ROMA (WSI) – Il consiglio statale della Cina ha detto che aprira’ le frontiere per accogliere nuovi flussi di capitale. Al momento ci sono limiti molto rigidi per le compagnie europee o americane che volessero, ad esempio, convertire euro o dollari in yuan per costruire una fabbrica o avviare una start-up. Stesso discorso vale per un cittadino cinese che voglia convertire yuan in euro per investire nel mercato azionario tedesco. Il piano verra’ svelato quest’anno e benche’ nessuno vi stia prestando attenzione rischia di essere la storia economica piu’ importante.
Guardando all’enigma Cina, poi, economisti e analisti di tutto il mondo tentano di fare il punto della situazione, cercando di capire in primis se il boom economico degli ultimi anni continuerà ancora, e se la fase di rallentamento confermata dagli ultimi dati macro abbia un valore solo episodico.
“China may not overtake America this century after all”, ovvero la Cina potrebbe non superare gli Stati Uniti e diventare la prima economia del mondo, scrive la penna di Ambrose Evans-Pritchard, editorialista del Telegraph. Aumentano infatti i dubbi sulla sostenibilità di un miracolo che è durato per ben 30 anni, e che ora sarebbe, se non al capolinea, vicino a esso.
La “gara” tra i due potenti del mondo potrebbe dunque riconfermare al podio, per l’ennesima volta, la congiuntura americana.
Le domande, poi, non mancano: i numeri che sono stati sfornati finora sulla crescita del pil cinese, sono stati sempre attendibili? L’interrogativo è più che lecito, soprattutto dopo che il premier Li Keqiang ha rivelato che per misurare la crescita Pechino utilizza l’utilizzo dell’elettricità, i cargo che transitano nelle ferrovie e i prestiti bancari; certo, i dati relativi all’elettricità vengono utilizzati anche da qualche analista, ma in questo caso il premier avrebbe ordinato alle società di utility di gonfiare i dati.
Lo stesso Lim si è posto inoltre l’obiettivo di frenare la crescita cinese a un limite pari al 7% per il prossimo anno, rallentando anche il ritmo eccessivo degli investimenti – che rappresentano il 49% del Pil, record mondiale – prima che si verifichi un eventuale scoppio della bolla speculativa temuto dal mondo intero.
Contraddizioni, dunque, nella Cina moderna, che forse non cresce ai ritmi riportati, ma che comunque avanza a un tasso pericoloso, che metterebbe a rischio l’economia globale. Che dire poi dell’ammissione di uno stesso funzionario, che ha detto che le finanze pubbliche dei governi locali sono “fuori controllo”?
Ecco che i pilastri su cui si regge Pechino appaiono sempre più fragili. E vengono di conseguenza snocciolati numeri che rendono meno probabile, almeno nel corso di questo secolo, il superamento degli Stati Uniti da parte della Cina.
Lo stesso China’s Development Research Council (DRC) ritiene che entro il 2020 il ritmo di crescita della Cina scenderà al 6%, se non a un valore più basso. Il Conference Board degli Stati Uniti va oltre e prevede un timido +3,7% nel periodo compreso tra il 2019 e il 2025.
Michael Pettis, dell’Università di Pechino, ritiene che nel prossimo decennio il pil rallenterà fino a un target compreso tra il 3% e il 4%. In tutti questi casi, l’economia cinese potrebbe dunque espandersi a un tasso poi non così superiore a quello dell’America, per cui si prevede un aumento del 3%.
I recenti numeri sono già eloquenti: lo scorso anno, il pil Usa si è attestato a $15.700 miliardi, contro gli $8.000 della Cina, tenendo in considerazione il tasso di cambio su base nominale, che viene considerato il metodo più credibile per la comparazione di due economie.
“La prossima volta che vi troverete in Cina e sentirete che starete soffocando respirando l’aria del paese, ricordatevi che tutto quanto è responsabile di quell’inquinamento viene considerato positivo in termini di Pil (a Pechino). Ma se effettuate gli aggiustamenti tenendo conto del degrado ambientale e degli investimenti eccessivi in opere che non saranno mai utilizzate, dovrete conteggiare una flessione dell’economia del 30-50%”, ha detto Clyde Prestowitz, economista americano.
L’agenzia di rating Fitch ha già rivisto al ribasso la valutazione sul debito, avvertendo che i credito sono balzati dal 125% al 200% del pil negli ultimi quattro anni, a fronte di una finanza fantasma che ha permesso alle banche di operare senza controlli.
George Soros ha già avvertito che in Cina si potrebbe verificare una “fuga” dal sistema bancario di una portata simile al crack di Lehman Brothers.