Roma – Finmeccanica è una gigantesca holding, controllata per il 30,20% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, le cui origini affondano nella notte dei tempi della storia della Prima Repubblica (è nata nel 1949) che negli anni si è espansa ed è diventata un vero e proprio colosso nei settori dell’aeronautica, dell’aerospaziale, delle telecomunicazioni, della difesa, dell’energia e dei trasporti; ha 70mila dipendenti; ha chiuso il 2011 con 17,4 miliardi di euro di ricavi ed ha acquisito 17,43 miliardi di ordini per i prossimi due anni e mezzo. E’ balzata agli onori delle cronache mainstream ai tempi della super-Protezione Civile di Guido Bertolaso (era fornitrice privilegiata).
La premessa è necessaria, per capire di che cosa stiamo parlando. A novembre del 2010 e poi a marzo 2011 Report dedica a Finmeccanica due puntate di fuoco.
Ne scrive anche l’Espresso, proprio a ridosso dell’inchiesta-Bertolaso:
«L’altro Eldorado dei raccomandati è Finmeccanica, la holding statale degli armamenti che con oltre 18 miliardi di fatturato permette di elargire commesse secondo criteri privatistici: proprio in quel periodo l’azienda stava realizzando un nuovo polo produttivo in Puglia. Oltre Bertolaso, Tarantini sarebbe stato in grado di arrivare a Marina Grossi, amministratore delegato della Selex, e moglie di Pierfrancesco Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica che controlla anche Selex».
Pier Francesco Guarguaglini, che all’epoca delle inchieste del programma della Gabanelli ricopriva il ruolo di Presidente della holding, dice che quelle di Report sono tutte balle. Solo che, nel frattempo, Lorenzo Cola – consulente di Guarguaglini e consorte – viene arrestato con l’accusa di riciclaggio.
La magistratura continua le indagini e a dicembre del 2011 Guarguaglini si dimette dalla carica di Presidente di Finmeccanica (si presume un suo coinvolgimento in un affare di fondi neri. Tutto da dimostrare, ovviamente).
Da maggio 2011 Giuseppe Orsi è amministratore delegato. Assume l’incarico di Presidente dalle dimissioni di Guarguaglini in poi.
Ma c’è qualcosa che non va anche anche qui.
Il 15 novembre del 2011, infatti, scatta un’altra indagine. L’ex manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni fa mettere a verbale una dichiarazione tutt’altro che priva di conseguenze, se provata: «l’ascesa di Giuseppe Orsi da amministratore delegato di Agusta a capo di tutta Finmeccanica, è avvenuta grazie al pagamento di una tangente di 10 milioni alla Lega Nord e a Comunione e Liberazione».
Il 21 maggio 2012, Marco Lillo scrive sul Fatto Quotidiano: «Lorenzo Borgogni ha riferito di avere saputo in ambito aziendale (anche se non ha rivelato la fonte delle sue informazioni che a maggior ragione sono tutte da riscontrare) che nella vendita di 12 elicotteri da parte di Agusta Westland al governo indiano sarebbe stato riconosciuto un compenso di 41 milioni di euro a un consulente del gruppo che ha rapporti storici con la Agusta, un imprenditore che opera in India ma è residente a Lugano e si chiama Guido Ralph Haschke. Questa somma, dovuta per le sue prestazioni, stando al racconto di Borgogni, però sarebbe stata poi elevata a 51 milioni per far fronte alle “esigenze” dei politici della Lega Nord».
Finmeccanica: le intercettazioni che provano legami tra Orsi e la Lega Nord
Chi ne parla? Ne parlano in pochi. Il Secolo XIX, per esempio. Poi ne scrive Dagospia, più e più volte, riprendendo pezzi altrui e facendo il punto sulla situazione a colpi di collage; ne scrive ancora Lillo, e il Fatto pubblica alcune intercettazioni non penalmente rilevanti, ma che provano quantomeno gli stretti rapporti fra Orsi e la Lega Nord. Questa, per esempio, è la trascrizione di una telefonata fra il numero uno di Finmeccanica e e Roberto Maroni:
MARONI (M): “Come va .. Infatti. Io avevo parlato con Passera per altre cose e lui mi ha detto che era stato lui a insistere non solo per la tua riconferma ma anche per l’estensione a .. poi non so se è vero o no.
O: Sì, sì.
M: “Ma perché poi a cose fatte tutti si accreditano la vittoria poi la sconfitta sono orfani però insomma è meglio”.
O: “Ascolta ancora l’altra sera a uno che .. amico no? gli ho detto: voi non mi rompete i coglioni. no? lo dico perché anche se mi sentono viene registrato. no?”
Maroni: (ndr. Ride).
Orsi: “Sarà che sono o non sono della Lega. ma se non c’era. se non c’era Maroni, io qua non c’ero. Oggi quindi comunque nel bene o nel male. ringraziatelo o maleditelo se non vi vado bene”.
M: (ndr. ride)
L’interesse per la questione – tutto di nicchia, perché il mainstream, a parte Report, si guarda bene di affrontare il tema – arriva anche da parte di Barbara Palombelli su Il Foglio, che si pronuncia in questi termini:
«Non aprono i telegiornali le inchieste giudiziarie sulle nostre banche, sulla Finmeccanica, sulla Telecom, le richieste di spiegazioni alla Vigilanza di Bankitalia, gli investimenti della Cassa depositi e prestiti».
La giornalista si chiede poi dove si trovino, ancora, le inchieste, nel giornalismo italiano. E tutto sommato ce lo chiediamo anche noi.
La storia prosegue recentissimamente: secondo Il Secolo XIX, sarebbero arrivate le prove delle tangenti indiane: «Le carte segrete sulla fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland per la polizia indiana, un affare da 556 milioni di euro sul quale sarebbero volate mazzette per 51 milioni, erano custodite a casa di un’anziana signora di Lugano. Gliele aveva portate il figlio sessantenne, mediatore Finmeccanica in giro per il mondo, convinto che non sarebbero mai state trovate».
Insomma, sembra che le cose a Finmeccanica si facciano incandescenti.
Così, rapidamente, viene convocata una conferenza stampa. Il Fatto Quotidiano viene escluso dalla stessa. Gianni Barbacetto ha spiegato: «Dopo un po’ di attesa una dipendente dell’avvocato mi ha spiegato che noi non siamo stati invitati e siamo sgraditi, anche perché l’avvocato stesso ha avuto mandato di querelarci».
Stando a quanto battono le agenzie, in quella conferenza stampa, l’avvocato di Orsi, Ennio Amodio, ha raccontato che la presunta tangente pagata dal numero uno di Finmeccanica alla Lega «è rimasta priva di ogni riscontro. Non c’è neppure il più piccolo indizio su questa vicenda è passato un anno dalle dichiarazioni di Borgogni e non è stato raccolto niente».
E ancora: «Borgogni non parla mai per conoscenza diretta dei fatti ma continua a dire di aver raccolto delle voci interne all’azienda su cui non ha mai fatto accertamenti. […] Sulla base delle carte depositate abbiamo prova della sua provata malafede se non dolo di Borgogni e assumeremo in tempi brevi delle iniziative».
Sulla questione indiana, Amodio ha detto: «Dal contesto degli atti buttati lì alla rinfusa non vi è mai alcuna conferma che Orsi abbia fatto alcun accordo perché un consulente intervenisse nel mercato indiano per pagare tangenti».
Quanto alle ipotesi che anche Orsi possa dimettersi, l’avvocato lo esclude categoricamente, tranne in un caso: «Se il governo riterrà che non è più idoneo Orsi ne trarrà le conseguenze».
Italia: un sistema di informazione profondamente malato
Nel frattempo, ieri, 16 ottobre, il Governo avrebbe dovuto incontrare Finmeccanica. Ma una nota di Palazzo Chigi ha annullato l’incontro. Il premier, si legge nella nota «aveva convocato una riunione per il 16 ottobre a Palazzo Chigi tra i vertici di Finmeccanica, fra cui il presidente Giuseppe Orsi e il direttore generale Alessandro Pansa, e il Governo, alla presenza dei ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e della Difesa, Giampaolo Di Paola. Oggetto della riunione erano gli scenari del mercato europeo dell’aeronautica e difesa e il ruolo del gruppo italiano dopo l’eventuale fusione Eads-Bae. A seguito della decisione delle parti di non procedere a tale operazione di concentrazione, il Presidente del Consiglio ha cancellato la riunione».
La fusione Eads-Bae (due colossi dell’aeronautica), però, non c’è stata. E dunque la riunione è saltata e il Governo Monti non sembra intenzionato a fare alcun tipo di intervento in Finmeccanica, al momento.
E la situazione intricata, di cui parlano in pochi, è rimasta. Quel che salta agli occhi, mettendo insieme i tasselli pubblicati di questa vicenda, è che il sistema dell’informazione italico è profondamente malato.
Si va avanti a colpi di informative e di conferenze stampa per smentire le stesse, con i fatti che agonizzano, lasciano sempre più spazio alle visioni parziali e opinabili e alle guerre ideologiche di trincea, persino a mezzo stampa.
Poi, naturalmente, c’è la clava della querela che minaccia ogni giornalista che scriva di argomenti scomodi. Ci sono notizie di cui si parla tanto e altre che vengono lasciate cadere nel dimenticatoio; l’inchiesta è agonizzante e il paesello ha la memoria corta: questo dipende, forse, anche dal fatto che un titolone su Finmeccanica non è seducente, non vende, non fa fare click. Mentre un titolone su Berlusconi sì. E’ quel che vuole il pubblico. Un pubblico che però è stato formato da anni e anni di spettacolarizzazione della cronaca e della politica e che ora, verosimilmente, rifugge qualsiasi forma di approfondimento (tanto, l’approfondimento lo rifuggono anche i giornalisti, molto spesso).
In tutto questo, da un lato la storia di Finmeccanica (come dimostra questo breve collage, nulla di più) è davvero troppo complicata per parlarne in quella maniera accattivante che l’informazione di oggi impone. Dall’altro, probabilmente, gli interessi in ballo sono semplicemente troppo alti.
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