Milano – Tre milioni e mezzo di once, tanto oro quanto se ne può estrarre in un anno dalle miniere del Canada. Agli hedge funds ieri è bastata una manciata di minuti per venderne altrettanto al Comex. Si trattava di lingotti di carta – almeno 35mila future, raccontano i trader – ma l’effetto sulle quotazioni del metallo è stato reale e dirompente: un calo verticale, di 25 dollari in un solo minuto, quello di apertura della seduta.
L’oro ha poi continuato a deprezzarsi per circa un’ora, toccando un minimo di 1.705,50 $/oncia e recuperando in seguito solo parzialmente le perdite (in serata quotava intorno a 1.715 $).
Lo scivolone è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Per ore gli analisti hanno cercato di ricostruirne le cause, giungendo ad un’unica conclusione certa: non si è trattato di un errore. Ad escluderlo è intervenuto il Cme Group: «È stata una liquidazione guidata dal mercato – ha dichiarato un portavoce – Non ci sono stati “fat fingers” (errori nella digitazione dell’ordine, Ndr) né errori tecnici».
L’ipotesi del “ditone” era una delle più gettonate fra i trader, che all’avvio degli scambi al Comex avevano visto apparire sugli schermi un singolo ordine di vendita da 7.800 lotti. Di qui è partita la reazione a catena: l’oro ha sfondato al ribasso il supporto dei 1.730 $ e, man mano che altri si accodavano all’improvvisa tendenza ribassista, sono partiti i “sell stops”, ordini di vendita automatici, che scattano al di sotto di una soglia di prezzo predefinita, che molti operatori usano per limitare le perdite.
All’origine del crollo è possibile che vi sia stato un fondo impegnato in vendite allo scoperto: far cadere l’oro sotto 1.730 $, in modo da accelerarne la discesa, era un obiettivo deliberato, suggeriscono alcuni osservatori. Altri sono convinti che il responsabile sia un hedge fund guidato da algoritmi, che ha iniziato a liquidare in risposta all’indebolimento dell’euro: in coincidenza con la caduta dell’oro, che è di solito inversamente correlato al dollaro, il cambio della divisa europea è in effetti sceso sotto la soglia di 1,30.
Un’altra “coincidenza” evidenziata da alcuni analisti riguarda l’intensa attività rilevata ventiquattr’ore prima sul mercato delle opzioni: martedì c’erano stati forti acquisti sulle opzioni put (che danno diritto a vendere) per gennaio a 1.700-1.790 $/oz.
Qualcuno, infine, cita anche il ritardo con cui parecchi investitori – forse a causa della recente festività del Thanksgiving – stanno riportando le loro posizioni in vista della scadenza del future per dicembre. Domani è il “first notice day”, in cui bisogna dichiarare se si intende prendere consegna fisica dell’oro, e le posizioni aperte su questo contratto sono ancora insolitamente alte: molti avrebbero già dovuto spostare le loro scommesse sul mese successivo.
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