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Debito Usa: come si è arrivati al record di $16.200 miliardi

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New York – E’ meglio che gli Stati Uniti si muovano in fretta per risolvere il problema del precipizio fiscale, visto che l’ammontare totale dei debiti è pari ormai alla cifra astronomica di $16.200 miliardi. Pochi sanno però che l’America è una nazione nata nel debito, come riconobbe il primo segretario al Tesoro Usa, Alexander Hamilton, una sorta di economista autodidatta.

E in effetti, se si fa un’analisi risalendo al lontano 1790, si nota come gli Stati Uniti, appena nati, avevano allora un rapporto debito/pil pari al 30% circa, superiore a $75 milioni. Da dove proveniva quel debito? Semplicemente dall’assenza di potere da parte del Congresso Continentale – l’equivalente del governo federale – di tassare i cittadini. Come faceva a quei tempi l’America per pagare i vari conti? Facendo più che altro quello che continua a fare oggi, ovvero stampando moneta: questa valuta, nota come “continental”, alla fine, però, collassò. Il governo americano raccoglieva contanti anche prendendo a prestito da qualsiasi tipo di autorità.

In tutto, gli Stati Uniti erano debitori di $11,7 milioni verso gli stranieri, principalmente verso i banchieri olandesi e il governo francese; $42 milioni circa dovevano essere invece ripagati ai creditori domestici. E, per assurdo, altri $25 milioni di debito erano in generale verso l’Europa.

Hamilton tentò di imporre ai cittadini imposte e tasse. Ma si scontrò con l’opinione pubblica: d’altronde, il paese aveva appena combattuto una guerra ispirata dalla rivolta contro le tasse che erano state imposte dal Regno Unito. Il segretario al Tesoro andò però dritto per la sua strana, sopprimendo anche una sollevazione popolare armata del 1794, nota come Whiskey Rebellion. Da allora in poi, il debito/Pil scese, complice anche la crescita dell’economia.

Più tardi, il rimborso dei debiti venne considerato problema cruciale anche da Thomas Jefferson, e il risultato fu che il rapporto debito/Pil scese perfino al di sotto della soglia del 10%. Tutto questo lavoro venne però spazzato via, quando gli Stati Uniti dovettero ricorrere a ingenti prestiti per finanziare la guerra del 1812, ovvero la Guerra Civile. E’ in questa fase che il debito iniziò a registrare forti balzi, salendo da $65 milioni nel 1860 a $2,76 miliardi nel 1866. Da allora, il debito non sarebbe mai sceso sotto la soglia dei $900 milioni.

Le cose migliorarono agli inizi del 1916, con l’incidenza del debito sul Pil pari ad appena il 2,7%. Poi venne la Prima Guerra mondiale, che lasciò gli Stati Uniti con rosso di bilancio pari al 33% circa del Pil, un nuovo record, pari a una cifra superiore a $25 miliardi, l’equivalente dei $334 miliardi di oggi.

I miglioramenti successivi ebbero breve durata e si può dire che, sotto la presidenza di Franklin D. Roosevelt e il New Deal, gli Stati Uniti soffrirono l’aumento del debito più sostenuto e veloce della loro storia. Dal 1930 al 1939, infatti, il debito registrò infatti una crescita +150%, a $40,44 miliardi ($673 miliardi di oggi). Sempre in quel periodo, l’economia collassò, e il risultato fu un nuovo massimo debito/Pil al 44% nel 1934.

Entro la fine della Seconda Guerra Mondiale, il rapporto balzò al 113%, a $241,86 miliardi nel 1946, l’equivalente di $2.870 miliardi di oggi. Successivamente, l’America non tentò neanche di rimborsare i debiti; venne tuttavia aiutata dalla crescita dell’economia, che ridusse il rapporto debito/Pil, tanto che nel 1974 venne testato un nuovo minimo, addirittura al 24%. In quell’anno, i debiti in possesso del pubblico erano pari a $343,7 miliardi, l’equivalente odierno di $1.610 miliardi. [ARTICLEIMAGE]

Furono le spinte recessive a peggiorare le casse negli anni successivi; una responsabilità non di poco conto deve essere attribuitaa Paul Volcker, presidente della Fed, che prese la decisione di alzare i tassi di interesse al fine di contrastare l’inflazione. Le entrate del governo si assottigliarono anche a causa della decisione del presidente Usa Ronald Reagan, nel suo primo mandato, di lanciare tagli alle tasse di natura permanente. Le spese balzarono, sia per i programmi sociali che per la difesa, il deficit esplose, il rapporto debito/Pil toccò il record post-guerra superiore al 49%, agli inizi degli anni ’90. Nel 1995, il debito era di $3.600 miliardi, (l’equivalente odierno di $5.470 miliardi).

Di nuovo, l’America riuscì a salvarsi in questa spirale, grazie in parte agli aumenti delle tasse del 1990 che costarono la rielezione all’allora presidente George Bush. Nel 2001 la situazione sembrava essere pienamente gestibile, con il debito che era addirittura inferiore al 33% nel 2001. Le prospettive apparivano così positive che non pochi economisti erano convinti che gli Usa avrebbero eliminato tutto il debito entro il decennio successivo.

Ma le cose andarono diversamente; il mix di recessione e i tagli alle tasse nel 2001 e nel 2003 promossi dall’allora presidente George W. Bush, misero di nuovo ko le entrate di Washington. Le spese balzarono sulla scia delle guerre – Afgnanistan e Iraq – che gli Stati Uniti dichiararono a seguito degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Dal dicembre del 2000 al dicembre del 2008, i debiti salirono da $3.410 miliardi a 5.800 miliardi: un rialzo del 70% che portò il rapporto debito/Pil dal 34,7% del 2000 al 40,5% nel 2008.

Gli Stati Uniti, oppressi dalla crisi economica, iniziarono il 2012 con $10.480 di debito federale che, entro la fine della scorsa settimana, si è attestato a $11.420 miliardi. Ma allora come si arriva alla cifra di $16.200 miliardi? Con i quasi 5.000 miliardi di debiti che il governo degli Stati Uniti deve rimborsare a se stesso, in particolare a quei fondi che sono stati utilizzati per finanziare programmi come quello del Social Security. Se si includono anche questi debiti, si arriva a dire che il rapporto Usa debito/Pil è stato appena inferiore al 100% alla fine del 2011.

In questo contesto, molti ricordano agli Stati Uniti il caso del Giappone, che ha visto il rapporto debito/Pil balzare oltre 200% negli ultimi anni. Soltanto a metà degli anni ’80, il rapporto in Giappone era di appena il 50%.