Roma – Segreti scomodi, dettagli oscuri, ruolo sospetto dei soci del vecchio management. Ci sono tutti gli ingredienti della spy story aziendale nelle ultime rivelazioni riguardanti la scalata alla Fonsai a cui ha partecipato nell’ombra il gruppo Generali. Tra questi i rapporti tra Palladio di Vicenza e le Assicurazioni Generali, tra la provincia e l’impero.
Il nuovo AD Mario Greco ha aperto una indagine interna per capire se procedere ad azioni legali di responsabilita’ contro il vecchio management, per i rapporti intrecciati con alcuni soci eccellenti, tra cui Palladio e Perissinotto.
In primavera scade il CdA della compagnia e l’azionariato sta subendo qualche scossone, come riportano le agenzie italiane. L’articolo del Corriere della Sera ha riaperto un calderone bollente, quello del tema degli assetti in seno al Leone di Trieste, svelando l’esistenza di una relazione interna del comitato di controllo, chiesta dall’AD Mario Greco ed affidata ad Alessandro Pedersoli.
Il giornalista Massimo Mucchetti parla di “una clamorosa revisione – avviata dal nuovo Ceo – delle relazioni pericolose degli ex vertici del gruppo con alcuni soci eccellenti, in particolare con i veneti raggruppati nelle “finanziarie vicentine Palladio e Ferak“, protagoniste sconfitte della scalata alla Fonsai.
Generali, riferiscono le agenzie, ha avviato una analisi sull’intero portafoglio investimenti. Lo rende noto la compagnia, su richiesta della Consob, precisando che nell’ambito della gia’ annunciata revisione delle proprie attivita’ per un maggior focus sul business assicurativo, ha avviato un’analisi puntuale di tutto il portafoglio di investimenti.
Il 14 dicembre scorso – informa un comunicato – sono state quindi portate all’attenzione del Comitato Controllo e Rischi e successivamente del Consiglio di Amministrazione, le valutazioni aggiornate di alcuni investimenti in Private Equity e fondi alternativi per avviare la verifica della valorizzazione di tali asset e l’analisi della governance attuale del processo di investimento. Sono stati in particolare trattati gli investimenti del fondo lussemburghese e dei fondi gestiti da VEI e Rhone.
Dall’analisi su questa classe di investimenti emerge che gli eventuali impatti economici e finanziari, oggi non precisamente determinabili, non sono tali da incidere significativamente sul patrimonio aziendale. Le risultanze degli approfondimenti saranno sottoposte all’attenzione del Comitato e, per il tramite di quest’ultimo, del Consiglio di Amministrazione. Come gia’ previsto, analoghe analisi saranno avviate su tutte le altre classi di investimento.
Di Massimo Mucchetti
La Banca d’Italia ha ormai concordato con la Cassa depositi e prestiti il passaggio del 4,5% di Generali, detenuto dal suo Fondo pensioni, al Fondo strategico italiano. L’operazione viene decisa negli stessi giorni in cui il nuovo amministratore delegato delle Generali, Mario Greco, avvia una clamorosa revisione delle relazioni pericolose del vecchio management della compagnia con alcuni soci eccellenti, in particolare con i veneti raggruppati nelle finanziarie vicentine Palladio e Ferak, protagoniste sconfitte della scalata alla Fonsai.
La coincidenza è fortuita, ma accelera il cambiamento degli assetti di potere nel terzo gruppo assicurativo d’Europa, da anni materia di speciale attenzione non solo per il suo primo azionista, Mediobanca, ma anche per le due grandi banche italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il governatore Ignazio Visco proporrà di cedere il pacchetto Generali in cambio di azioni ordinarie e privilegiate del Fondo strategico.
La Banca d’Italia è orientata a conservare nel tempo le azioni ordinarie del Fondo strategico, per un valore di poco inferiore ai 300 milioni, mentre smobilizzerà entro 3 anni le azioni privilegiate, pari a poco più di 600 milioni. La Cassa infatti riconoscerà alla banca centrale il diritto di recesso esercitabile dopo la vendita delle azioni Generali da parte del Fondo. In un primo momento, la Banca d’Italia avrà il 20% del Fondo strategico.
A regime, mano a mano che il capitale promesso verrà versato e altri soci si aggiungeranno, questo 20% scenderà al 5-6%. Nel frattempo, il Fondo strategico non modificherà la linea di neutralità quasi sempre seguita dalla Banca d’Italia negli affari interni delle Generali. In particolare, non chiederà posti nel consiglio della compagnia. E però, lo smobilizzo del 4,5%, pur sempre il secondo pacchetto azionario in Generali, non sarà mai un affare da poco. Anche perché nel prossimo futuro saranno posti in vendita un 3-4% da parte di Mediobanca, l’1% di Fonsai e forse i pacchetti dei veneti.
In queste settimane le Generali sono diventate teatro di alcuni sospetti, sussurrati a mezza bocca. Dal fronte di Mediobanca e Unicredit, e della loro alleata De Agostini, si è temuto che l’intervento della Cassa, dove Giuseppe Guzzetti esercita una vasta influenza, fosse propedeutico alla costituzione di uno schieramento riferibile a Intesa Sanpaolo e capace di scompaginare gli equilibri della compagnia oggi arroccati sull’alleanza tra Mediobanca, De Agostini, Caltagirone e Fondazione Crt.
Dal fronte di Intesa Sanpaolo si è paventato che i cambi al vertice delle Generali potessero preludere a un atteggiamento della compagnia, che resta un socio rilevante della banca di Ca’ de Sass, diverso da quello collaborativo del passato. In particolare, a suo tempo aveva destato scalpore la liquidazione sommaria di Perissinotto, che non di rado seguiva gli orientamenti di Corrado Passera, per esempio nelle questioni di Telecom Italia.
La soluzione, che verrà adottata per il Fondo strategico, dovrebbe tranquillizzare il mondo Unicredit-Mediobanca. Anche oltre il ragionevole. Non si capisce, infatti, per quale ragione reale il Fondo strategico italiano non debba avere gli stessi diritti degli altri soci a protezione del proprio investimento e perché debba essere, per contratto, obbligato a vendere a termine. La Cassa e Guzzetti hanno fin qui dimostrato un rispetto dei ruoli e delle istituzioni che raramente si sono visti nei grandi gruppi privati. Evidentemente, la capacità di pressione dei soci eccellenti di Generali – di De Agostini che ha parlato, di Mediobanca che era d’accordo – è riuscita a far circoscrivere in questo modo il ruolo della Cassa.
Sull’altro versante, l’azione di Greco non può ancora dirsi finita. Al setaccio del consiglio di venerdì 14 dicembre sono passati, per esempio, gli investimenti alternativi del gruppo Generali: 6,1 miliardi in tutto. Tra questi spiccano i 13 fondi di private equity lussemburghesi della compagnia sui quali sono stati messi 1,24 miliardi con una perdita, finora, di 300 milioni; il fondo Rhone messo su da Robert Agostinelli e Steven Langman a New York e verso il quale le Generali sono impegnate per un miliardo (ma ne volevano mettere due) con generose fees sia di gestione che di performance; il fondo Veicapital, al quale le Generali hanno finora versato 70 dei 155 milioni promessi con un rendimento annuo negativo del 4%; l’hedge fund Tenax dell’ex capo della ricerca di Ubs, Massimo Figna, che perde il 4,3% sui 550 milioni ottenuti da Generali.
Ma le vere conseguenze dell’azione di Greco sono altre. Di fronte alle scoperte fatte, l’amministratore delegato ha passato le carte agli studi legali Erede e Mucciarelli per capire se la compagnia debba rivolgersi o meno alla Procura della Repubblica e se il consiglio di amministrazione, presieduto da Gabriele Galateri, debba o meno procedere ad azioni di responsabilità.
Un’altra conseguenza sarà lo scioglimento della società Effeti, titolare del 2,26% di Generali: la Fondazione Crt, dov’è stato avviato un nuovo corso, non potrà condividere il destino della società Ferak, dove si riuniscono gli interessi di Palladio, Amenduni e altri nelle assicurazioni. Ultima ma più importante conseguenza è l’emergere in capo alle Generali di un management professionale senza più gli intrecci non di rado incestuosi con i propri azionisti.
In passato, da capo della Ras, Greco era uscito dal patto di sindacato di Mediobanca. In un passato più recente, è stato sacrificato da Passera dopo la fusione tra Intesa e Sanpaolo e, come reazione, non ha fatto polemiche ma se ne è andato alla Zurich dove ha fatto bene. Greco è stato chiamato a Trieste in seguito alle trasformazioni avvenute in Mediobanca, ma la sua azione rappresenta una sfida anche per chi l’ha nominato e può offrire un nuovo orizzonte anche al mondo di Intesa Sanpaolo”.
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