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Sadun, ex Fmi: “meglio l’intesa Pd-Pdl”. Da M5S belle idee

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Roma (WSI) – «Il Fmi aveva previsto lo stallo nel post-voto in Italia ed ha una ricetta per superarlo». A spiegarlo è Arrigo Sadun, per 7 anni direttore esecutivo del Fmi per l’Italia, ora rientrato nel privato come consigliere strategico di multinazionali.

Come si pone il Fondo rispetto al dopo-elezioni in Italia?

«La reazione del Fmi sarà più pacata e riflessiva di quella di molti analisti e dei mercati. Tra gli scenari elaborati dallo staff prima del voto c’era lo stallo in Parlamento».

Il Fmi non è stato dunque preso di sorpresa dal risultato?

«Non credo proprio. Il risultato attuale è uno scenario che ha acquistato concretezza man mano che nella campagna si è profilata una performance di Berlusconi migliore delle attese, una prova deludente del partito di Monti e una considerevole affermazione della protesta di Grillo, alimentata dai recenti scandali».

E ora quali sono le priorità del Fmi sull’Italia?

«Riguardano governabilità e continuazione delle riforme strutturali. Il ritorno alle urne in tempi brevi, ammesso che sia realistico, susciterebbe apprensioni. Il Fondo insisterà sulla necessità di mantenere uno stretto controllo sui conti pubblici e di continuare le riforme, meglio se attraverso un accordo tra le forze politiche maggiori, di centrosinistra e centrodestra. Perché la prospettiva di un esecutivo debole, e a termine, non facilita perseguire le riforme. Sul piano fiscale, non credo che il Fmi insisterà per nuove manovre, anzi un certo rilassamento dell’austerità potrebbe essere accettabile, purché non si ridiscutano gli obiettivi del risanamento».

Quali sono le maggiori debolezze dell’economia italiana?

«Il principale problema non è la situazione fiscale ma la mancanza di crescita. Ciò riflette bassa produttività, perdita di competitività e innumerevoli ostacoli frapposti dai poteri pubblici all’economia, che deve adattarsi a quella globale».

Quali le scelte da fare per continuare le riforme?

«Il nuovo esecutivo sarà il frutto di un compromesso tra forze eterogenee, quindi è irrealistico attendersi un vasto programma di riforme. Già sarebbe un successo evitare passi indietro rispetto a quanto acquisito da Monti su pensioni, Lavoro e liberalizzazioni. Ogni riduzione della pressione fiscale e del cuneo fiscale dovrebbe essere finanziata con tagli alle spese correnti. Bisogna rafforzare la riduzione del debito utilizzando le dismissioni».

Da dove nascono i timori della comunità finanziaria?

«Dal rischio di ingovernabilità. Se il Parlamento non sarà in grado di esprimere una maggioranza si tornerà al voto in tempi brevi oppure nascerà un governo di minoranza che avrà grandi difficoltà. Ancora più preoccupante è la prospettiva di un governo spinto da pressioni populiste su posizioni anti-Ue, contrarie a risanamento fiscale e competitività delle imprese».

Teme nuove speculazioni sui mercati contro l’Italia?

«Il rischio esiste e dipende molto da modi e tempi in cui si troverà una soluzione all’impasse politica. Una prolungata incertezza sulla formazione del nuovo governo aumenta i rischi».

La Bce di Draghi è in condizione di proteggere l’Italia?

«Il ruolo della Bce rimane determinante per stabilizzare la crisi europea. Il supporto che l’Italia può attendersi dalla Bce, dalla Germania e degli altri partner Ue dipende però dalle scelte del nuovo governo. Qualora fossero incompatibili con gli impegni presi, l’atteggiamento della comunità internazionale sarà diverso. Questo è il messaggio che è stato trasmesso agli altri Paesi coinvolti nella crisi: non sarà modificato per l’Italia».

Quale è il giudizio del Fmi su Beppe Grillo ?

«Il Fondo è un organismo altamente professionale, con una vasta esperienza nel trattare con governi di diverso orientamento. Le valutazioni saranno improntate alla stretta analisi dei programmi economici e delle loro possibilità di attuazione. Grillo appare come un fenomeno di protesta che, al di là degli aspetti folcloristici, non è troppo dissimile da quelli emersi in altri Paesi a seguito della crisi. La particolarità del Movimento 5 Stelle consiste nelle dimensioni del fenomeno e del successo. Gran parte delle sue proposte appaiono irrealistiche o peggio, pericolose demagogie, come nel caso di riduzione della settimana lavorativa a 20 ore, abbandono del rigore fiscale, ristrutturazione del debito, abolizione del lavoro flessibile e referendum sull’euro. Altre proposte meritano invece maggior considerazione, almeno negli obiettivi. Ciò include la protezione dei piccoli investitori e la diffusione dell’accesso informatico. Inoltre, c’è largo consenso sulla necessità di riformare il sistema dei partiti, abolire i privilegi dei politici».

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