Milano – Se anche Confindustria, attraverso il quotidiano che controlla, ha deciso di rompere gli indugi sul tema del credito significa che, sulla scorta dei tanti esempi che stanno piovendo in redazione e vengono pubblicati anche oggi sul dorso ‘Impresa e Territorio’, si è resa conto che continuare a sorridere all’ABI senza mai metterla di fronte ai problemi reali avrebbe intaccato il rapporto con gli associati che si aspettano ben altra assistenza.
E’ molto probabile che aperte le chiuse della diga si riverseranno sul Sole 24 Ore decine e decine di esempi di come le banche maltrattino le imprese all’interno del processo di concessione del credito. A giudicare dai primi casi pervenuti e pubblicati stiamo ancora affrontando la periferia del problema.
Il centro del piatto sul tema del credito e’ un altro: riguarda i costi (spread) moltiplicati senza una vera giustificazione, ma solo a fini di costruzione di margini nel conto economico 2012 delle banche. Sono i crediti negati per un’esagerata avversione al rischio a tutta una fascia d’imprese il cui unico torto è avere un rating (giusto o sbagliato?) non brillante, sono le ristrutturazioni gestite con troppa cautela e lentezza. Vedrete che alla fine leggeremo poco di questi che sono i veri problemi.
Una cosa invece traspare dalle prime lettere che vengono pubblicate sul dorso ‘Impresa e Territorio’: una dose di maleducazione e arroganza da parte dei rappresentanti del sistema bancario nel gestire richieste che sono sempre a cavallo tra l’impresa e la salute finanziaria di una o più famiglie.
Pur avendo sempre preso posizione a favore del personale delle reti bancarie -ma nei confronti dei vertici- sono anch’io conoscenza di una certa tendenza grossolana a comunicare con la clientela che sconfina in modi a dir poco sgarbati o minacciosi, soprattutto quando si tratta di dare cattive notizie, o peggio quando si tratta di intervenire per recuperare un credito incagliato.
Ecco, questa cosa mi disturba nelle lettere dei lettori del Sole. Si può negare un credito, ma spiegando le ragioni, si possono chiedere garanzie straordinarie, ma non insistere su situazioni manifestamente scorrette da un punto di vista commerciale (polizze assicurative, pegni…), si può chiedere il tempo per analizzare una richiesta, ma 3 o 4 mesi sono un insulto verso il richiedente. Si può condannare al fallimento una piccola impresa familiare -come è successo a miei clienti- ma non ci si può dimenticare di avere comprensione per le vicende umane e dimenticarsi di dire ‘mi spiace’.
Ecco questo non va bene, il credito può essere difficile, selettivo, esigente ma non sgarbato. Esiste una strisciante corrente di pensiero radicata da molto tempo nelle banche, in un certo tipo di bancari, che prevede totale libertà e impunità nei confronti dei clienti deboli e peggiori, che fa coppia con il servilismo verso i clienti grandi e potenti. Alcuni bancari adottano senza pudore queste cattive abitudini, molti altri per fortuna no. Non resta che appellarsi alla maggioranza perché proprio in questa fase così difficile nei rapporti con le piccole imprese scelgano una linea trasparente, educata e comprensiva dei gravi problemi altrui per dare alle banche un’immagine migliore.
Chiudo con la consueta punzecchiatura verso il rappresentante delle banche. Le risposte del Direttore Generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, ospitate nella stessa sezione del Sole24Ore, in mezzo a così tanti casi di ‘cattiva banca’ fanno quasi tenerezza.
Messi con le spalle al muro da questa inattesa emersione di verità, le banche hanno dovuto rapidamente abbandonare la prima linea di difesa basata sulla negazione del problema (“il credito è sempre cresciuto”) ripiegando sulla seconda: ‘le banche vorrebbero fare credito, ma hanno tanti problemi… lo spread, l’EBA…’
Prima o poi l’ABI riuscirà a trovare una linea di comunicazione e di difesa migliore, anche se temo verrà sotterrata dai nuovi esempi che arriveranno nella casella postale del Sole.
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