ROMA (WSI) – Tutti i commentatori sottolineano come il nostro Paese si trovi oggi in una situazione drammatica. L’esito delle elezioni ha portato a un assetto parlamentare nel quale appare assai difficile, se non impossibile, la formazione di una maggioranza di governo. Al riguardo sono state ipotizzate negli ultimi giorni diverse alternative, tutte però caratterizzate da molti limiti e difficoltà.
Cosa ne pensano i cittadini? Quali sono le soluzioni più diffuse e apprezzate in questo momento dall’opinione pubblica? Quest’ultima appare al riguardo assai divisa: un terzo degli italiani pare approvare l’idea di formare un’altra «strana» maggioranza che veda nuovamente il Pd e il Pdl assieme per approvare alcune riforme essenziali e per andare poi a nuove elezioni.
Ma una percentuale simile vede invece con maggior favore un’alleanza più o meno stabile tra il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle per cercare, in qualche modo, di governare il Paese.
Minore consenso trovano invece le proposte di formare un governo tecnico, capeggiato da una personalità esterna alla politica, ma appoggiato dai maggiori partiti e quella di un governo di minoranza del centrosinistra che, di volta in volta, cerchi degli accordi con gli altri partiti per approvare le leggi.
Naturalmente, queste diverse soluzioni ottengono differente consenso tra gli elettorati dei vari partiti. In particolare, come era facile aspettarsi, i votanti del centrodestra – e quelli del Pdl in particolare – appoggiano (al 72%) la proposta di un esecutivo di unità nazionale che veda il Pd e il Pdl assieme.
Tra l’elettorato del Pd, una maggioranza relativa (40%) appoggia invece l’ipotesi di una alleanza, più o meno organica, tra il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle. Ma una parte non piccola degli elettori del partito di Bersani (27%) preferirebbe invece un governo di minoranza formato principalmente dal loro partito. Si riconferma dunque l’esistenza di una accentuata pluralità di opinioni (se non di una vera e propria frattura) all’interno del Pd.
Ma è interessante notare come invece l’ipotesi di un diretto coinvolgimento dei 5 Stelle al governo, attraverso la partecipazione del M5S a un esecutivo col Pd sia, tra le alternative proposte, la preferita da una larga parte (70%) dello stesso elettorato grillino.
Ciò potrebbe mostrare un qualche maggior grado di apertura dei votanti per il M5S rispetto al nucleo dei militanti. Si tratta di un fenomeno peraltro evidenziato da Biorcio e Natale nel loro ultimo saggio sul movimento di Grillo ( Politica a 5 stelle , Feltrinelli).
Al tempo stesso ciò potrebbe suggerire la possibilità, indicata da alcuni osservatori, che qualche eletto del movimento si possa, al momento della decisione di appoggiare o meno un governo, far convincere dallo «scouting» che Bersani certamente intraprenderà.
Si tratta però di una mera ipotesi, la cui realizzazione appare in questo momento piuttosto improbabile. La gran parte degli italiani è infatti convinta che il Movimento 5 Stelle – che ha ribadito anche in questi giorni la propria indisponibilità a partecipare a una alleanza di governo con i partiti tradizionali – non accetterà, almeno in una prima fase, una soluzione del genere.
Tanto che alla domanda sui possibili futuri comportamenti degli eletti grillini, solo il 16% degli intervistati crede che essi acconsentiranno a stipulare un accordo con la coalizione di centrosinistra. La maggioranza (53%) degli italiani (e i due terzi degli elettori per il M5S) ritiene infatti che gli eletti di Grillo potranno collaborare all’approvazione di alcune riforme importanti, ma che si guarderanno bene dallo stringere alleanza organiche.
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Insomma, gli italiani si rendono ben conto dell’impasse in cui siamo finiti. E rimangono profondamente divisi circa le possibili soluzioni.
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La mossa di Grillo: “Tenere Monti a Palazzo Chigi”
DI Jacopo Iacoboni
ROMA (WSI) – Sotto, la riunione ha un po’ l’aria dell’assemblea universitaria, anche come facce e storie. Sopra, nella hall, c’è l’aria da festa di laurea dove la gente innanzitutto vuole conoscersi, intrecciare storie che spesso finora erano solo voci, o chat.
Alle 16.56, finita una pausa caffè lunga abbastanza per farsi domande, scambiarsi numeri di telefono e mail, gli eletti del Movimento cinque stelle cominciano a richiamarsi l’un l’altro, «ragazzi, scendiamo sotto, riprendiamo? Dopo aver pagato, eh». Il caffè se lo sono pagati da soli. Quanto all’albergo, non dormono qui. Nonostante ci siano ottime e economiche offerte, «quasi tutti i non romani si sono organizzati con soluzioni low cost», racconta uno di loro. Compreso l’aereo. In fondo, chi non ha un amico a Roma? Per trovare casa ci sarà tempo.
E’ così, la riunione dei parlamentari del Movimento, segreta si fa per dire. Fuori il mondo invoca trasparenza, e coerenza con la sbandierata, totale apertura. Dentro, loro rispondono «ma perché, il Pd non ha mai fatto un incontro a porte chiuse?». E c’è come un senso situazionistico della beffa ai media che andrebbe colto.
Alle 16,30 – quando hanno fatto time out e sono saliti su, dal piano interrato dove si tiene la sessione, alla hall dove c’è il bar con bancone in legno aperto – fuori dalla porta a vetri dell’hotel Saint John s’è creata una tale ressa di cameramen, fotografi e giornalisti che, da dentro, gli eletti li filmavano a loro volta con gli smart phone e i minitablet, per poi sorridere e darsi un po’ di gomito. L’assediato che assedia a sua volta l’assediante.
Ribaltati i ruoli vittima-carnefice, ecco alcune conversazioni, di cui teniamo anonimi gli autori: «Il governo? La fiducia per noi è impossibile, bisognerebbe capire che è fuori luogo anche chiedercela».
Come se ne esce lo suggerisce una eletta quarantenne, assai disponibile: «Non c’è niente che impedisca di tenere ancora lì Monti per qualche mese, mentre il Parlamento fa delle leggi. Se sono buone leggi, noi le votiamo. Naturalmente presto si torna a votare».
E’ lo stesso ragionamento ascoltato in mattinata da qualcuno assai vicino al team di Grillo e Casaleggio che ha organizzato in concreto lo Tsunami: «Perché non si può immaginare di lasciare Monti in carica, per quattro cinque mesi? Esiste un precedente, non è vero che non si possa fare: il governo Dini durò 127 giorni dopo la fine della maggioranza».
«Rigor Montis» non piace per nulla, sia chiaro. Ma a questo punto tanto vale, per molti cinque stelle, tenerlo lì lo stretto necessario. La minaccia di Bersani (tornare a casa) li spaventa poco.
Naturalmente i nuovi parlamentari si occupano qui soprattutto di questioni organizzative. Devono scegliere un portavoce, sarà a rotazione. Decidere chi parla all’esterno (per ora, nei momenti caldi, i meno in ansia paiono Vito Crimi e Roberto Fico). Un gruppo seguirà la logistica. Un altro, i motori di ricerca e le chat.
C’è l’idea di «trovare un palazzo dove andare a stare, per risparmiare e stare anche vicini fisicamente», considerando che non guadagneranno più di 2500 euro netti (cinquemila lordi), e viverci a Roma non è facile. «È un po’ stressante, questo assedio», ammette Laura Bottici. «È anni che lavoriamo sul territorio, e non c’era questo interesse». Altri ricordano disperate telefonate ai giornali, spesso ignorate.
Alcuni sono già un riferimento evidente. Roberto Fico, napoletano, camicia fuori dai pantaloni, e una faccia aperta da ragazzo del sud. Offre caffè al bar. Vito Crimi, che si assume l’incarico di annunciare «Grillo e Casaleggio non verranno, questa non è una riunione di linea» (ma è vero che non verranno?). I ricci neri e timidi di Andrea Cioffi. Molto defilata Marta Grande, la più giovane, maglioncino grigio, appoggiata alla colonna, armeggia col telefonino; che il Pd la lodi così tanto non ha entusiasmato lo staff. Due ragazze, filmaker esterne, girano un documentario per immortalare una riunione che comunque sarà ricordata. Ai muri, riproduzioni di Tamara de Lempicka fatte dallo Studioessedipinti.
L’età media è palesemente sotto i quarantacinque. Estetiche assurde e cappellai non ce ne sono. Non ci sono grisaglie, nessuno ha la cravatta, qualcuno ha così caldo da girare a maniche corte e felpa legata in vita. Ma non c’è neanche un abbigliamento prevalente. Le ragazze, ce ne sono di carine. Sembrano molto diversi all’aspetto dai parlamentari cui siamo abituati.
Votano per alzata di mano, non col televoto. Al momento di andare via, alcuni hanno organizzato un furgoncino-scolaresca. Sentono di avere una missione, ma te la spiegano come se si fosse a una festa, anche se non eri stato invitato.
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