Roma – Va avanti l’operazione dei ribelli siriani contro i centri del potere di Damasco. Gli insorti dell’Esercito siriano libero (Els) – dopo aver rivendicato l’attentato di ieri in cui sono morti il ministro della Difesa, il suo vice e il capo dell’unità di crisi – si “preparano ad attaccare la sede della tv di Stato”: lo affermano i comitati di coordinamento locale dell’opposizione, secondo i quali i disertori hanno lanciato un ultimatum ai dipendenti dell’emittente perché lascino “immediatamente” l’edificio, nel quartiere di Mazzeh a Damasco.
E proprio la zona di Mazzeh è stata colpita nella notte da nuove forti esplosioni, secondo quanto riferito da alcune fonti dell’Ansa. Le deflagrazioni sono state talmente potenti da poter essere udite via telefono.
Da giorni è in corso nella capitale siriana l’operazione che i ribelli hanno chiamato “Il vulcano di Damasco e il terremoto della Siria”, con cui sperano di abbattere definitivamente il regime di Bashar al Assad.
E proprio a una fine del regime si stanno preparando gli Stati Uniti, che stanno mettendo a punto piani d’emergenza per fronteggiare il rischio che – alla caduta di Assad – le armi chimiche in possesso del governo possano essere utilizzate contro la popolazione. Un progetto che coinvolgerebbe anche Israele, secondo quanto riferisce il New York Times.
Ma non è la difesa dei civili l’unico timore: per Rob Malley dell’International Crisis Group, l’amministrazione deve anche preoccuparsi che l’arsenale in possesso di Assad non finisca in altre mani, incluse quelle di Al Qaeda. Così come paventato stasera, dai microfoni della Cnn, anche dal Re di Giordania Abdallah II.
Il governo siriano è responsabile della sicurezza delle armi chimiche e chi, fra i rappresentanti siriani, non rispetterà gli obblighi per la sicurezza sarà ritenuto responsabile davanti alla comunità internazionale, ha intanto affermato stanotte il portavoce del Dipartimento di Stato, Patrick Ventrell, sottolineando che al momento non c’é nulla che indichi che le munizioni non siano nelle mani delle autorità siriane.
Secondo le Ong sono più di 200, in maggioranza civili e 38 a Damasco, le vittime delle violenze nella sola giornata di ieri in Siria. E’ quanto fa sapere l’ong Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo. In tutto sarebbero 214 le persone rimaste uccise, compresi i tre alti ufficiali uccisi in un attentato nella capitale. 124 sarebbero civili, 62 soldati e 28 ribelli.
“La moglie di Assad in Russia”. la consorte del presidene siriano, Asma, avrebbe lasciato il paese per riparare in Russia, scrive il Guardian, specificando che si tratta di voci raccolte a Damasco dopo l’attacco di ieri nella capitale che ha causato la morte di tre figure di spicco del regime. Il quotidiano riferisce anche di una notizia non confermata secondo cui lo stesso presidente sarebbe rimasto ferito nell’attacco di ieri, tanto da lasciare Damasco e riparare a Latakia, sulla costa.
L’Onu e la condanna di Ban Ki-moon. Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, “condanna fermamente” l’attentato di ieri a Damasco nel quale sono morti tre alti responsabili siriani, sottolineando “l’estrema urgenza” di fermare le violenze. In un comunicato, Ban si dichiara “molto preoccupato per l’utilizzo di armi pesanti da parte delle forze di sicurezza siriane contro i civili, come nella regione di Damasco”, nonostante gli impegni presi dal governo della Siria.
Intanto il voto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu slitta, e sarà messo ai voti alle 15 di oggi. Ma un accordo difficilmente sarà raggiunto vista la contrarietà della Russia: “Adottare quella risoluzione – ha affermato il ministro degli esteri di Mosca, Lavrov – significherebbe appoggiare apertamente un movimento rivoluzionario. E, se stiamo parlando di una rivoluzione allora le Nazioni Unite non vi hanno proprio nulla a che fare”.
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