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Grandi aziende Usa: per crescere ancora, tasse più alte

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New York – “Quando si ha a anche fare con un debito da 16.000 miliardi di dollari, mi chiedo come si possa risolvere il problema senza ricorrere a entrambi i mezzi, ovvero ai tagli alla spesa e all’aumento delle tasse”. E’ più che chiara la posizione di Randall Stephenson, amministratore delegato di At&t. E il ceo non è l’unico a rischiare l’impopolarità e invocare tra le misure un incremento della pressione fiscale.

Sono infatti più di 80 i ceo di grandi nomi della Corporate America, che hanno deciso di scrivere al Congresso, auspicando una riduzione del debito e del deficit federale, attraverso una combinazione di tagli alle spese e aumenti delle tasse.

In un comunicato stampa riportato oggi dal Wall Street Journal, i numeri uno dei colossi statunitensi hanno scrtto che ogni eventuale piano fiscale” che può avere successo sia da un punto di vista finanziario che politico”, deve limitare la crescita delle spese sanitarie, rendere il sistema pensionistico solvibile e “includere una riforma fiscale che sia a favore della crescita”.

Per i dirigenti, è inutile far finta di niente: non si possono risanare i conti pubblici degli Stati Uniti senza aumentare le tasse. “Non è possibile”, sentenzia Mark Bertolini, amministratore delegato di Aetna.

L’appello al Congresso dei ceo prescinde in apparenza da qualsiasi preferenza politica per il presidente i carica Barack Obama e lo sfidante Mitt Romney. La questione fiscale è uno dei temi su cui il dibattito tra i due si accende più di frequente. Obama ritiene che un aumento delle tasse sui più ricchi, ceo inclusi, sia necessario al fine di ridurre il deficit americano, mentre Romney è del tutto contrario a incrementare il carico fiscale.

Tra i firmatari del manifesto dei ceo, compaiono anche Steve Ballmer di Microsoft, Lloyd Blankfein, di Goldman Sachs e Jamie Dimon, di JP Morgan.