ROMA (WSI) – Due pesi e due misure. Si potrebbe sintetizzare così il diverso trattamento che subiranno a giugno i proprietari di casa e le imprese riguardo al versamento dell’acconto Imu 2013. Mentre il governo Letta, infatti, è alle prese con la spinosa faccenda della sospensione della rata per le abitazioni (su molte delle quali è attivo anche un mutuo), nessuno spende una parola sul peso che questa tassa avrà sul tessuto economico-produttivo. Per imprese, negozi e alberghi il prossimo 17 giugno sarà una data da dimenticare.
Lo rivela il Sole 24 Ore, che nell’edizione odierna ha pubblicato i numeri di quella che è stata definita una “doppia stangata” sulle piccole e medie imprese, già oberate dalla mancanza di prestiti e dallo stallo dei consumi.
La batosta ha infatti un duplice aspetto: l’Imu sui negozi, sui capannoni, sugli alberghi, sugli uffici e sui centri commerciali quest’anno aumenta secondo quanto stabilito dallo stesso Decreto Salva Italia che l’aveva introdotta (+8,33%). Inoltre, la rata sarà calcolata sulle aliquote comunali – molte delle quali più alte dell’anno scorso – e non su quella statale del 7,6 per mille usata nel 2012.
Aggiungiamo anche che verranno meno, a causa delle norme per il contenimento della spesa fissate dal precedente Governo, gli sconti previsti per le imprese “meritevoli”. L’aliquota agevolata al 4 per mille riservata dai Comuni alle aziende neonate, o a quelle che si erano impegnate alla ristrutturazione di immobili al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, sparirà generando aumenti fiscali ancora più sostanziosi (anche perché non esiste un tetto massimo, ndr).
Quanto si spenderà in media nelle principali città italiane? Il Sole 24 Ore ha elaborato i dati del Catasto e dei Comuni, confrontando l’aliquota Ici 2011 (compresa fra i 5 e il 7 per mille) con quella dell’Imu 2013 (10,6 per mille), scoprendo che, ad esempio, per un capannone di 2 mila mq si pagherà il 96,9% in più a Roma e a Napoli, ma addirittura il 175,6% in più a Milano.
Non finisce qui: gli alberghi da 1.000 mq e i centri commerciali da 10 mila mq, paradossalmente equiparati ai capannoni pu avendo una destinazione d’uso diversa, pagheranno esattamente le stesse cifre con gli stessi rincari stellari. Una sorte ancora peggiore spetterà a negozi e uffici con aumenti che vanno, rispettivamente, dal 242,9 e 239,2% a Milano, al 145,0 e al 142,3% a Roma e Napoli.
Un vero e proprio colpo di grazia, al quale bisognerebbe aggiungere anche la Tares, la crisi dei consumi, l’assenza del credito bancario, e lo stallo del mercato immobiliare. In più, i Comuni non potranno non riscuotere queste importanti somme, considerando che verrà loro a mancare l’introito derivante dall’Imu sulle abitazioni private previsto a giugno.
Quali saranno le conseguenze sulla tenuta delle pmi e del commercio è presto detto: i costi esorbitanti spingeranno all’evasione o costringeranno molti a chiudere. Meno male che la priorità erano il lavoro e l’economia reale.
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