Washington – Questa volta nel mirino del Tesoro americano non c’è la Cina, bollata come “manipolatore di valute”, bensì la virtuosa Germania. Nel rapporto semestrale al Congresso i funzionari statunitensi hanno messo nero su bianco: la posizione di forza che ha raggiunto Berlino all’interno dell’Unione europea sta distruggendo la struttura del commercio mondiale. Per arrivare a questa conclusione l’amministrazione americana ha considerato un dato: l’avanzo delle partite correnti della Germania che oggi si aggira attorno al 6,3% del Pil, anche se quello dell’Olanda è ancora peggio o meglio a seconda dei punti di vista collocandosi a quota 9,5%.
Eppure, nonostante la facciata, tutto questo ha un contraltare molto amaro: sui conti pubblici dei Paesi che devono riscattarsi passando sotto le forche caudine dell’austerity si traduce in una compressione della domanda interna.
In altre parole: l’eccellenza tedesca porta a gravi squilibri, che travalicano l’Europa e arrivano Oltreoceano. Infatti – hanno denunciato nel rapporto gli esperti americani – se la zona euro è sostanzialmente in equilibrio commerciale, il regime di austerity a cui devono piegarsi i Paesi del Sud Europa sta creando una polarizzazione verso il Nord Europa, frenando la ripresa globale”.
E ancora: il surplus permanente della Germania è in netto contrasto con il cambiamento in corso in Asia. Al Tesoro americano lo dicono chiaramente: mentre la Cina è parzialmente riuscita a riequilibrare la sua crescita non puntando tutto sulle esportazioni, la Germania non si è adattata e così ha superato Pechino diventando la più grande fonte di squilibri del commercio mondiale, “che rappresentano una fetta consistente del deficit degli Stati Uniti”.