ROMA (WSI) – Spetta al contribuente l’onere di provare che il proprio reddito è congruo rispetto al livello di consumi accertato dal Fisco. È questa una delle regole del nuovo Redditometro che sarà applicabile a partire dalle dichiarazioni del 2010. Ma vediamo come funziona il meccanismo.
Ogni anno l’Agenzia delle Entrate sceglie le tipologie di contribuenti da verificare e ne esamina le relative dichiarazioni. Nel farlo gli ispettori utilizzano le banche-dati che compongono l’Anagrafe tributaria: supponiamo che da questa verifica venga fuori un acquisto esorbitante rispetto al reddito dichiarato, ad esempio un’automobile di grossa cilindrata.
Da questo dato gli ispettori partiranno per ricostruire il profilo del contribuente riempiendo le caselle relative alle 56 voci di spesa del Redditometro. Come abbiamo già chiarito, per 30 di queste voci il Fisco attinge a dati rilevati dalle banche-dati, ad esempio per i consumi elettrici assumerà i dati dalle bollette.
Per altre 26 voci di spesa il Fisco metterà a confronto, se ci sono, eventuali dati emergenti dall’Anagrafe tributaria con le medie dell’Istat relative al tipo di famiglia cui appartiene il contribuente e alla sua area geografica (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud o Isole), tra i due dati prenderà per buono il più elevato; se il dato disponibile è solo quello presuntivo dell’Istat, terrà conto di questo.
Una volta compilato, voce di spesa per voce di spesa, il profilo del contribuente farà la somma e metterà a confronto la cifra complessiva così ottenuta con il reddito dichiarato. Utilizzando i propri parametri, verificherà la congruenza tra i due dati e, qualora questi risultassero inconciliabili per più del 20%, chiamerà il contribuente al contraddittorio.
Per prima cosa il cittadino potrà rilevare eventuali errori di estrapolazione dei dati dall’Anagrafe tributaria, mentre per quanto riguarda le spese per le quali risulta sotto le medie dell’Istat, dovrà spiegarne la ragione. Per esempio potrebbe argomentare che le risorse per l’acquisto dell’automobile di grossa cilindrata derivano in parte da prestiti, regalie o altro. Più difficile sarà spiegare, ad esempio, perché la sua spesa per alimentari o per abbigliamento risulta inferiore alla media Istat.
«Dal punto di vista strettamente giuridico il procedimento è garantista— commenta Enrico Zanetti, direttore del centro Studi Eutekne —. Tutto sta a vedere come sarà applicato nella realtà. Se dovessimo stare al modo in cui in questi anni si sono applicati gli “studi di settore”, allora dovremmo preoccuparci… ».
Tornando al nostro contribuente, qualora il Fisco non sarà convinto delle spiegazioni ricevute, procederà con un vero atto di accertamento che può essere impugnato presso le commissioni tributarie ma che comporta un pagamento, a titolo provvisorio, di un terzo delle maggiori imposte che il contribuente dovrebbe versare nel caso perdesse il ricorso (salvo che il giudice non ne sospenda il pagamento).
Va ricordato che in sede di giudizio circa il 50% dei casi finisce in un’assoluzione. Un’altra particolarità del nuovo Redditometro è la sua applicazione, che parte dai redditi del 2009. Questo accade perché lo strumento è stato disciplinato da un decreto del luglio 2010, emesso dal governo Berlusconi, entrato in vigore prima della presentazione delle dichiarazioni relative ai redditi del 2009.
Non si tratta dunque di retroattività, perciò l’accertamento non può essere impugnato per violazione dello Statuto del contribuente. «Non so se questo strumento sarà efficace contro l’evasione — commenta Zanetti — so però che 40 milioni di cittadini finalmente capiranno perché 5 milioni di Partite Iva in questi 15 anni hanno odiato gli “studi di settore”, senza necessariamente essere degli evasori ».
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