Competitività globale del settore manifatturiero 2013: l’Italia precipita al 32° posto
NEW YORK (WSI) – Lo studio, condotto in collaborazione con lo U.S. Council on Competitiveness, è stato realizzato sulla base di interviste condotte negli ultimi mesi del 2011 e i primi mesi del 2012, un periodo, come ben sapete, non facile per il settore.
Dall’analisi di oltre 550 interviste a CEO e senior-executive di tutto il mondo, emerge il consolidarsi della posizione di potere al vertice del panorama competitivo dell’industria manifatturiera mondiale, non più ormai in mano agli Stati Uniti, bensì alla Cina.
I principali dati che emergono dallo studio sono:
La Cina domina e continuerà a dominare il settore
L’Italia dal 2010 scivola di ben 11 posizioni nel ranking mondiale, raggiungendo la 32° posizione
La ricerca di talenti in grado di guidare l’innovazione rimane uno dei fattori chiave per la competitività
Per l’Italia, i fattori chiave per la crescita della competitività sono in primis la disponibilità di talenti, oltre a: costi energetici, infrastrutture fisiche e logistiche e costo del lavoro e dei materiali
Nei prossimi cinque anni India e Brasile supereranno in competitività Germania e Stati Uniti, mentre l’Italia perderà ancora terreno, passando dalla 32° alla 34° posizione.
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Nel corso dei prossimi cinque anni, i grandi produttori manifatturieri del XX° secolo, quali Stati Uniti, Germania e Giappone, dovranno guardarsi le spalle per mantenere intatto il proprio vantaggio competitivo rispetto ai paesi emergenti, come Cina, India e Brasile. È questo quanto emerge dallo studio Deloitte, Global Manufacturing Competitiveness Index 2013, condotto dal Deloitte Global Manufacturing Industry Group in collaborazione con lo U.S. Council on Competitiveness. Cambio al vertice dell’industria manifatturiera mondiale. E l’Italia?
Dall’analisi di oltre 550 interviste a CEO e senior-executive di tutto il mondo, emerge il consolidarsi della posizione di potere al vertice del panorama competitivo dell’industria manifatturiera mondiale, non più ormai in mano agli Stati Uniti, bensì alla Cina. A conferma di quanto già annunciato due anni fa da Deloitte (Global Manufacturing Competitiveness Index 2010), ancora oggi la Cina si conferma la superpotenza dell’industria manifatturiera e domina la classifica mondiale in base all’indice di competitività. Germania (primo e unico paese europeo nella top10) e Stati Uniti completano la top 3 recuperando delle posizioni rispetto a due anni fa. L’Italia, secondo le opinioni dei CEO mondiali, perde ben 11 posizioni, raggiungendo la 32° posizione nella classifica mondiale. La sorpresa è Taiwan che, fuori dalla classifica nel 2010, oggi è tra le dieci più grandi potenze manifatturiere, ricoprendo la 6° posizione. I mercati emergenti guadagnano terreno a discapito di Europa e Stati Uniti Oltre ad analizzare l’attuale panorama competitivo globale, lo studio presenta lo scenario di quello che sarà il mercato manifatturiero tra cinque anni. , La Cina si confermerà prima potenza mondiale, mentre India e Brasile supereranno in competitività Germania e Stati Uniti che scenderanno rispettivamente al quarto e quinto posto, appena sopra la Repubblica di Corea. Anche Canada e Giappone, attualmente nella top 10, vedranno ridursi il proprio vantaggio competitivo nel corso dei prossimi anni: mentre il Canada perderà solo una posizione in classifica, il Giappone uscirà dalla top 10 e occuperà la 12° posizione. Oltre alla Germania anche altri Paesi europei vedranno ridurre progressivamente la propria competitività nei prossimi cinque anni. In particolare Regno Unito, Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Polonia e Repubblica Ceca vedranno la propria posizione in ribasso. In particolare, l’Italia perderà ancora due posizioni in classifica, passando dalla 32° alla 34° posizione. “Nel corso dell’ultimo decennio si è assistito all’affermarsi dei paesi asiatici quali Cina, India e Repubblica di Corea. Ora l’industria manifatturiera globale sta assistendo all’avanzata di un secondo gruppo di economie emergenti, quali il Brasile, che tra cinque anni sarà la terza potenza manifatturiera, il Vietnam e l’Indonesia. Tali paesi catturano l’attenzione di diversi produttori da una parte per la crescente domanda dei consumatori locali, dall’altra perché possono fungere da centri di produzione strategici nella catena del valore globale” afferma Valeria Brambilla, Partner di Deloitte e responsabile dell’industry Manufacturing. La risorsa “Talenti” rimane un fattore chiave per la competitività La presenza di talenti in grado di guidare l’azienda verso l’innovazione si conferma essere il fattore chiave più importante per la competitività del settore manifatturiero globale, superando i “classici” fattori tipicamente associati al settore, quali il costo del lavoro, il costo dei materiali ed i costi energetici. , “Qualità, disponibilità e produttività della forza lavoro erano e rimangono i fattori chiave in grado di pilotare i programmi di innovazione per le aziende del manifatturiero”, conferma il Partner di Deloitte. “Migliorare e sviluppare un’efficace base di talenti rimane un obiettivo centrale nelle strategie per la salvaguardia della competitività dei player tradizionalmente manifatturieri, sempre più aggrediti dall’avanzata dei mercati emergenti”. L’analisi di Deloitte delinea i differenti punti di forza che ancora caratterizzano i mercati “tradizionali” rispetto agli emergenti: o Più del 85% dei CEO intervistati è “fortemente d’accordo” o “d’accordo” nell’affermare il vantaggio competitivo di Stati Uniti, Germania e Giappone in relazione alla disponibilità di talenti altamente qualificati, rispetto a Cina e India. o Più del 70% dei leader globali sono “fortemente d’accordo” o “d’accordo” nell’affermare che Germania e Stati Uniti hanno un vantaggio di estrema competitività in relazione alla politica economica locale, al sistema finanziario e fiscale vigente, mentre solo il 43% afferma lo stesso per l’India o Più del 70% dei CEO ritengono che la qualità e la disponibilità del sistema sanitario che caratterizza Stati Uniti, Germania e Giappone rende tali economie estremamente competitive. Non più del 30% affermano lo stesso per Cina, India e Brasile. o Quasi il 90% degli executives mondiali affermano che la Cina e l’India sono economie estremamente competitive in termini di costo e disponibilità della forza lavoro. o Meno del 50% dei CEO sono “fortemente d’accordo” o “d’accordo” che l’India e il Brasile sono industrie estremamente competitive grazie alla reti di fornitori presente, mentre quasi l’80% afferma la stessa cosa per Stati Uniti, Germania e Giappone. , o Poco meno del 40% dei leader globali sono “fortemente d’accordo” o “d’accordo” nell’affermare che la Cina, l’India e il Brasile sono Paesi estremamente competitivi dal punto di vista del sistema giuridico in essere, mentre oltre l’80% riconosce tale vantaggio competitivo nelle mani di Stati Uniti, Germania e Giappone. o Meno di un quarto degli intervistati è “fortemente d’accordo” o “d’accordo” che le infrastrutture presenti in India possano rendere il paese estremamente competitivo, mentre quasi la maggioranza assoluta afferma che Stati Uniti, Germania e Giappone hanno un forte vantaggio competitivo in termini di infrastrutture. “In particolare, i fattori chiave per la crescita della competitività sono la disponibilità di talenti e le infrastrutture fisiche e logistiche. Le aziende dovranno concentrarsi su prodotti che permettano una marginalità più alta, ottimizzare la supply chain gestendone le complessità e rimanere competitive in termini di costi; infine implementare strategie di sostenibilità per generare innovazione. In tale contesto la disponibilità di talenti rimarrà uno dei principali “drivers” di competitività” conclude Valeria Brambilla.