New York – Qualche anno fa Gary Shilling, economista nonché columnist di Bloomberg lanciò molto prima degli altri l’allarme subprime. Allora fu inascoltato. Oggi forse sarebbero meglio starlo a sentire. Perché la situazione economica è tutt’altra che risolta. E questa volta la bomba ad orologeria non si nasconde più nei mutui erogati con troppa faciloneria, ma è nella crisi del debito sovrano o meglio in quella soluzione che le Banche centrali hanno iniziato a somministrare.
Shilling denuncia, infatti, che gli investitori sono diventati troppo dipendenti dagli stimoli monetari e fiscali che i governi dei Paesi più in difficoltà hanno messo in atto. “Tutti sembrano aver dimenticato le circostanze terribili che continuano a essere alla base di queste azioni”, dice, osservando come sono molti gli operatori che desiderano che le condizioni si confermino difficili spingendo le banche centrali e i governi di Cina, Stati Uniti ed Europa ad agire su questo terreno, allentando poi la pressione sulle Borse.
Un fenomeno nuovo che secondo l’esperto ha finito per far slittare in secondo piano le prospettive dell’economia. “Fino a poco tempo fa, le azioni dei governi venivano accettate nella convinzione che tali misure avrebbero rapidamente ristabilito una robusta crescita economica”. Adesso non è più così. “L’accento è posto quasi esclusivamente sull’effetto oppio di quelli stimoli”. Risultato: solo un loro aumento sarà in grado di soddisfare gli investitori ormai assurti al ruolo di veri tossicodipendenti.
Si tratta di una deriva difficile da cui bisogna però uscire perché come conclude Shilling la crescita può essere perseguita solo se il settore privato riuscirà a svincolarsi dalla logica di agire sulla leva finanziaria.