Società

Montezemolo, ovvero il vecchio che avanza. Italia Futura o Italia Off-Shore?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Tutti i giornali hanno fatto una grancassa sull’operazione che il presidente della Ferrari (vicepresidente da poco di Unicredit) Luca Cordero di Montezemolo ha costruito insieme al miliardario indiano Ratan Tata per lanciare una megaofferta da 1,9 miliardi di dollari che consentirà di conquistare il 40% del Gruppo Orient Express. Questo nome non evoca solo lo storico treno che ha eccitato la fantasia di Graham Green e Agatha Christie, ma si riferisce alla catena di 46 hotel sparsi per il mondo dove gli ultimi operai della Fiat vengono cacciati a pedate.

TUTTI GLI UOMINI DI LUCA DI MONTEZEMOLO, PDF SUL FONDO CHARME INVESTMENT

L’Opa lanciata da Luchino e Ratan Tata ha dimensioni gigantesche, ma il Fondo Charme che ha sede in Lussemburgo ed è pilotato da Matteo Montezemolo (classe 1976, laurea a Bologna, esperienze in Goldman Sachs) non si è tirato indietro quando il miliardario indiano che possiede altri 93 alberghi ha proposto la scalata al suo amico italiano.

Il lampo di luce ha folgorato Luchino che al lusso ha sempre creduto anche se i conti di Charme Investments hanno chiuso il 2011 con una perdita di 19,8 milioni rispetto ai 4,2 dell’anno precedente. Come ha spiegato a maggio il settimanale “Il Mondo” il passivo è stato provocato da una serie di svalutazioni sulla controllata Charme Fashion Group che detiene il 51% del marchio del cachemire Ballantyne e il 4,6 in Grandi Navi Veloci, mentre non è stata toccata Poltrona Frau che piace agli Emiri e risulta in carico a Charme per 51,8 milioni.

A questi numeri per nulla esaltanti bisogna aggiungere l’impegno finanziario del “ragazzo dei Parioli” dentro Ntv dove la perdita dell’anno scorso è stata di 39 milioni e si parla di un inevitabile aumento di capitale provocato anche dalla grana dei derivati che potrebbe pesare sulla società dei treni per circa 42 milioni di euro.

A questo punto i giornalisti che hanno strombazzato meraviglie sull’Orient Express avrebbero potuto chiedersi dove troverà Luchino i 100 milioni per accodarsi all’Opa da 1,9 miliardi lanciata dall’amico indiano Tata che scalpita dalla voglia di allargare il suo impero. La domanda è troppo impertinente e tutta la stampa italiana ha preferito battere le mani senza nemmeno sottolineare che 100 milioni rispetto a 1,9 miliardi rappresentano un pugno di bruscolini.

Qualcuno sostiene comunque che Luchino e il figlio Matteo riusciranno a giocare con dignità la parte del Davide italico rispetto al Golia indiano. E a questo proposito corre voce che dietro il Fondo Charme (lussemburghese, ma non così “caymano” da far incazzare Bersani) ci siano la mano e i quattrini di un oligarca russo che dispone di 12,4 miliardi di dollari e occupa nelle stupide classifiche di “Forbes” il 64° posto.

Il magnate in questione si chiama Victor Vekselberg, ha 54 anni e, come ha spiegato ancora una volta il giornalista Andrea Giacobino su “Il Mondo” (Vedi sotto), è nato in un villaggio dell’Ucraina e si presenta come un matematico che apprezza l’estetica. Non a caso nel 2004 ha comprato a New York per 100 milioni di dollari la famosa collezione di uova imperiali Fabergè e sogna di creare in Russia una Silicon Valley. Potrebbe essere lui l’uomo che spara lampi di luce e di quattrini sotto la faccia di Luchino di Montezemolo.

Chi ha seguito negli anni lo straordinario cursus honorum del presidente della Ferrari sa che in tutte le operazioni i soldi nelle sue tasche sono sempre andati contromano. È un uomo baciato dalla fortuna che vede l'”Italia Futura” pronta a salire sul treno della ripresa.

Che poi questo treno si chiami “Italo” oppure Orient Express questo è un dettaglio irrilevante.

Copyright © Dagospia. All rights reserved

______________________________

E’ il magnate russo Vekselberg il super socio di Montezemolo in Charme Fashion Group.

di Andrea Giacobino – IL MONDO 11 Settembre 2012

L’identità del 64 esimo uomo più ricco del mondo trapela attraverso la nomina di un suo rappresentante, Vladislav Osipov, nel cda di Charme fashion group (Ballantyne).

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Mondo – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Milano – Ha finalmente un nome il socio importante al 49% di Luca Cordero di Montezemolo in Charme Fashion Group (Cfg), veicolo lussemburghese controllato dal fondo Charme Investments al 51% e che detiene la maggioranza di Ballantyne, celebre produttore del cachemire a losanghe.

Secondo quanto ricostruito da ilmondo.it è l’oligarca russo Viktor Vekselberg, considerato il 64esimo uomo più ricco del mondo con un patrimonio personale stimato in 13 miliardi di dollari, collezionista di opere d’arte e di uova Fabergé, a capo della holding diversificata Renova Group. L’identità di Vekselberg, finora non nota, è trapelata attraverso la nomina di un nuovo consigliere di Cfg avvenuta qualche giorno fa nel Granducato: il russo Vladislav Osipov, residente a Mosca, classe 1971, ha infatti rimpiazzato Etienne Schon che sedeva nel consiglio d’amministrazione fin dalla sua costituzione nel 2009.

Osipov è un uomo di Vekselberg, che pochi giorni fa lo ha inserito nel board della società immobiliare svizzera quotata Zublin, di cui l’oligarca detiene oltre il 10% attraverso il veicolo panamense Lamesa. In Cfg la presenza di Vekselberg si è progressivamente consolidata fra il 2009 e lo scorso anno attraverso il veicolo Gulgong Inc. basato alle Isole Vergini, mentre Montezemolo e il figlio Matteo hanno lasciato il board per essere sostituiti dai bolognesi Giorgio Ramenghi e Sergio Marchese, a loro vicini.

Vekselberg, del resto, ha partecipato un anno fa alla riunione dei soci Charme tenutasi presso la sede del Banco Santander a Madrid così come è stato presente al cocktail in onore di Montezemolo padre e figlio quando lo scorso maggio Ballantyne ha aperto un corner all’interno di Gum, i grandi magazzini di Mosca. Socio con ill restante 49% di Ballantyne è il fondo Mubadala di Abu Dhabi (azionista anche della Ferrari presieduta da Montezemolo) attraverso il veicolo lussemburghese Spring Petroleum Investments Luxco II.

Copyright © Il Mondo. All rights reserved

____________________________________

Montezemolo fa pulizia nei conti di Charme Investments, svalutate Ballantyne e Gnv.

di Andrea Giacobino – IL MONDO 30 Maggio 2012

Il fondo lussemburghese in perdita per 19,8 milioni. Nessuna svalutazione per Poltrona Frau. Ricapitalizzazione per Ballantyne.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Mondo – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Milano – Pulizia di bilancio per Luca Cordero di Montezemolo. Secondo quanto ricostruito da ilmondo.it, i conti di Charme Investments, il fondo chiuso lussemburghese guidato dal presidente della Ferrari, hanno infatti chiuso il 2011 con una perdita salita a 19,8 milioni di euro dai 4,2 milioni dell’esercizio precedente.

Il rendiconto depositato oggi nel Granducato, spiega che il passivo è dovuto a una serie di svalutazioni su alcuni asset in mano al fondo: in particolare è stato eseguito un writeoff di 10,2 milioni sulla controllata Charme Fashion Group che detiene il 51% di Ballantyne (il famoso marchio del cashmere a losanghe). La partecipazione del 4,6% in Grandi Navi Veloci è stata svalutata di 7,3 milioni mentre 1,3 milioni è l’effetto Iva nel conto economico.

C’è da osservare che Montezemolo non ha però svalutato la principale partecipazione del fondo, il 51,9% in Poltrona Frau che resta in carico a 51,8 milioni. Inoltre, Ballantyne ha avviato un piano di ristrutturazione accompagnato da una ricapitalizzazione per 5,4 milioni e Grandi Navi Veloci potrà contare sull’appoggio continuativo del socio di maggioranza, Gianluigi Aponte.

Charme Investments ha portato il passivo a nuovo, facendo salire questa voce a 23,8 milioni. Il fondo di Montezemolo, i cui attivi dopo le svalutazioni sono diminuiti da 88,5 a 68,8 milioni, può contare su 66,8 milioni di capitale e 110 milioni di riserva sovrapprezzo azioni.

Copyright © Il Mondo. All rights reserved

______________________________________________

Rosso Charme

di Vittorio Malagutti Il Fatto Quotidiano | 16 ottobre 2010

Montezemolo pensa al business dei treni veloci, ma i suoi investimenti nel lusso perdono milioni: il fondo lussemburghese fa utili solo una volta

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Milano – “Treni in partenza! Treni in partenza!”, annunciano da mesi Luca Cordero di Montezemolo e soci, tra cui l’inseparabile amico Diego Della Valle. E poi via all’attacco di Trenitalia, con polemiche e dispetti all’indirizzo del monopolista pubblico dei binari, il tutto opportunamente amplificato da tv e giornali. Ma mentre si prepara all’esordio in ferrovia con la sua Ntv, l’ex presidente di Confindustria è inseguito dalle grane del passato. Sono affari targati Charme, il fondo con base in Lussemburgo lanciato sei anni fa da Montezemolo e affidato al figlio Matteo. Da poco Charme è stato affiancato da un altro fondo omonimo, questa volta con base in Italia.

Molti amici, anche off-shore

Il fatto è che gli investimenti di Charme, quello lussemburghese, hanno lasciato una coda di perdite e debiti che si stanno rivelando più difficili del previsto da gestire. Anche a causa di una pesante crisi del lusso innescata dalla recessione. Ci sono i traghetti della Grandi Navi Veloci (Gnv), il cashmere griffato Ballantyne e gli arredi di lusso Poltrona Frau. Tutte queste aziende viaggiano con i conti in rosso. Stesso discorso per il fondo Charme, che da quando è nato, nel 2004, ha chiuso un solo bilancio in utile, quello del 2006, grazie al collocamento in Borsa delle azioni Poltrona Frau. Questa operazione, come raccontato due giorni fa dal Fatto Quotidiano, ha fruttato a Montezemolo e soci 30 milioni di profitti, e per di più esentasse, grazie alla proverbiale generosità del fisco lussemburghese. Ma a parte quel favoloso 2006, quando ancora i mercati tiravano alla grande, Charme ha accumulato perdite: 9,7 milioni nel 2007, 8,2 nel 2008, 1,4 l’anno scorso.

Va detto che il fondo può contare su oltre 100 milioni di riserve. Ma questa non dev’essere una grande consolazione per la lunga lista di soci sostenitori chiamati a raccolta dal presidente della Ferrari. Per esempio, oltre all’amico Della Valle, anche Unicredit, Monte dei Paschi, gli imprenditori Merloni e Seragnoli e molti altri ancora. Tutti investitori che, almeno in teoria, dovrebbero aver dato credito a Montezemolo nella speranza di guadagnarci. Invece quei soldi restano nelle casse del fondo perché non si sa bene come spenderli. E allora serve una soluzione. Un modo per raddrizzare i bilanci oppure per sfilarsi elegantemente da operazioni non proprio brillanti.

Le grandi manovre sono in pieno svolgimento. E riguardano almeno un paio di partecipazioni importanti di Charme. Per Gnv, in cui Charme vanta una partecipazione vicina al 10 per cento, è in arrivo una scialuppa di salvataggio lanciata dall’armatore Gianluigi Aponte, quello della Msc crociere e della Snav. Ballantyne ha invece da poco trovato un misterioso cavaliere bianco che arriva nientemeno che dal paradiso off shore delle British Virgin islands. Ma vediamo nel dettaglio com’è andata.

La Gulgong inc è la classica società schermo nata al sole dei Caraibi e ha già versato una ventina di milioni di euro nelle casse della Charme fashion, la holding controllata dall’omonimo fondo a cui fa capo Ballantyne. Chi si nasconde dietro Gulgong? Mistero. Ma c’è una pista che porta in Russia. L’anno scorso infatti nel consiglio di Charme fashion presieduto da Montezemolo è stata nominata l’avvocato di Mosca Elena Arinushkina. E’ possibile, quindi, che la quota intestata alla finanziaria Gulgong, oltre il 20 per cento del capitale, sia in realtà riconducibile a investitori russi.

Di certo Ballantyne ha bisogno urgente di capitali freschi per puntellare un bilancio messo a dura prova dal crollo delle vendite innescato dalla recessione. Nel giro di tre esercizi, dal 2007 al 2009, il fatturato del’azienda è crollato da 24 a 14 milioni di euro e l’anno scorso le perdite hanno superato quota 11 milioni. Per scongiurare il dissesto, Charme non ha potuto fare altro che rifornire di capitali freschi la controllato. Con l’aiuto del socio off-shore, quello mascherato dietro le insegne della Gulgong caraibica.

Grandi navi, altri naufragi

A ben guardare anche Grandi navi veloci ha chiesto aiuto all’estero per riportare i conti in linea di galleggiamento. La società di traghetti è controllata dal fondo Investitori associati (67 per cento) insieme a Idea Capital del gruppo De Agostini (20,1 per cento), mentre Charme possiede una quota del 9,2. Entro qualche settimana tutti questi soci aggiungeranno un posto a tavola per Aponte, napoletano di origine ma ormai da anni residente in Svizzera, a Ginevra, da dove dirige uno dei maggiori gruppi armatoriali del mondo. Lo stesso Aponte si è candidato di recente a comprare anche Tirrenia, la scalcinata compagnia di navigazione pubblica, mentre un paio di anni fa si era schierato in prima fila nella cordata Alitalia per poi sfilarsi all’ultimo momento.

Adesso invece l’armatore con base a Ginevra marcia dritto su Gnv. L’obiettivo finale è quello di rilevare almeno il 50 per cento del capitale della società un tempo controllata dalla famiglia Grimaldi. Gli altri soci vedrebbero le loro quote ridursi di conseguenza. Compreso Charme, che potrebbe scendere sotto il 5 per cento riducendo quindi di molto il suo impegno. Aponte pagherebbe per così dire in natura, cedendo a Gnv tre navi della sua flotta. E’ già stata siglata una lettera d’intenti e se l’affare dovesse davvero concludersi sarebbe l’ennesimo ribaltone per un’azienda che negli ultimi anni ha più volte cambiato azionisti di riferimento.

Dalla famiglia Grimaldi è passata a una cordata di fondi guidata da Permira, poi è arrivata la quotazione in Borsa da cui nel 2004 è stata cancellata con un’offerta pubblica. Nel 2006 il testimone è passato a Investitori associati e Montezemolo. E adesso tocca ad Aponte. Tra un passaggio e l’altro, con un’operazione di ingegneria finanziaria, i fondi hanno scaricato sull’azienda i debiti a suo tempo accesi per comprarla. E così, quando nel 2008 sono calati i ricavi per via della crisi mondiale Gnv si è trovata con un fardello in più, quello degli interessi da pagare alle banche creditrici. Così nel 2008 Grandi navi veloci ha perso quasi 10 milioni e nel 2009 circa 19 milioni. Pochi mesi fa, per evitare il peggio, è stato raggiunto un accordo con le banche per riformulare le condizioni dei prestiti e i vecchi soci hanno versato capitali freschi (circa 30 milioni). In attesa dell’arrivo di Aponte. Montezemolo invece si preparava a scendere dai traghetti. Ora viaggia in treno.

Copyright © Il Fatto Quotidiano. All rights reserved

______________________________________

MONTI “NON GARANTISCO PER IL FUTURO”

di Ugo Magri – “La Stampa”

Monti è più cauto di qualche mese fa, quando lui girava il mondo a spiegare che, chiunque avesse vinto le elezioni, l’Italia avrebbe continuato lungo la retta via… «Non posso garantire per il futuro», ha invece tagliato corto ieri dal Kuwait, «sarei già contento se potessi migliorare il presente, come credo stiamo facendo con lo sforzo di tutti». Il premier risponde del proprio operato, figurarsi se mette la mano sul fuoco per conto di chi verrà dopo.

Si limita a formulare un auspicio, «chiunque governerà dovrà avere come obiettivo non solo quello di garantire le imprese italiane, ma anche di continuare la trasformazione della società in termini di crescita, giustizia, lotta alla corruzione e all’evasione». Questa è stata la sua «agenda», ma non è detto che coincida con il programma di Bersani e di Vendola, lanciatissimi verso la vittoria. Anzi, la sinistra sembra intenzionata a imprimere una svolta netta, per Monti immaginano un ruolo istituzionale, in patria o all’estero, purché non a Palazzo Chigi, e non come timoniere delle riforme. Se così è, allarga idealmente le braccia il Prof, ciascuno scelga il proprio destino.

Il destino di Monti sembra saldarsi sempre più con l’iniziativa di Montezemolo e dei 6 mila che si sono adunati sabato a Roma per invocare un governo di ricostruzione. Vorrebbero rappresentare il nucleo di un grande «rassemblement» (anche se il ministro Riccardi esclude che voglia essere «la nuova Dc»), e decisivo sarà l’apporto del premier, se davvero tra qualche settimana permetterà l’uso del nome: il suo personale prestigio farebbe da cemento tra anime e mondi che oggi si guardano con diffidenza.

C’è chi dà per scontato un abbraccio, politico si capisce, tra Casini e il presidente della Ferrari. Eppure ieri colpiva il leader Udc, cauto nel giudicare la manifestazione agli «Studios» di via Tiburtina: «Penso che sia sempre positiva la concorrenza», ha detto Casini insieme a elogi di circostanza. Per ora Montezemolo è un competitor; se poi diventerà anche alleato, lo scopriremo… Nell’Udc qualcuno ricorda che molto ingeneroso era stato il giudizio di Italia Futura nei confronti dei centristi, presentati come rottami della vecchia politica proprio mentre provavano a ripartire da Chianciano. Rimettere insieme i cocci, ammettono, sarà laborioso.

A sinistra sembra scattare invece una certa demonizzazione. Vendola non esita a buttarla sul piano personale, Montezemolo «è uno dei volti delle vecchie classi dirigenti che hanno portato l’Italia verso la catastrofe». Rosy Bindi rinfaccia il famoso incarico che Berlusconi gli conferì (promuovere il made in Italy), quasi fosse la prova di una connection. Attualmente, il Cavaliere non esprime un particolare feeling per Monti, che attacca a ripetizione, e neppure per Montezemolo.

Una cosa è la personale stima, altra cosa l’interesse politico. Tornano a farsi forti le voci di un ripensamento, l’ultimo nonché definitivo, del Cavaliere, pronto a ricandidarsi subito dopo le primarie del Pd, non appena il «comunista» Bersani si sarà sbarazzato dell’innovatore Renzi.

Attestati di «simpatia e attenzione» per Montezemolo giungono, viceversa, da Alfano. Ormai è normale, se Silvio pensa «a», Angelino dice «b». Cicchitto, uno dei rari ragionatori di politica da quelle parti, è convinto che l’area moderata non potrà non allearsi col centrodestra, se al governo vorrà Monti anziché le sinistre. Però ci sono serie contraddizioni. Ad esempio: le primarie del Pdl hanno poco senso nella prospettiva di un grande schieramento moderato.

Perché insistere a tenerle? E poi: grandi elettori di Alfano sono tutti i capibastone, da La Russa a Scajola, da Formigoni ad Alemanno: facce non proprio nuove. Che in cambio dell’appoggio al segretario, da loro lanciato contro Berlusconi, pretenderanno un posto al sole. Per il «rassemblement» moderato, una visibilità imbarazzante.

__________________________________________________

E IL PREMIER MEDITA LA MOSSA PER GENNAIO: FAR USARE IL SUO NOME

di Fabio Martini – “La Stampa”

E’ precipitato tutto (o quasi) nelle ultime 48 ore. Dopo la Convention degli Studios la chimera del Monti protagonista alle elezioni si è improvvisamente fatta più concreta: i segnali di disponibilità del Professore, privati e pubblici, si sono intensificati, tanto è vero che negli ultimi due giorni i maggiori leader politici, tra di loro, non parlano d’altro.

L’ingresso diretto del presidente del Consiglio nel ring politico ha preso la forma di uno scenario ben preciso: una volta approvata la Legge di Stabilità ed (auspicabilmente) la riforma elettorale e dunque ai primi di gennaio a cavallo con lo scioglimento delle Camere, il presidente del Consiglio preso atto delle «chiamate» potrebbe dare la sua disponibilità alla Coalizione che lo indicasse per palazzo Chigi. Con parole di questo tipo: se vincete voi, continuerò a guidare il governo.

E dunque, una coalizione incardinata su due liste (una Montezemolo-Riccardi-Bonanni e una del Terzo polo capitanata da Casini) e destinata a denominarsi «Monti per l’Italia», potrebbe determinare nel giro di pochi giorni clamorosi riposizionamenti e una corsa centripeta, attirando verso il nuovo soggetto spezzoni dei due partiti più forti. Ennesima scenario fantapolitico, oppure ai primi di gennaio la politica si prepara ad un fragoroso big bang?

Una cosa è certa: in queste ore l’ipotesi che col nuovo anno Monti passi il Rubicone è uno dei «refrain» più gettonati. Soprattutto dopo la Convention «Verso la Terza Repubblica», evento troppo impegnativo – si calcola nel Palazzo per non preludere a qualcosa di grosso. A chi gli ipotizza un Monti in campo a fianco dei centristi, Pier Luigi Bersani confida di «non crederci». Angelino Alfano sa che il giorno in cui Monti ri-scendesse in campo, per lui potrebbe diventare dirimente la scelta della vita: col professore o con Berlusconi?

E così, dopo che, per mesi e mesi, il circo politico-mediatico si era arrovellato su cosa potesse fare «da grande» il professor Monti, il primo a suggerire una possibile svolta è stato proprio lui. Per mesi e mesi il presidente del Consiglio aveva ripetuto che il suo incarico – guai a dubitarne – era a tempo. Poi, due mesi fa a New York e dopo averne parlato a tu per tu il giorno prima con Obama, per la prima volta Monti ha «ceduto» («Se dovesse servire, sono pronto»). Due giorni fa, in un intervento alla «Bocconi» di cui probabilmente è stata sottovalutata l’importanza, alla solita domanda il professore ha risposto con ambivalenza: «Nessuno mi domanda impegni oggi, e oggi non ne do».

Un’esternazione tutta centrata sull’avverbio «oggi», con una forte assonanza, guarda caso, con una affermazione che nelle stesse ore faceva Luca Cordero di Montezemolo: «Non chiediamo al presidente del Consiglio di prendere oggi la leadership di questo movimento politico. Ciò pregiudicherebbe il suo lavoro, e davvero non ce lo possiamo permettere». Ieri, da Kuwait City, proprio dopo aver speso opere e parole per favorire gli investimenti in Italia, Monti ha pronunciato quelle parole («Non posso garantire per il futuro») che non soltanto i malevoli hanno interpretato come una autopromozione.

Ma se davvero Monti desse la sua disponibilità nei giorni che precedono lo scioglimento delle Camere, a quel punto si determinerebbe un big bang nella politica italiana? Pd e Pdl si sfalderebbero? Sostiene Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl, da sempre un buon fiuto politico: «Certo, il rischio che personalità dei due partiti più importanti possano avvertire la sirena di un Monti in campo ci sarebbe e proprio per questo noi dobbiamo rompere gli indugi: da qui a marzo c’è tempo per mettere in piedi uno schieramento di moderati alternativo alla sinistra, guidato da Monti nel ruolo di federatore».

E dall’altra parte anche un altro personaggio attento ai movimenti in corso come l’ex ministro del Pd Beppe Fioroni, consiglia di non perdere il treno Monti: «Il Pd riorganizzi l’area riformista, in accordo con Vendola, annunci che dopo le elezioni è pronto ad allearsi con la Coalizione centrista che fosse guidata da Monti, ma con l’intesa che a Palazzo Chigi andrà il leader dell’area che ha preso un voto più degli altri». La giostra attorno al Professore è appena cominciata.