Roma – Il governo Monti dà una secca accelerata sulla riforma fiscale. Il nuovo testo sulle misure da introdurre sarà discusso in pre-Consiglio dei ministri già domani, mentre il varo definitivo è previsto per venerdì. Per gli interventi da mettere in campo dovrebbe essere previsto un doppio binario: da una parte un decreto legge contenente le decisioni urgenti da emanare entro la settima, dall’altra un disegno di legge per i provvedimenti a più largo respiro.
Sarebbe così superato il percorso tracciato dalla legge delega avviata dall’ex-ministro Tremonti (“La useremo, ma intendiamo andare oltre” aveva d’altra parte annunciato il premier Monti).
Gli obiettivi che il governo intende raggiungere attraverso i due canali sono ambiziosi, a partire da un riduzione di tre punti della prima aliquota Irpef (dal 23 al 20 per cento) da finanziare attraverso i proventi della lotta all’evasione fiscale (stimati in 11 miliardi di maggiori entrate, metà dei quali utilizzata per coprire il taglio delle tasse).
Ma nella riforma fiscale dovranno trovare posto anche gli interventi destinati a scongiurare il nuovo aumento dell’Iva e il taglio indiscriminato alle 720 agevolazioni fiscali previste per famiglie e imprese. Il governo è al lavoro per dividere quelle “intoccabili”, destinate a famiglie e pensionati, da quelle sulle quali si può intervenire. Nuove entrate sono attese da una revisione degli estimi catastali (in particolare nelle grandi città) e dai tagli alla spesa pubblica sui quali sta lavorando il ministro Piero Giarda. Il decreto potrebbe contenere anche l’applicazione dell’Ici sui beni della Chiesa (saranno esentati solo quelli in cui si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale) e l’abolizione dell’Agenzia per il Terzo settore.
L’imposta sul reddito
Un taglio alle tasse grazie ai proventi della lotta all’evasione. Il testo sulla riforma fiscale che il governo si prepara a varare metterà nero su bianco questo principio già annunciato più volte dall’esecutivo. Ora ci sono anche le cifre: dalla lotta all’evasione, Palazzo Chigi stima di recuperare circa 11 miliardi , metà dei quali destinati appunto ad alleviare il carico fiscale delle famiglie. Si parla quindi di una copertura di 5 miliardi e mezzo che, nelle intenzioni del governo, dovrebbero permettere di abbassare di tre punti la prima aliquota (che passerebbe dal 23 al 20 per cento), quella applicata ai redditi compresi fra i 7 e i 15 mila euro. Oltre al taglio delle aliquote un’altra ipotesi di intervento prevede una possibile modifica delle detrazioni. In questo caso i proventi ottenuti grazie alla lotta all’evasione sarebbero in un primo tempo destinati ad un Fondo cui attingere successivamente per finanziare le maggiori detrazioni applicate. Il taglio delle tasse finanziato attraverso una lotta all’evasione ed elusione fiscale è, d’altra parte, un cavallo di battaglia dell’esecutivo in carica e una delle misure a più alto tasso di popolarità. Ciò spiega la risonanza data ai blitz contro gli evasori messi in atto in questi giorni dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. Le nuove norme di controllo introdotte, dalla tracciabilità dei pagamenti al monitoraggio dei movimenti bancari hanno già prodotto un effetto deterrenza, anche se – per avere un primo bilancio dell’andamento del gettito – bisognerà aspettare i risultati dell’autotassazione di maggio e giugno.
Il nodo Iva
Disinnescare la mina di un possibile aumento dell’Iva. Alla fine dello scorso anno, sotto l’emergenza di un bilancio da risanare, il governo ha messo in campo la possibilità di varare un secondo aumento dell’Iva dopo quello già applicato con la precedente manovra estiva. Si tratterebbe di un aumento di due punti percentuali che scatterebbe a partire dal prossimo mese di ottobre e che porterebbe l’aliquota intermedia dal 10 al 12 per cento e quella più alta dal 21 al 23%. Un aumento che dovrebbe restare immutato per tutto il 2013 e registrare un ulteriore ritocco di mezzo punto nell’anno successivo. L’operazione fu annunciata dal governo in carica per evitare che scattassero i pericolosi tagli lineari del cinque per cento su tutte le agevolazioni fiscali previste dall’ex ministro Tremonti in caso di emergenza-bilancio. Ma l’ipotesi di un intervento sull’Iva , considerato il clima di recessione, è visto come fumo negli occhi sia dai commercianti che dai consumatori che temono l’effetto inflattivo della misura sui bilanci delle famiglie. Lo stesso premier Monti, d’altra parte, sembra perplesso sulla possibilità di utilizzare questa leva e ha più volte detto di voler valutare una revisione della norma. Per poterlo fare però il governo – tramite la riforma fiscale e gli interventi di taglio alla spesa – deve recuperare 4 miliardi per quest’anno e 16 per il prossimo. La strada per recuperare i fondi necessari dovrebbe passare attraverso il taglio agli sgravi tributari e all’operazione di “spending review” affidata al ministro Giarda che dovrebbe essere pronta nel giro di tre mesi.
Le agevolazioni
La marea di agevolazioni fiscali di cui famiglie e imprese possono oggi usufruire va ridotta. Sul fatto che siano troppe e non tutte giustificabili sono ormai tutti d’accordo: si tratta di 720 diverse tipologie di sgravi per un valore totale di 161 miliardi. Non possiamo più permettercele. Il lavoro sui tagli da applicare era in realtà già stato avviato da Tremonti, ma il precedente governo, aveva definito – in caso di fallimento della manovra di riduzione – una cura da cavallo destinata a stroncare i redditi delle famiglie (quelle dei lavoratori dipendenti in particolare): si parlava infatti di un taglio orizzontale per tutte le agevolazioni del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento nel 2014. Niente sconti per nessuno: lo stesso trattamento sarebbe stato riservato alle agevolazioni per carico familiare come a quelle riservate per il mantenimento dei palazzi storici. Il governo Monti ha stoppato questa possibilità di taglio incondizionato riservandosi l’eventualità di un pur pesante intervento sull’Iva (che vista la recessione cerca di scongiurare). Il necessario taglio agli sgravi ci sarà, ma non incondizionato. Una Commissione ad hoc sta elaborando l’elenco di quelli sui quali si potrà intervenire prevedendo però una riserva “intoccabile”. Ci sarà una rosa di detrazioni destinata a famiglie e pensionati che non subiranno tagli. Fatte salve le agevolazioni “basic”, comunque, il bacino d’intervento resta ampio. La riforma del fisco dovrà provvedere allo sfoltimento: si guarda anche al riordino dei 10 miliardi di agevolazioni oggi destinate alle imprese.
Le Onlus
E’ diventata operativa dieci anni fa, un anno fa ha cambiato nome, ora sembra destinata a sparire per sempre. La riforma fiscale targata Monti dovrebbe abolire l’Agenzia per il Terzo settore (ex Agenzia per le Onlus), ente di emanazione governativa – con sede a Milano – che ha poteri di indirizzo, promozione, vigilanza sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, i soggetti del terzo settore e gli enti non commerciali. L’Agenzia opera a sua volta sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell’Economia, quindi è attualmente sottoposta alle dirette competenze del premier Monti. Fra i compiti ad essa attribuiti quella di promuove campagne per la conoscenza delle organizzazioni, la raccolta dati sugli organismi esistenti e – nei casi di scioglimento di un ente – l’obbligo a dare parere vincolante sulla devoluzione del patrimonio. L’Agenzia vigila anche sulle attività di sostegno a distanza e individua le categorie delle organizzazioni cui destinare i contributi pubblici: è quindi l’ente che ha delineato l’elenco di organizzazioni ammesse a beneficiare della destinazione del 5 per mille. Le amministrazioni pubbliche sono chiamate a chiedere il parere dell’Agenzia per l’organizzazione dell’anagrafe unica delle Onlus e nel caso prevedano di far decadere in modo totale o parziale le agevolazioni loro destinate. L’organismo è costituitodal Presidente e da dieci consiglieri nominati dalla Presidenza del consiglio. L’incarico dell’attuale direttore generale scade a fine mese.
Gli estimi catastali
Una riforma del catasto vera e propria richiede tempi molto lunghi per essere definitivamente attuata (più o meno cinque anni) e – per quanto incisivo – l’intervento già varato dal governo sul settore immobiliare attraverso l’aumento dell’Imu (la vecchia Ici) reintrodotta sulla prima casa, non è bastato a creare un equilibrio fra il valore fiscale e quello reale delle abitazioni. L’intervento sull’Imu ha infatti rincarato le rendite catastali del 60 per cento e porterà nelle casse dello Stato circa dieci miliardi, ma soprattutto nelle grandi città la divergenza fra valori di mercato e valore catastale delle zone periferiche da quelle centrali resta elevato. La rivalutazione delle rendite catastali esistenti ha elevato la base imponibile a 4 mila miliardi, ma il valore di mercato stimato è valutato in 8.200 miliardi. Più del doppio. Ecco perché nel disegno di legge sul fisco potrebbe trovare spazio una riforma del catasto a livello locale. L’obiettivo è quello di avviare una revisione degli estimi urbani medi agendo comune per comune o su zone omogenee o per quartieri all’interno dello stesso centro abitato. Le prime a chiedere un intervento di questo genere sono state proprio le amministrazioni dei Comuni più grandi, interessate ad aumentare le entrate. Non a caso i Comuni si stanno mettendo in rete per individuare strategie comuni per combattere l’evasione fiscale e immobiliare Nel decreto dovrebbe invece trovare spazio la definizione delle aliquote Imu da applicare con il primo acconto di giugno. L’ipotesi più accreditata prevede che si parta con le aliquote più basse, 4 per mille per la prima casa e 7,6 per mille per gli altri immobili.
I beni ecclesiastici
Sempre nel testo che entra in pre-Consiglio domani dovrebbe trovare spazio l’introduzione dell’Ici – annunciata nei giorni scorsi dallo stesso premier Monti – per gli immobili della Chiesa oggi esentati dall’imposta. Secondo quanto previsto dal governo le nuove norme consentiranno l’esenzione solo per le proprietà nelle quali si svolge in modo esclusivo una attività non commerciale. Palazzo Chigi ha comunque annunciato un emendamento che definirà in modo preciso la tipologia degli immobili interessati al versamento dell’imposta. L’introduzione dell’Ici sui beni ecclesiastici potrebbe entrare nella parte di riforma veicolata attraverso il decreto. Quanto vale l’Ici sulla Chiesa? Su quello che dovrebbe essere l’incasso garantito sono circolate nei giorni scorsi le più svariate cifre. L’Anci, associazione dei comuni, ha parlato di versamenti per 600 milioni l’anno, uno studio dell’Ifel stima invece che il risultato finale potrebbe raggiungere il miliardo di introiti. Un balletto di valutazioni dovuto al fatto che un censimento vero e proprio degli immobili non è ancora disponibile. Sull’introduzione dell’Ici per i beni ecclesiastici si è sviluppato un acceso dibattito, tuttora in corso. Ieri infatti il senatore del Pdl Mantovano si è detto certo che “nonostante le note difficoltà economiche nelle quali versano i comuni, nessun sindaco del Popolo delle Libertà applicherà mai l’Ici di Monti agli asili parrocchiali e a quei beni della Chiesa ove si svolgano attività sociali, formative e religiose così utili per le nostre comunità”.
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