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Bce, Draghi lascia tassi invariati. “Voto Italia non spaventa”

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FRANCOFORTE (WSI) – I recenti indicatori macroeconomici mettono in evidenza che, nell’area euro, “la debolezza economica si è protratta a inizio 2013, mentre si confermano segnali di stabilizzazione a livelli bassi”. Lo ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi, nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo con cui i tassi di rifinanziamento sono stati lasciati invariati al minimo storico, allo 0,75%. Anche se, uno spiraglio per un cambiamento prossimo dei tassi, è emerso, visto che lo stesso Draghi ha affermato che oggi si è discussa l’ipotesi di un taglio al costo del denaro.

La Bce ha rivisto al ribasso, come trapelato dalle indiscrezioni delle ultime ore, le previsioni di crescita economica dell’area euro per il biennio in corso: ora sul 2013 si attende un Pil tra il meno 0,9% e il meno 0,1%, rispetto alla precedente stima, formulata lo scorso dicembre, che stimava un Pil compreso tra -0,9%/+0,3%. Riguardo al 2014 l’outlook è di una crescita a zero e un più 2 per cento.

Draghi ha affermato che lo smorzarsi delle pressioni inflazionistiche “consentirà alla linea di politica monetaria di restare accomodante” nei mesi a venire.

Rispondendo alla domanda di un giornalista sull’esito delle elezioni italiane, il numero uno della Bce ha confermato che i mercati non hanno reagito inizialmente bene nei giorni immediatamente successivi all’esito del voto, ma che al momento “sono meno spaventati”. “Dopo un certo eccitamento iniziale, a seguito elle elezioni, ora i mercati sono tornati più o meno dove stavano prima”. Certo, “i mercati non sono particolarmente contenti dalla classe politica: c’è bisogno di qualcosa di nuovo”.

Detto questo, gli investitori “capiscono che viviamo in democrazia, siamo 17 paesi, con elezioni locali e generali. Questo fa parte della democrazia che ci è cara a tutti”. Ora come ora i mercati “appaiono meno impressionati” dalle elezioni in Italia di quanto non lo siano “i politici e voi (giornalisti-ndr).

“E se guardate agli effetti di contagio” della breve fiammata di tensioni dei mercati seguita alle elezioni in Italia “sugli altri paesi è stata limitata”, ha proseguito Draghi. “Questo è un altro segno positivo”.

Del resto il nuovo piano di possibili interventi calmieranti sui titoli di Stato da parte della Bce è sempre in essere: “Esiste l’Omt – ha detto Draghi – è pronto e funzionale. Le sue regole sono conosciute e la palla è nel campo dei governi” In ogni caso, nel caso Italia, “molto dell’aggiustamento dei conti pubblici fatto andrà avanti in automatico”.

Per gli stati dell’area euro in generale, “è essenziale continuare ad attuare le riforme strutturali” sulle quali si sono impegnati i governi, e proseguire il risanamento dei conti allo scopo di favorire ulteriori recuperi di fiducia.

Analizzando la strategia della Bce, si deve mettere in luce come ancora una volta Mario Draghi abbia resistito da una parte alle pressioni della Bundesbank per un aumento del costo del denaro volto a sostenere l’euro e dall’altra alla tentazione di abbassare ulterioremente i tassi di interesse per favorire i paesi piu’ in difficolta’ come l’Italia.

Il quadro nel quale l’istituzione monetaria si trova a ponderare le sue scelte e’ impegnativo: l’Eurostat ha appena confermato l’aggavamento della recessione subita dall’area valutaria a fine 2012, con un meno 0,6% del Pil nel quarto trimestre.

A complicare il lavoro di Draghi ci si sono poi messe le elezioni in Italia, i cui risultati hanno fatto calare una cappa di incertezza su quella che è la terza maggiore economia dell’area euro. Rimane il nodo dei cambi.

Sempre Eurostat, l’ente di statistica dell’Ue, ha riferito che il crollo dell’export subito dall’area euro nel quarto trimestre 2012 (-0,9%) è stato il principale fattore che ha contribuito all’aggravamento della recessione.

E la caduta delle esportazioni si è verificata in concomitanza di una brusca risalita dell’euro: nel dicembre del 2012 era arrivato a superare 1,32 dollari, un livello del 9,4 per cento superiore al minimo toccato a fine luglio, poco sopra quota 1,20 dollari.

Intanto nell’Unione monetria i disoccupati sono arrivati a toccare quota 19 milioni, un valore mai visto prima, con un tasso di disoccupazione medio che ha raggiunto l’11,9 per cento. Più del doppio rispetto al 5,3 per cento della Germania, che assomiglia sempre più ad una locomotiva che, essendosi sganciata dal treno, corre ormai in solitario.