Londra – Nel giorno in cui l’Europa scende in piazza per dire no all’austerity gli economisti della società di ricerca IHS non hanno bisogno di guardare le immagini della protesta che sfila lungo le strade di Madrid, Parigi, Milano, Lisbona e Atene. Per loro l’annus horribilis deve ancora arrivare: sarà il 2013. Niente illusioni. Lo scenario resta difficile tanto che sono convinti che inghiotterà anche l’ottimismo americano. “L’economia degli Stati Uniti è sull’orlo del baratro: non può più posticipare i tagli fiscali e alla spesa pubblica in quanto il controllo dei bilanci entrerà in vigore a inizio 2013”, spiega Nigel Gault, capo economista per gli Stati Uniti di IHS.
Se Oltreoceano l’amministrazione Obama non troverà una soluzione questo si tradurrà in una parola sola: Grande recessione. E non c’è bisogno di richiamare la storia moderna. La situazione sul mappamondo finanziario è oggi più che mai in movimento: con il prezzo del petrolio che potrebbe schizzare fuori controllo se dovesse scoppiare un conflitto in Medio Oriente, con la dissoluzione dell’euro sempre possibile e lo spauracchio di rallentamento dell’economia cinese dietro l’angolo, la frenata in America potrebbe attestarsi intorno all’1,7% nel 2013. Ma sarà l’Europa a doversi leccare più le ferite.
“In particolare la Spagna e l’Italia accuseranno una contrazione del Pil senza precedenti“, prosegue l’esperto. “Alla fine viviamo in un mondo globalizzato, le principali economie sono legate fra di loro da un cordone ombelicale da cui è garantito un effetto domino se dovesse concretizzarsi uno shock economico”. Solo il Pil della penisola iberica potrebbe diminuire di oltre quattro punti percentuali. Le aziende, anche le multinazionali, si ritroverebbero in forte difficoltà operativa. Come dire: il disastro Lehman Brothers di fronte alla debacle dell’euro farebbe sorridere.
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