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Renzi dice basta. “Subito al voto, io sono pronto”

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ROMA (WSI) – “SI STA perdendo tempo. È chiaro a tutti. A questo punto io sono per votare. Dopo di che, Bersani decida cosa fare. Se vuole fare un accordo con Berlusconi o con qualcun altro, lo faccia”. Matteo Renzi rompe gli indugi (e in una intervista al Corriere della Sera afferma anche “Patto con il Pdl o ritorno alle urne”, sottolineando che “Bersani si è fatto umiliare dagli arroganti M5S”.

La tregua che era stata siglata dopo le primarie dello scorso autunno è ormai saltata. La battaglia è tornata in campo aperto. E il duello è ancora con Pierluigi Bersani. Che, a suo giudizio, ha deciso di “surgelarsi” dopo la “non-vittoria” alle ultime elezioni. La “nuova” corsa per la premiership sembra allora riaprirsi: “Io mi voglio candidare”.

Il patto di non belligeranza con il segretario pd dopo il voto dello scorso febbraio è dunque già archiviato. La crisi di governo che al momento si sta rivelando senza sbocco è per il sindaco di Firenze una “perdita di tempo” che sospinge il Paese “sull’orlo della fine”. Soprattutto è stata gestita in modo sbagliato.

“Pierluigi – insiste scandendo le sillabe – prenda una decisione. Non si può stare fermi in attesa che ottenga l’incarico”. Prima il tentativo del leader democratico, poi l’istituzione dei “saggi”, quindi l’attesa per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Tutti elementi che l’ex rottamatore non riesce a digerire: “La clessidra è agli sgoccioli, serve credibilità politico-istituzionale”.

Così, subito dopo aver partecipato alla cerimonia organizzata dalla Cgil della “avversaria” Susanna Camusso per i 120 anni della Camera del lavoro, si lascia andare ad un lungo sfogo. Anche con i militanti dello stesso sindacato. Pure con loro non nega nulla delle sue intenzioni. “Bersani decida. Vogliono fare un accordo, lo facciano. ma prendano una decisione”.

La situazione però sembra in stallo a causa dei risultati elettorali. Perché punta il dito contro il segretario? “Non possiamo dire un giorno “Berlusconi in galera” – scuote la testa – e il giorno dopo proporgli la guida della Convenzione per le riforme o come l’hanno chiamata. Che messaggi lanciamo? Incomprensibili. La sensazione è un’altra: che si continua a traccheggiare. Ma il Paese non se lo può permettere”.

Lei ha una ricetta diversa? “O facciamo un accordo o si vota. Ma evitiamo di perdere altro tempo. Se si decide di votare, si vada a votare. Ma non possiamo assistere al teatrino del più grande partito italiano che chiede a qualcuno di dargli i voti per far nascere il governo e poi precisa alla stessa persona “ma io con te non parlo””.

Scusi, ma crede davvero che si possa votare a giugno? “Certo, si può votare a giugno. Se poi Bersani riesce a fare un governo, bene. Se riesce a fare le larghe intese, bene. Ma si faccia qualcosa”. E se le urne si indicono a giugno c’è il tempo per organizzare le primarie? Il calendario non sembra darle ragione. “Ma se si vuole, si possono convocare anche in tempi brevi. Se si vuole, certo. E io sono pronto a candidarmi alle primarie. Il punto, però, è un altro”.

Quale? Il Sindaco di Firenze ricorre alle le stesse parole usate nella sua città con gli iscritti della Cgil e anche con la Camusso con la quale ha parlato riservatamente al termine della manifestazione di ieri mattina. “C’è un Paese che sta morendo. Mi chiedo: le vedono le aziende che chiudono? Li vedono i giovani disoccupati. Eppure anche il tanto odiato New labour inglese aveva quella parola, “Lavoro”, al centro del suo programma. Oggi rischiamo con questa indecisione di far affondare la Repubblica democratica fondata sul lavoro sulle rendite o su chi pensa di potersi permettere altri ritardi”. “Io so – ammette – che così facendo sto mettendo un paletto negli occhi del Pd.

Lo so che sarebbe meglio stare in silenzio, me lo dicono tutti. Ma io non faccio politica per questo. Sono stato zitto e buono fino ad ora, ma non posso nascondere che esiste un problema-Paese. E non posso nascondere che il mio partito deve chiarire un percorso. Ma vi rendete conto che stiamo ancora con il governo Monti che deve rinviare il decreto per i debiti della Pubblica Amminstrazione? È possibile? Per me no”. Ne ha parlato anche con il segretario della Cgil? “Certo, e mi ha detto che avevo ragione”. “Anche se – aggiunge sorridendo – ho messo il maglioncino blu come Marchionne”.

La Camusso, in realtà, non è mai stata una sua sostenitrice. “Lo so, ma questo non cambia i termini dell’emergenza. Che deve impegnare tutti. Per questo io ho detto: Signori cari, basta anche con il finanziamento pubblico dei partiti. Poi ho tirato fuori l’elenco di chi mi ha finanziato, l’ho reso pubblico. Non l’ha fatto nessun altro. E su questo discorso molti bersaniani sono disponibili, ne sono sicuro. Il mio è un discorso molto semplice: bisogna recuperare un minimo di serietà. Non si può stare fermi in attesa che Bersani ottenga l’incarico. In attesa del nuovo presidente della Repubblica. È ridicolo rimanere con un incaricato surgelato. Facciamo qualcosa: il governo del presidente, le larghe intese, o si vada a votare”.

E se il sindaco fiorentino si rilancia nella corrida delle primarie, quale alleanza proporrà? “Quella di centrosinistra, non c’è dubbio”. Ma perché ha deciso di chiedere le urne a giugno? “Berlusconi vuole il voto a giugno proprio per non dare spazio a me. Noi possiamo sfidarlo. Se corro io, lui è difficoltà. Basta vedere i sondaggi. Allora mettiamo la palla a terra e ragioniamo. Individuiamo un percorso serio per il Paese. Altrimenti ci fottono. Ma quando dico queste cose, mi sembra di sognare. Anzi di vivere un incubo. Mi sembra incredibile che non si capisca la crisi terribile che vivono gli italiani. Solo i sindaci se ne accorgono? E allora non me ne frega niente di stare zitto, io non sto zitto se l’Italia va a rotoli“.

Quando si parla di centrosinistra si intende anche Scelta Civica di Monti? “No. I voti non si trasferiscono, non te li regalo nessuno. O li pigli o non li pigli. La gente o vota Renzi o vota Berlusconi”. O Beppe Grillo. “E infatti non ho proposto l’abolizione del finanziamento pubblico per caso. L’avevo già fatto e ora sembra che sia stato lui a chiederlo. Ma mica possiamo stare qui ad aspettare che Grillo ci prenda per il sedere. A me non va che sia lui a dirci cosa dobbiamo fare. Non mi faccio dettare l’agenda da lui”.

E quindi? “Quindi diciamo cosa abbiamo già fatto. Ho scritto un tweet con i risparmi del comune: meno 8 milioni per l’affitto delle sedi, giunta dimezzata, meno Irpef, Imu al minimo”. Però lei fino allo scorso anno ha condotto la campagna elettorale sulla “rottamazione”. Cambierà registro? “Questo Paese ha bisogno di cambiare, di crescere. Sto preparando un “Job act”, un piano per l’occupazione. Il lavoro è al primo posto”.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Repubblica – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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