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Il partito unico dell’euro

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ROMA (WSI) – Intervento di Alberto Bagnai, professore di politica economica all’università Gabriele D’Annunzio di Pescara (GUARDA IL VIDEO QUI SOTTO).

“Buongiorno agli amici del Blog di Beppe Grillo, sono Alberto Bagnai, insegno politica economica all’università Gabriele D’Annunzio di Pescara, sono di ruolo nell’università dal 1996 e nella mia attività di ricerca mi sono occupato soprattutto di debito pubblico e di debito estero, principalmente nei paesi in via di sviluppo.

Poi è arrivata la crisi e sono stato costretto a occuparmi del mio paese e dell’Europa, nella mia attività scientifica e anche di divulgazione, che si è sviluppato soprattutto in questo ultimo anno, con la aggravarsi della crisi. Volevo fare delle riflessioni con voi sulla sostenibilità dell’Euro e sulla sostenibilità delle attuali regole economiche.

Partendo da una notizia piuttosto interessante, che mi è stata segnalata da uno dei lettori del mio blog, mi ha mostrato un VIDEO, che circola, credo che sia stato girato da una televisione tedesca, in cui si vedono due politici tedeschi, presidenti di alcune regioni del sud, che si lamentano del fatto che sono stanchi di raccogliere imposte dai loro cittadini per trasferirle ai cittadini di altre regioni tedesche.

Questo forse vi ricorderà qualche cosa che sta succedendo in Italia, che una parte del dibattito politico, anche nel corso della campagna elettorale, verte sul fatto che alcune regioni del nord sostengono di essere stanche di finanziare con le proprie imposte i bisogni strutturali di regioni del sud.

Ecco, in Italia la parte sviluppata è al nord, in Germania quella sviluppata è a sud, come in anche in Inghilterra del resto.

Che cosa c’entra questa storia con l’Europa? Un po’ c’entra, perché non so se ci avete fatto caso, ma la crisi europea presenta dei caratteri di asimmetria e molto spesso si sente dire, però, che si potrà risolvere questa crisi nel momento in cui si aggiungerà a questa unione monetaria una fiscale, e che cosa dovrebbe essere? Un meccanismo che sostanzialmente oltre a garantire rigore, incorruttibilità, etc., tutte queste belle cose e parole, molto moralistiche, però poi in soldoni dovrebbe permettere alle regioni più forti di aiutare quelle più deboli economicamente con meccanismi automatici di trasferimento.

Perché un’idea di questo tipo? Perché si sa benissimo che l’altra unione monetaria grande, che conosciamo e che funziona, che è quella degli Stati Uniti, che ha più di un secolo di vita, ricordiamolo, che e è passata anche attraverso una guerra di secessione, ricordiamolo, funziona esattamente così? C’è una sola moneta in tutti gli Stati Uniti, che è il dollaro, e però c’è un bilancio federale.

Questo significa che una parte, non trascurabile, delle imposte che i cittadini pagano va non al bilancio dello Stato in cui risiedono, ma al bilancio dell’unione di questi Stati, appunto gli Stati Uniti, e questo che vantaggi ha? Diversi, tra cui il più banale è che se in un singolo Stato c’è un problema, dico l’Alabama, come per esempio in Europa c’è un problema in Grecia, automaticamente il bilancio federale, è stato calcolato da studiosi negli anni 90, compensa 40 centesimi per ogni dollaro di reddito che il cittadino dello Stato in crisi ha perso perché automaticamente deve pagare meno tasse al bilancio federale e riceve anche sussidi di vario tipo, di disoccupazione.

Quindi c’è un meccanismo cuscinetto che è abbastanza rilevante, perché copre tra un 40 e un 30 per cento degli shock che riceve il reddito del cittadino dello Stato svantaggiato, e poi è automatico: non c’è bisogno di andare ogni volta a Washington per litigare, semplicemente le regole sono queste.

Ecco, in Europa se ci fosse una cosa di questo tipo è indubbio che staremmo molto meglio e la domanda è perché in Europa non c’è una cosa di questo tipo? Non sapevamo forse che non si può avere una moneta unica senza avere un bilancio pubblico unico? E qui purtroppo casca l’asino, cioè casca l’Euro, perché intanto è perfettamente noto a tutti che l’Euro sarebbe stato un esperimento fallimentare proprio perché mancava alla sua base una unità politica e in particolare una unità nel campo della politica fiscale, questo voglio ricordarvelo, lo hanno ricordato anche altri blogger, Messora, è una cosa di dominio pubblico, i fondatori dell’Europa sapevano benissimo che imporre una moneta unica a paesi diversi e con un sistema fiscale profondamente scollegato, avrebbe condotto a una crisi, lo ha detto per esempio il presidente Prodi al Financial Times nel 2001, lo hanno ripetuto anche tante altre persone, al punto che Luigi Zingales, un noto economista, un collega con un curriculum 67 volte più brillante del mio, ha palesemente detto che la crisi europea era premeditata e che l’Euro in questo senso era un disegno criminale, era una sua intervista rilasciata, la trovate sul web.

Quindi i problemi che fossero noti, lo dobbiamo dare per scontato.

Perché è estremamente improbabile che si trovi una soluzione? Qui torniamo all’inizio della nostra chiacchierata: a voi sembra probabile che dei bavaresi che non vogliono più dare soldi a dei sassoni, per dire un’altra regione tedesca, abbiano invece voglia di darli a dei napoletani, calabresi o ateniesi? A me sinceramente no!

Cioè di fatto questa unione monetaria per sopravvivere ha bisogno di trasferimenti che sono gli stessi trasferimenti che noi riteniamo politicamente improponibili a livello locale.

Ora questa cosa non ve la sto dicendo solo io, che appunto vengo da una università della east Coast italiana, questa cosa è nota a tantissimi economisti.

O mentono sapendo di mentire o sono disinformati. Vi posso dire che per esempio Paolo Manasse, dell’università di Bologna, un altro stimatissimo collega, a dicembre ha pubblicato un articolo nel suo blog in cui dice: “Ho una visione molto pessimistica dell’Euro perché purtroppo i trasferimenti che sono necessari per mantenerlo insieme, per tenere insieme i vari Stati, sono troppo ingenti”.

C’è anche un altro economista che leggo spesso che si chiama Jacqes Sapir che ha fatto un conto, si chiama Il costo del federalismo, il suo articolo (art. originale). Secondo Jacq Sapir il totale di questi trasferimenti sarebbe pari a un ammontare di 257 miliardi di Euro esclusi i fondi che normalmente viaggiano tra un paese europeo e l’altro per la cosiddetta coesione e quindi per rimediare i problemi strutturali dei paesi in difficoltà.

Somme di queste tipo sono assolutamente improponibili sotto il profilo politico e ne è prova il fatto che un mese fa le trattative sul bilancio federale dell’Unione Europea si sono arenate completamente su delle somme molto inferiori, dell’ordine di grandezza dei decimi di punto percentuale di Pil europeo.

Quindi vi rifaccio tutto il discorso: paesi che litigano per non trasferire al loro interno soldi dal nord al sud, paesi che hanno fatto ostracismo al bilancio della commissione europea, su somme tutto sommato ridicole, dovrebbero poi trasferire 475 miliardi dal nord al sud per favorire lo sviluppo strutturale delle sud e la convergenza, ma perché? È assolutamente improponibile! Quindi è chiaro che chi propone una uscita dalla crisi in termini di “più Europa”, diciamo lo possiamo classificare in due categorie, o mente sapendo di mentire o è disinformato.

E questa però, purtroppo sembra essere una visione molto molto diffusa, se non addirittura la visione unanime nella classe politica che vi trovate di fronte.
E direi che sotto questo profilo non si può che essere d’accordo con certi atteggiamenti che dicono che i politici attuali dovrebbero tutti andarsene a casa.

Dal mio punto di vista, fino a che continuano a raccontare la storiella del “più Europa” effettivamente dovrebbero farlo!

Si trae una conclusione inevitabile, che essendo politicamente improponibile fare sopravvivere le economie più deboli con trasferimenti dal nord bisognerà fare quello che la teoria economica dice che si deve fare quando delle economie non hanno i requisiti per stare insieme: semplicemente separarle.

Questo sarà l’esito inevitabile della situazione che stiamo vivendo e dobbiamo essere informati e consapevoli del fatto che l’esito sarà questo, dobbiamo essere consapevoli che non è un esito disastroso, perché abbiamo molti precedenti storici di unioni monetarie che si sono dissolte e non sono arrivate le cavallette e neanche la pioggia di fuoco, ci sono delle criticità che devono essere capite e gestite. Ci deve essere una classe politica che si deve prendere le proprie responsabilità e soprattutto bisogna capire che se si è commesso un errore, rimediare a questo non è andare indietro, ma crescere, cioè andare avanti.”

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da www.beppegrillo.it – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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