ROMA – Ci guardiamo bene dal perdere tempo e dal dare spazio qui su Wall Street Italia al diluvio di dichiarazioni fatte in TV dalla “mummia n.1” della politica italiana (svariate mummie esistono, purtroppo, anche in altri partiti…) ovvero l’ex presidente del Consiglio e uomo piu’ ricco d’Italia Silvio Berlusconi, dichiarazioni rese alla solita tribuna di “Porta a Porta” condotta dal solito Bruno Vespa.
Preghiamo i nostri lettori – per fortuna molto piu’ scafati rispetto alla media degli italiani – di leggere direttamente le news di agenzia su BREAKING NEWS. Cio’ serve soprattutto per non subire passivamente – come fanno invece tutti i media del “regime PFR” (Poteri Forti Riuniti) – una valanga di proclami da pura proganda elettorale senza alcun serio contraddittorio indipendente. Una pratica che permette a un singolo potente di approfittare della tribuna televisiva manipolando il popolo, come nei paesi del quarto mondo. Senza contare che sono sempre e solo chiacchiere, le stesse identiche da anni, smentite il piu’ delle volte da dichiarazioni uguali e contrarie fatte il giorno dopo. Per noi e’ un uomo finito. Del passato. Politicamente morto, nonostante lo smisurato ego e le sue tv.
BREAKING NEWS
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Il titolo è forte: “Il sogno degli italiani”. Il “buon, caro e vecchio Silvio” (si notino le virgolette per piacere) è sdraiato in una teca come solo ai santi e ai Papi è concesso. Vestito in modo molto elegante, l’ex-presidente del consiglio poggia la mano destra su un piccolo libretto “Una storia italiana” (sì, è proprio quello che alcuni di voi avranno ancora in casa), mentre la mano sinistra va furbescamente ad adagiarsi sulle parti intime, a simboleggiare la sua infinita virilità. Camicia sbottonata e cravatta allentata. Ai piedi le pantofole a forma di Topolino. Sorriso, immancabile.
«Abbiamo pensato Berlusconi – spiegano gli artisti – il suo corpo, l’idea stessa che noi tutti spettatori ci siamo fatti in questi anni del leader italiano, chiuso in una teca riservata nella tradizione cristiana alla conservazione dei corpi dei santi, ma anche da una prospettiva laica alla conservazione dei corpi dei potenti e degli eroi (dalla mummia di Mazzini a quelle di Mao e Lenin) per sottolineare il culto della personalità di cui egli è stato e forse sarà oggetto negli anni a venire. E allo stesso modo porre un diaframma tra la realtà contingente e il giudizio storico. Se gli italiani sono in ultima analisi “Un popolo di santi, di poeti,di navigatori..” allora l’arcitaliano Silvio ne costituisce degno simulacro»
Allora. Non giriamoci troppo intorno. Siamo sicuri che l’effetto ottenuto sia quello voluto e sperato? Sempre per non girarci troppo intorno, che forza può avere un’opera d’arte del genere dopo il “periodo-Cattelan”? Perchè, spiace dirlo per i creatori, ma il paragone è immediato, volenti o nolenti.
(In un mondo artistico in cui sempre più “fare arte” significa progettare l’opera e poi delegare la sua realizzazione, non prenderemo in considerazione nella nostra “analisi” la tecnicità della mano d’opera impiegata)
Prima di tutto dobbiamo capire che siamo davanti ad un’opera che fa dell’essere famosa, dell’essere conosciuta da tutti una caratteristica non semplicemente fondamentale, ma totalmente essenziale. Quando lo storico dell’arte Germano Celant nel 1997 dovette curare l’allestimento della Biennale di Venezia, si ritrovò davanti un piccolo manipolo di artisti da “rappresentare”. Erano emergenti, ma già abbastanza conosciuti. Vogliosi di di-mostrarsi. Si misero intorno ad un tavolo e…ribaltarono la mente di Celant. Tra le tante cose dette, gli artisti espressero la teoria che il loro concetto di arte non poteva esistere se non totalmente legato al concetto di massa. L’opera doveva essere massificata. Doveva essere “sponsorizzata” e ottenere il più ampio riscontro sociale possibile. Una logica fortemente commerciale. Uno, due…tre passi oltre la massificazione Pop warholiana. Celant finì di bere il caffè (molto corretto per l’occasione), si alzò, sorrise come fa sempre, e capì che il mondo dell’arte era ad una nuova svolta.
Da quel tavolo si alzò anche Maurizio Cattelan che quel mondo lo avrebbe rappresentato e vissuto pienamente, dichiarandone poi una personale fine con la recente antologica al MoMA di New York.
Nel caso del Berlusconi-morto c’è, però, un totale azzeramento dell’effetto sorpresa, della freschezza del soggetto, dell’ironia non forzata. Nella coppia artistica Garullo-Ottocento la scelta del soggetto è banale, scontata, lenta, pesante, senza ossigeno. Anche se non si è mai vista risulta già vista. Nasce vecchia. Al di là che sia il sogno degli italiani (titolo discutibile per certi versi), l’immagine finale è come l’ennesima replica dell’ispettore Colombo su Rete4: magari la guardi svogliato, magari non l’hai mai vista, ma sembra uguale a tutte le altre. Il modo di rappresentare l’ex premier è sempliciotto, facilone, gigione.
Cattelan creava un’immagine che tendeva alla massificazione, la ricercava come traguardo da raggiungere per essere dichiarato ufficialmente “Arte”. Questa immagine, invece, si ha la percezione che sia già nelle nostre menti, non ci stupisce. Per paura di non risultare arte, anzichè tendere alla massa, nasce già dentro di essa, nasce già dentro di noi. Perdendo così gran parte della forza interiore. Ci fa sorridere, ma non ci colpisce. È ferma, mentre noi siamo già avanti. Il sorriso (molto cattelaniano!) è di un’ironia che non attecchisce, resta sempre di basso livello. Le babbucce di Micky-Mouse un inutile tentativo di risultare alternativi. Si ha l’impressione di essere davanti ad un “fuori-tema”, che arranca intorno a collegamenti mentali non volgari, per carità, ma noiosi e incolore.
Credo che l’Arte sia un’altra cosa. Questo Berlusconi-addormentato-nel-bosco sembra solo…arte. (Filippo Ronca)