Le offerte ufficiali non ci sono ancora. Bisognerà aspettare poco più di una settimana, fino al 24 settembre, per conoscere chi intende mettere mano al portafoglio per acquistare il controllo de La7, la televisione di Telecom Italia. Mediobanca e Citigroup, le due banche d’affari chiamate con funzioni di advisor da Telecom, stanno lavorando con le quindici società o cordate che hanno manifestato interesse per l’operazione che, come sempre accade in Italia quando si tratta di mezzi di informazione, riveste un importante rilievo economico e anche politico.
La voce esplosiva che sta circolando attorno alla cessione della tv di Telecom, che non ha mai trovato un editore stabile e un preciso spazio di mercato, è che ci sarebbero almeno un paio di soggetti disponibili all’acquisto. Tra questi, notizia delle ultime ore, ci sarebbe direttamente Mediaset. La società di Cologno Monzese – di proprietà della famiglia Berlusconi – ha intenzione di presentare una proposta entro il prossimo 24 settembre, data in cui scadono i termini per al consegna di proposte “non vincolanti”. Mediaset presenterebbe una doppia manifestazione di interesse: la prima riguarda l’emittente televisiva La7, la seconda – attraverso la controllata EI Towers – l’infrastruttura per le frequenze. Lo scenario è clamoroso e fa tremare per il destino del pluralismo nel nostro Paese.
Al voto col nuovo editore tv. In primavera si vota. Si sa quanto contano i mezzi di informazione e le tv in particolare nelle battaglie elettorali. Entro la fine del 2012, cioè prima che inizi la campagna per il voto, Telecom intende vendere La7. Chi sarà il vincitore? Berlusconi direttamente oppure qualche suo vecchio amico? Per carità, non bisogna fare i processi alle intenzioni, però ci si può preparare a quello che potrebbe succedere dopo il 24 settembre. Prima della notizia di un interessamento diretto di Mediaset si era manifestato quello della cordata guidata dal Fondo Clessidra, amministrato da Claudio Sposito, un manager assai noto, sempre alla ricerca di investimenti profittevoli, che in passato è stato a lungo amministratore delegato della Fininvest, la holding di famiglia di Berlusconi.
Accanto a Sposito c’è Marco Bassetti, ex guida di Endemol, la società per l’ideazione e la produzione di format e programmi, nel cui capitale è rimasta per qualche tempo anche Mediaset che, tuttavia, ha poi abbandonato scontando una cara minusvalenza. Nel pacchetto di mischia di Sposito ci sarebbe pure Tarak Ben Ammar, investitore e produttore cinematografico tunisino, uomo vicino a Berlusconi e alla Fininvest per affari, consulenze e investimenti. Ben Ammar, inoltre, gode di una particolare posizione in questa vicenda: siede nei consigli di amministrazione di Mediobanca (cioè l’advisor di Telecom per la cessione de La7) e di Telecom Italia, la società che vuole vendere la tv. Non c’è che dire: Ben Ammar è uno che ha capito al volo quali sono i posti che contano in Italia e come mantenerli nel nostro capitalismo di relazione. Ma sarebbe un errore pensare che la partita della tv di Franco Bernabè sia già decisa.
C’è una lunga trafila da seguire, bisognerà valutare le offerte reali, ammesso che arrivino, e poi Telecom prenderà la decisione. È possibile che qualche operatore straniero, come Liberty media, Discovery Channel, Sky, magari Al Jazeera di ritorno o Sky Italia decida di avanzare un’offerta non solo per la tv ma anche per le infrastrutture, il secondo ramo conferito alla nuova srl di Ti Media che viene messa in vendita. Potrebbe spuntare un altro ex collaboratore di Berlusconi: Urbano Cairo, uomo della pubblicità e dell’editoria, proprietario del Torino calcio. Cairo è stato l’assistente personale di Berlusconi, un uomo di fiducia assoluta perché a quei livelli vuol dire iscrivere a scuola i figli del capo o negoziare gli affari più delicati. Cairo è stato tra i responsabili di Publitalia e poi della Mondadori Editore Pubblicità, prima di mettersi in proprio, di andare in Borsa con la sua Cairo editore e di comprarsi il Toro.
«Cairo ha un bel vantaggio sulla concorrenza» spiegano fonti vicine all’operazione, «conosce già La7 e il suo business in quanto raccoglie la pubblicità per la rete, ha dimestichezza con la tv e l’editoria, in più dimostra di saperci fare perchè ha una performance positiva nella raccolta pubblicitaria anche in un momento di crisi». Il 24 settembre si vedranno le offerte e se i candidati presenteranno carte convincenti a Bernabè che, pur non essendo riuscito a valorizzare la tv come desiderava, intende raccogliere un sensibile beneficio dalla cessione. In verità l’uomo giusto per La7 ci sarebbe. È Carlo De Benedetti, editore dell’Espresso-Repubblica. Lo scorso anno sondò Bernabè, ma non se ne fece nulla. In Telecom dicono che l’Ingegnere voleva tirare sul prezzo.
Quante vale? Oggi La7, dopo l’ultima campagna acquisti, sta diventando una piattaforma informativa che offre telegiornali, talk show, approfondimento e intrattenimento di livelli qualitativi assai diversi. Questa progressiva trasformazione non ha prodotto per ora risultati clamorosi sul fronte degli ascolti (share medio 2011: 3,8%), né ha contribuito a migliorare i conti di Ti Media che nel 2011 ha chiuso con una perdita di 83 milioni (54,4 milioni nel 2010) e nel primo semestre 2012 ha registrato un «rosso» di 35 milioni di euro, il doppio dei 18,5 milioni persi nello stesso periodo dell’anno passato.
In Borsa il titolo Ti Media si muove attorno ai 16 centesimi e la capitalizzazione è di soli 237 milioni. L’indebitamento netto supera i 200 milioni alla fine del primo semestre. Uno dei problemi che si porrà nel prossimo futuro, ammesso che la tv passi di mano, è se il nuovo editore vorrà mantenere fede alla missione informativa abbracciata da La7 oppure no. Nella formazione ci sono Lerner, Gruber, Mentana, Formigli, le sorelle Parodi, Porro&Telese, arriverà la squadra Santoro, più altri collaboratori tutti legati all’informazione.
Per La7 targata Telecom questa è la direzione scelta per i prossimi anni. Le svolte de La7 sono spesso sorprendenti e repentine. Nell’estate 2001 quando stava per partire la prima stagione de La7 con alcuni prestigiosi acquisti, il controllo di Telecom passò da Roberto Colaninno alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera che ridimensionò le ambizioni e il progetto. Al governo era appena salito Berlusconi. I neoacquisti Fazio, Ferrara e Lerner vennero compensati con generose indennità e contratti ad personam, così poterono consolare le loro ansie professionali e moralizzatrici. Ora La7 si prepara a voltar pagina un’altra volta.
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La mossa di Mediaset è secondo Enrico Mentana, direttore del Tg de La7, «solo un’offerta di disturbo» ma se davvero comprasse gli asset televisivi di Telecom Italia Media «lascerei: ne bis in idem». Mentana affida a un ‘tweet’ il suo commento sulla manifestazione di interesse avanzata dal Biscione, per ora ancora lontana dal trasformarsi in una vera e propria offerta.
«Mediaset compra La7? Solo un’offerta di disturbo. Ma quando cambia l’editore è inutile gridare al lupo. Fosse Mediaset lascerei: ne bis in idem» scrive il direttore del Tg de La7. Per ora Mediaset si è solo affacciata alla ‘data room’ presentando una manifestazione di interesse sia per La7 che per Timb (Telecom Italia Media Broadcasting) e solo il 24 settembre, data ultima per la presentazione delle offerte – comunque non vincolanti – si sapranno le vere intenzioni di Mediaset.
«Sembra un diversivo l’ipotesi di interesse Mediaset verso TiMedia. Capisco le frequenze, ma non credo nel loro interesse per La7». Lo scrive su twitter Giancarlo Leone, direttore dell’intrattenimento Rai commentando le indiscrezioni sull’ipotesi di acquisto de La7 da parte di Mediaset.
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