato e di governo dell’Unione Africana, Salehi tornava a garantire lo spirito di collaborazione e la trasparenza dell’Iran nei confronti dell’Aiea affermando che gli ispettori dell’agenzia Onu riceveranno risposta alle loro domande. Intanto, a Teheran il disegno di legge preparato da un gruppo di parlamentari per chiudere subito i rubinetti del petrolio subiva un rallentamento dell’iter parlamentare.
Ma, in compenso, si decideva di dare maggiori ‘dettagli’ su quali siano le intenzioni di Teheran verso l’Europa, togliendo i condizionali usati nei giorni scorsi e restringendo il campo ad “alcuni”, precisi, obiettivi.
Tra questi non può che esserci anche l’Italia, tra i paesi europei con i maggiori interessi in Iran, attraverso l’Eni, secondo gli esperti del settore. Il colosso energetico italiano ha comunque a più riprese sottolineato che dall’embargo è escluso il diritto dell’Eni di ritirare una quota di petrolio legato ai contratti di buy-back siglati tra il 2001 e il 2002 per lo sviluppo dei giacimenti South Pars e Darquain, che proseguiranno fino ad esaurimento, al di là della data del primo luglio.
In particolare -hanno assicurato i vertici dell’azienda- l’Eni riceverà forniture di greggio per un valore complessivo di circa 1,5 miliardi di dollari da qui al 2014.
Teheran lancia messaggi anche sulla possibile ripresa dei negoziati con il gruppo dei 5+1 (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania), che potrebbero presto svolgersi a Istanbul dove si interruppero un anno fa. Sempre Salehi ha annunciato che il capo negoziatore iraniano, Said Jalili, scriverà “presto” al capo della diplomazia dell’Ue per convenire una data e una sede per i nuovi incontri.
“I prossimi colloqui saranno di successo perché penso che l’altra parte abbia interesse a trovare un modo per sistemare la questione” in una maniera appropriata, ha detto il ministro degli Esteri. Toni più taglienti sono invece quelli del presidente del Majlis Ali Larijani, anche lui in trasferta ma in Indonesia per l’assemblea dell’Unione Interparlamentare Islamica.
Agli ispettori dell’Aiea ha chiesto di svolgere un lavoro “tecnico” e “professionale”, e che la visita rappresenta un “un test” per l’Aiea, in vista di cooperazioni future. Ma se l’Aiea si trasforma in uno strumento politico nelle mani dell’Occidente, ha aggiunto, allora l’Iran sarà obbligata a riconsiderare i suoi rapporti con l’agenzia.
La delegazione dell’Aiea, guidata dal belga Herman Nackaerts e composta anche dal numero due dell’Aiea Rafael Grossi, sbarcata di prima mattina all’aeroporto di Teheran, potrebbe effettuare anche una visita nell’impianto per l’arricchimento dell’uranio di Fordow, costruito in un bunker sotto una montagna e che per questo molto preoccupa gli strateghi del Pentagono e dove, è stato ufficialmente annunciato il 9 gennaio scorso, è già cominciato l’arricchimento dell’uranio fino al 20%, per usi medici e civili.