ROMA (WSI) – Mentre la banca Monte Paschi di Siena e la bufera sui derivati che l’ha travolta rubano l’attenzione dei mercati e occupano le prime pagine dei giornali, un altro scandalo, per certi versi sempre di natura finanziaria, sta per scoppiare.
Dietro al crollo di oggi in borsa dei titoli Saipem si cela una storia di poca trasparenza e non solo relativa alle difficolta’ di registrare profitti per via del contesto economico negativo.
Dopo aver emesso un profit warning sull’esercizio fiscale in corso, il gruppo energetico italiano si e’ visto declassare il rating da parte di almeno 11 banche. Bocciature arrivano per esempio da Deutsche Bank – rivisto il giudizio sul titolo a “hold” – da Exane – a “neutral” – e Credit Suisse, anche in questo caso rating abbassato a “neutral”.
L’azienda di trivellazione ha rivisto al ribasso le previsioni sugli utili 2012 e su ricavi e profitti nel 2013. L’outlook sugli utili pre tasse e’ stato tagliato del 6%, a circa 1,5 miliardi di euro. L’Ebit – si legge in un comunicato del contractor – e’ visto in contrazione a circa 750 milioni a fine anno.
Questo un giorno dopo aver lanciato un’operazione di collocamento, per la precisione del 2,3% del suo capitale. E’ stato il fondo Fidelity a cedere la percentuale di partecipazione nella controllata da Eni.
Tale manovra desta non pochi sospetti nelle sale operative, per via dei tempi, delle dimensioni e anche dal momento che l’indomani – oggi – la societa’ ha tagliato per l’appunto le stime.
Il titolo fa fatica a fare prezzo in borsa e perde fino al -46% teorico. Di rimbalzo, sotto pressione anche Eni. Il calo del -36% registrato al momento (poco prima di mezzogiorno) e’ il piu’ accentuato da almeno dicembre 1988.
A pesare sull’andamento delle azioni e’ anche l’inchiesta della Procura di Milano su un presunto giro di tangenti, legate all’appalto da 580 milioni di dollari che la società aveva incassato nel 2009, dopo un accordo con l’algerina Sonatrach per la costruzione del terzo lotto del gasdotto Gk3. Coinvolto l’ex amministratore delegato Pietro Franco Tali, dimessosi a dicembre, che e’ stato raggiunto da un avviso di garanzia.
A RIMETTERCI SONO ANCORA UNA VOLTA I PICCOLI AZIONISTI
Di Guglielmo Senni (ElwaveSurfer)
Il caso odierno di Saipem merita, a caldo, 2 riflessioni. La prima è una dura constatazione: abbiamo assistito all’ennesimo esempio di come, nel trading, non ci si può mai ritenere completamente al sicuro, anche con lo stop loss.
Nel trading si focalizza eccessivamente l’attenzione sulla componente “profitto” e poco sulla componente “rischio”; il rischio può essere sistematicamente ridotto in molti modi, quali:
1°) investendo solo una parte, e non tutto, il proprio capitale in assets a rischio (intendendosi non solo i derivati ma anche le azioni) ;
2°) dimensionando correttamente le posizioni; mai oltre il 10-20% della quota di capitale destinata all’azionario in un solo titolo / posizione;
3°) diversificando tra titoli e settori (e per chi può e riesce, mercati);
4°) utilizzando sempre lo stop loss.
Ciascun trader ha un grado di propensione/avversione al rischio suo personale, e i più temerari, riguardo ai primi 3 punti, potrebbero comportarsi diversamente, ad esempio investendo tutto il capitale nei forti uptrend e, concentrando il 30-40% delle proprie disponibilità su soli 2-3 titoli, ma riguardo all’ultimo punto, lo stop loss, non si può essere flessibili.
Qualcuno potrebbe obiettare: lo stop loss non salva se il titolo apre con gap negativo e salta il nostro prezzo di uscita, come è successo oggi con SAIPEM.
Vero, ma questo non toglie che nel 99% dei casi è l’ultima ancora di salvezza; il rischio nel trading si può ridurre, non si può eliminare completamente.
Veniamo al secondo punto: SAIPEM era un titolo da avere in portafoglio?
Tralasciando l’analisi fondamentale e concentradosi sull’analisi tecnica, guardando i grafici la risposta è NO.
Su base mensile si notano 5 elementi negativi:
1) 5 onde finite; con una terza superestesa è alquanto improbabile attendersi una 5° anch’essa con estensione;
2) i volumi sono in divergenza sui prezzi; durante l’onda 3 sono stati (come deve essere) al rialzo, durante la 5 erano in calo; pochi volumi, poca (o zero) probabilità di salire;
3+4) il ciclo rialzista di lungo era terminato, e in più con una divergenza negativa ; lo stocastico stava scendendo dai massimi dopo aver fatto registrare due picchi decrescenti in ipercomprato
5) il momentum era negativo; divergenza bearish sull’RSI in area over 75.
Su base settimanale si notano altri 5 fattori che confermano il quadro negativo:
1) un pattern ending diagonal; il cuneo rialzista è uno dei più classici pattern di inversione, solo eccezionalmente prelude ad una accelerazione, ma in questo caso ne mancavano tutti i presupposti;
2) rottura al ribasso della up-trendline di lungo;
3) tutte le medie mobili orientate al ribasso;
4) calo della prima settimana di dicembre con volumi del +200% sulla media;
5) doppia divergenza bearish prezzi / momentum (MACD).
Il grafico daily, poi, evidenzia 2 gap down negli ultimi giorni che si commentano da soli; l’ultimo ieri, è stata l’ultima occasione per uscire e mettersi in salvo.
Si poteva evitare il crollo?
Col senno di poi (diventa sempre facile dirlo dopo) probabilmente sì, forse è l’ulteriore esempio di buco nei controlli e informazione poco trasparente, ci sarà una commissione d’inchiesta o che altro (o magari nulla, all’italiana), ma (forse) in questo caso l’analisi tecnica avrebbe aiutato a non incorrere in questo disastro, non con lo stop che stavolta può aver fallito (ma va sempre utilizzato), ma con lo studio dei grafici, che davano un responso quasi inequivocabile sul titolo (esserne fuori).
Certo dispiace per i piccoli azionisti, che non disponendo di questi strumenti e non essendo tutelati dal sistema, sono rimasti colti alla sprovvista e si trovano con i loro risparmi pesantemente ridimensionati.
Ma, purtroppo, non sarà questo l’ultimo drammatico caso.