Economia

Bce conferma tassi a 0,75% e taglia stime Eurozona

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Roma – La Banca centrale europea ha confermato per il quinto mese consecutivo i tassi di interesse dell’area euro, il cui principale riferimento resta così al minimo storico dello 0,75 per cento. Un valore raggiunto nel luglio scorso, quando venne effettuata l’ultima variazione con un taglio da 0,25 punti base. La decisione di oggi, comunicata al termine del Consiglio direttivo che si è svolto nella sede istituzionale di Francoforte, è in linea con le attese degli analisti.

Nella conferenza stampa con cui ha commentato la decisione, il numero uno della Bce Mario Draghi ha commentato il quadro economico attuale, dando qualche previsione sul 2013, affermando che “l’inflazione scenderà sotto il 2% nel corso del 2013” e che sempre l’anno prossimo ci saranno ancora “incertezze sulla ripresa” dell’economia: in poche parole “l’attività debole dovrebbe continuare” anche l’anno prossimo. Il miglioramento della congiuntura dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2013.

In questo contesto, Draghi ha comunicato le nuove stime sul Pil dell’area euro, che sono state riviste al ribasso dall’Eurotower: per il 2012 la Bce prevede un Pil tra -0,6% e -0,4%, contro il precedente range tra -0,6% e -0,2%, mentre per il 2013 le previsioni sono di un range compreso tra -0,9% e -0,3%, contro la forchetta compresa tra -0,4% e +1,4% di tre mesi fa. La Bce ha anche fornito per la prima volta una stima per il 2014: in questo caso di parla di una crescita del Pil compresa tra +0,2% e +2,2%.

La Banca centrale europea ha tagliato anche l’outlook sull’inflazione: per quest’anno stima una media del 2,5%, mentre sul 2013 tra +1,1% e +2,1%. Per il 2014, anche in questo caso l’outlook è stato reso noto per la prima volta, stimata inflazione tra 0,6 e 2,2%.

Questo mentre dall’economia reale sono giunti sviluppi nelle ultime settimane decisamente poco incoraggianti. La disoccupazione ha segnato infatti nuovi massimi storici all’11,7 per cento e proprio oggi Eurostat ha confermato la ricaduta ufficiale in recessione dell’area valutaria, sebbene con un calo moderato del Pil dello 0,1 per cento nel terzo trimestre.

Nella sua conferenza stampa Draghi ha ribadito il miglioramento della fiducia sui mercati, grazie al nuovo piano di possibili acquisti calmieranti di titoli di Stato sotto stress (Omt), annunciato a settembre. Questo, senza che in concreto sia stato necessario spendervi un solo euro, da quando il presidente ha fatto capire chiaramente le sue intenzioni – affermando lo scorso luglio che la Bce era “pronta a tutto per preservare l’euro” – e poi ha fatto seguire a queste parole i fatti con l’Omt, gli spread tra i bond di paesi come Italia e Spagna, e i Bund della Germania, si sono praticamente dimezzati.

Draghi ha sottolineato che la Banca centrale europea continuerà ad erogare almeno fino alla fine del secondo trimestre 2013, i prestiti alle banche con finanziamenti a un mese. Ennesimo avvertimento ai governi, che “devono ridurre gli squilibri strutturali e fiscali”.
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Riguardo all’Unione bancaria, il banchiere fiorentino si è detto “fiducio” sul raggiungimento di un accordo sul supervisore unico sulle banche europee. Ribadendo l’importanza di questo proposito, Draghi ha rilevato che “i benefici che ci sarebbero con un singolo vigilante sono incontestati. Si romperanno i legami tra debiti pubblici nazionali e banche, rendendo le banche più affidabili”.

Sullo sfondo, rimane il simbolico calo sotto i 300 punti base dello spread tra Btp italiani e Bund sulla scadenza decennale. Certo, in parallelo ci sono stati notevoli passi in avanti anche da parte dei governi, come lo stesso Draghi non ha mancato più volte di rilevare, sia a livello di singole nazioni sui piani di risanamento dei conti e riforme economiche, sia a livello di area euro e Unione europea sul rafforzamento dell’integrazione economica e della disciplina di bilancio. E la scorsa settimana c’è anche stato il non indifferente accordo dell’Europgruppo per ‘salvare il salvataggio’ della Grecia. Ma dal punto di vista dei mercati il fattore che sembra aver fatto la differenza è stato il piano – rigorosamente condizionato – della Bce.